Lo “Studio
Svimez” di Garegnani del 1962 – Note preliminari
Sergio Cesaratto
Cesaratto@unisi.it
Anni di alta teoria
Non c’è stato
modo di rintracciare con chiarezza quale sia stato il rapporto formale di
Garegnani con la Svimez, il che avrebbe implicato un lavoro d’archivio presso
l’associazione. Nel saggio “Note su consumi, investimenti e domanda effettiva”,
basato sulla prima parte dello “Studio Svimez” (Garegnani 1962), come per
brevità lo definiremo qui, e pubblicato in italiano da Economia internazionale nel 1964-65, Garegnani stesso ci informa
che lo Studio fu steso nel 1960-61 e pubblicato in forma ciclostilata (“per uso
interno degli uffici”) nel 1962. Quello che sappiamo dalle note biografiche di
Fabio Petri (2001), per le quali posso immaginare si sarà avvalso di Garegnani,
quest’ultimo, conseguito il dottorato a Cambridge, dal 1958 è a Roma assistente
di Volrico Travaglini; è visiting al
MIT nel 1961-62, e consegue la cattedra nel 1963 a Sassari (dove era
stato però assistente nei due anni precedenti). Anni molto intensi dunque. Nel
Rapporto Svimez Garegnani non ringrazia nessuno in particolare, mentre in “Note
su consumi” egli ringrazia “per i loro commenti ai manoscritti dell’articolo i
professori Claudio Napoleoni, Sergio Steve, Paolo Sylos-Labini, Volrico
Travaglini” (Garegnani 1979, p. 4). Da un resoconto di Fabrizio Barca, la Svimez di Pasquale
Saraceno della seconda metà degli anni cinquanta emerge come un vero e proprio
“ufficio studi dei governi che videro Ferrari Aggradi, Vanoni, Campilli e La
Malfa alla guida dei principali ministeri economici” (Barca 1997, p. 603). I
collaboratori stranieri includevano i maggiori studiosi dello sviluppo come
Colin Clark, Vera Lutz, Gardner Ackley, Richard Echaus, Hollis Chenery (manca
Raùl Prebisch). Nel consiglio direttivo sedevano Paul Rosenstein Rodan, Jan
Timbergen e Robert Marjolin. Interessante che il Piano Vanoni, che Garegnani
prende a riferimento nella parte empirica dello Studio Svimez, “venne
sicuramente elaborato nella sede romana della Svimez” e dovuto “soprattutto
alla stesura di Saraceno” (ibid, p. 604). Nel giudizio di Saraceno, scrive
Barca, le politiche meridionaliste nella fase successiva alla ricostruzione
dovevano realizzare l’azione coordinata di due modelli: quello del Centro-Nord
sostenuto dalla domanda e quello del Sud sostenuto dall’offerta” (ibid, p.
605).