martedì 23 aprile 2013

Tutti in Barca? Alla ricerca di una sinistra diversa



Pubblichiamo più sotto un mio intervento su Fabrizio Barca uscito su Micromega on line

Con l'occasione segnalo le interviste a Brancaccio, Pizzuti e me su Donne sul Web:
Cosa succede se l'Italia esce dall'Euro? 
Pizzuti: “L'euro o c'è per tutti o non c'è per nessuno” 
Brancaccio: “Default inevitabile se si resta nell'euro. Ma ogni previsione è azzardata” 
Cesaratto: “L'euro non si doveva fare. Sull'ipotesi di uscita dalla moneta unica si fa terrorismo” 

Infine questa importante iniziativa (aperta a tutti senza invito), che trae spunto anche dal dibattito fra Franzini e me (si veda su questo blog e su Micromega online):


Sapienza Università di Roma, Facoltà di Economia
Dipartimento di Economia e Diritto 
Lunedi 13 maggio 2013, ore 15-18.30
Le ragioni dell’eguaglianza
Una discussione sull’Almanacco di economia di MicroMega “Il ritorno dell’eguaglianza”
Facoltà di Economia, Via del Castro Laurenziano 9, Roma
Sala del Consiglio, Palazzina della Presidenza, secondo piano
Introducono
Andrea Brandolini, Banca d'Italia
Daniele Checchi, Università Statale di Milano
Elena Granaglia, Università di Roma Tre
Massimo Mucchetti, Senato della Repubblica
Intervengono gli autori
Nicola Acocella, Emilio Carnevali, Sergio Cesaratto, Paolo De Ioanna, Mauro Gallegati, Raffaello Lupi, Mario Pianta, Massimo Pivetti,  Alessandro Roncaglia,  Roberto Petrini, Michele Raitano,  Pietro Reichlin,
Coordina 
Maurizio Franzini,  Sapienza Università di Roma

 Buona lettura dell'articolo. Questa la sintesi di Micromega:

L’enfasi che il documento di Barca pone su un partito che mobiliti e organizzi conoscenze può contribuire a superare la tradizionale contrapposizione interna alla sinistra fra "visione" e "competenze". Nel testo risuonano tuttavia gli echi rigoristi della tradizione comunista: oggi più che mai sarebbe invece necessario fare i conti con la mancata assimilazione del pensiero keynesiano da parte del Pci.

venerdì 12 aprile 2013

Il Thatcherfesto

Mentre in prima pagina si dichiara anti-Thatcheriano, lo Sbilanfesto pubblica una risposta di tal Tonino Perna a Tiziano Cavalieri (un allievo di Garegnani) che avrà arrecato sollievo alla signora di ferro nei fuochi dell'inferno. Lo Sbilanfesto non si rivela solo confuso, ma pericoloso, filo-Montiano, o a esser buoni filo-Napolitano. Invito chi ancora lo compra a inviare lettere di protesta chiedendo più rigore e assumendo come riferimento gli economisti critici (come Pivetti, Antonella Stirati, Brancaccio, Zezza o, si parva licet, chi scrive) minacciando di smettere definitivamente di acquistarlo.

Cavalieri e Perna da Il manifesto 10 aprile 2013. Segue contro-replica di Cavalieri (dalla postazione da cui scrivo non so se pubblicata).

Caro direttore,
sul «manifesto» si legge tutto e il contrario di tutto, segno di uno spaesamento che lascia spaesati. Cesaratto scrive una cosa, Tonino Perna l'opposto . Non è il caso di metterli a confronto faccia a faccia? Detto questo, rilevo che Perna (vedi «il manifesto» di domenica 7aprile) si pone di fronte al debito dello stato nello stesso modo in cui si pone un'impresa (...). Perna ritiene che non si debba far ripartire la spesa pubblica come volano di una ripresa dell'economia. Devo notare che quando scrive così si trova in compagnia dei tagliatori di teste. Tuttavia se ne distingue proponendo una «ristrutturazione chiara e netta del debito pubblico» tessendo alleanze con gli altri paesi strozzati dal debito.

sabato 6 aprile 2013

Tirare a campare o tirare le cuoia? articolo su Il Foglio


Assai irritati con il manifesto che ha pubblicato la recensione a Bagnai non sul testo finale e con arbitrari ritocchi redazionali, e non pubblicando per giunta una mia lettera di protesta, chiediamo ospitalità a Il Foglio.

Tirare a campare o tirare le cuoia? L'eurodissoluzione vista dai saggi dell'SPD

Sergio Cesaratto
Mentre da noi prosegue il teatrino delle noccioline in cui si affida l’illusione di po’ di ripresa a una ventina di miliardi che non si sa né come distribuire né come reperire, la potente e socialdemocratica Fondazione Ebert traccia alcuni scenari per l’Europa che, questi sì, dovrebbero costituire materia di meditazione per la politica. Sulla scorta di una quindicina di seminari tenuti in varie capitali, quattro sono gli scenari descritti. Prima di riassumerli, vale la pena di osservare che nessuno contempla l’idea che l’austerità europea a noi impartita dai pro-consoli della Merkel avrà successo nel restituirci competitività e prosperità. Che rigore e crescita fossero incompatibili e che l’austerità avrebbe devastato il Paese denunciammo con pochi altri sin dai tempi della famigerata lettera della BCE e dell’insediamento di Monti. Continuamente voci si uniscono ora al coro. Tutti gli scenari danno inoltre implicitamente per scontato che le responsabilità di fondo sono nell’esistenza stessa dell’Euro, che mai avrebbe dovuto essere adottato da Paesi così disomogenei in assenza di istituzioni adeguate. E al riguardo l’Economist ha mosso ieri alla BCE la pesante accusa di non far nulla per aiutare l’Europa.

venerdì 5 aprile 2013

Diseguaglianza e crescita. Prosegue il dibattito con Franzini



Su E&P e su Micromega prosegue la mia discussione con Maurizio Franzini. Qui la mia contro-replica, che ha beneficiato di molti consigli da splendidi amici che ringrazio. Avrei potuto fare di meglio, ma si fa quel che si può.

Una contro-replica a Franzini
Sergio Cesaratto
Ringrazio anch’io Maurizio Franzini per le puntualizzazioni delle sue idee che, tuttavia, mi inducono a ribadire le mie perplessità. Sgombrando il campo da questioni marginali, il punto in discussione sono gli effetti della diseguaglianza sulla crescita. Tralasciamo anche ogni considerazione sulla desiderabilità della crescita. La mia tesi è che questa sia necessaria, privilegiando consumi sociali e rispettosi dell’ambiente. Tanto più che la “cautela” che Franzini nuovamente evoca se “crescita [sia] sistematicamente desiderabile, al punto da subordinare al suo perseguimento il giudizio da dare nei confronti della diseguaglianza”, non riguarda me che ritengo che crescita ed equità si sostengano reciprocamente. Così come non vale la pena soffermarsi sul fatto che gli economisti “eterodossi” della tradizione Classico-Kaleckiana trovano, ovviamente, la diseguaglianza immorale anche indipendentemente dagli effetti sulla crescita. Essi  ritengono però decisivo smentire la tesi “ortodossa” che una maggiore equità danneggi la crescita.

mercoledì 3 aprile 2013

Recensione al libro di Alberto Bagnai



 Recensione al libro di Alberto Bagnai, il manifesto, 3 Aprile 2013.

Quel salto mortale nel buio in nome di un'unica moneta
Sergio Cesaratto
Nel 1983 il manifesto bucò la notizia della morte di Piero Sraffa, rimediando poi maldestramente con un obituario di Federico Caffè che Sraffa, francamente, non comprendeva molto. Questo non fu un caso. I rapporti del giornale con l’economia critica sono, infatti, sempre stati tiepidi. Gli economisti critici tollerati, più che ricercati. A tutt’oggi le preferenze del giornale vanno più nella direzione della scuola di Caffè o di economisti “light” (“quelli che gli F35..”). Caffè era un valoroso compagno di strada del movimento operaio, ma non precisamente organico alla teoria critica dell’economia politica che pure dovrebbe essere cara alla tradizione intellettuale del giornale. Per Caffè la buona fede degli economisti di qualsiasi persuasione era fuori discussione, mentre per gli economisti “light” c’è sempre un’economia reale sana a cui si contrappone una finanza malvagia. Il lavoro analitico di distinzione fra teoria dominante e teoria critica è guardato con fastidio. Ambedue le visioni sono facilmente criticabili. Tutto questo dovrebbe essere analizzato nell’ambito del tormentato rapporto che la tradizione comunista italiana ha con l’economia politica, tradizione stretta fra il liberismo Amendoliano e la poetica Ingraiana. Sottolineata la distanza di Caffè dalla critica dell’economia politica, non ne va però sottaciuto il suo sforzo di riempire di riformismo pragmatico il vuoto che c’è nel mezzo. Non sappiamo cosa Caffè avrebbe oggi suggerito al Paese a fronte di un’Europa che lo sta trascinando nel baratro. Sui limiti della costruzione europea, sulle tentazioni egemoni della Germania, e sulla necessità di salvaguardare gli interessi dei lavoratori del nostro Paese si veda, tuttavia, il bel saggio di Mario Tiberi “Federico Caffè e l’Unione europea” (scaricabile dai motori di ricerca).
Nell’autunno 2012 il manifesto ha bucato il libro di Alberto Bagnai, Il tramonto dell’euro (Imprimatur editore 414 pp, 17€).