sabato 25 luglio 2015

Le due sinistre e l’epilogo greco



 Come al solito non pubblicato da il manifesto, già pubblicato su Asimmetrie.

Europeo sarà lei! Le due sinistre e l’epilogo greco
di Sergio Cesaratto
Gli infelici esiti della vicenda greca hanno reso più evidente l’esistenza di due punti di vista nella sinistra italiana (“sinistra” senza aggettivi poiché il PD non è più un partito di sinistra) che per comodità potete identificare col meno e col più Europa, rispettivamente. Il primo fronte ritiene che una prospettiva politica dentro un quadro europeo considerato irriformabile non possa che risolversi, contro ogni buona volontà, in una forma di renzismo se non peggio. Dall’altro fronte si ribatte tacitando di infantilismo e avventurismo ogni prospettiva di rottura con quel quadro. Sgombrando il campo dalle goffe coperture di una tragica débâcle, per cui l’aggravamento dei destini greci diventa un frivolo “pericolo recessivo” mentre la Troika si sarebbe addirittura “spaccata”, come sostenuto da un esponente del “più Europa” su il manifesto, domandiamoci se v’è spazio per una ragionevole comprensione fra le parti?

giovedì 16 luglio 2015

Un commento dalla Grecia (in inglese)



SYRIZA betrays the resounding NO vote of the Greek people and signs a 3rd troika austerity program
The Left should create a popular front against the EU
Stavros Mavroudeas
 Professor of Political Economy

In the 5th of July 2015 the huge majority of the Greek people (61%) rejected the insolent demands of the EU for the extension and deepening of the austerity and pro-capital restructuring policies in Greece. These demands were codified in the so-called Juncker Plan for Greece that set barbaric terms for the extension of the previous austerity program (the 2nd Economic Adjustment Program for Greece) in exchange for releasing much delayed tranches of the troika loans to Greece. These tranches were urgently needed for repaying instalments of previous loans by the troika. As I have argued in a previous note (‘The Greek referendum and the tasks of the Left’) SYRIZA was led unwillingly to call this referendum because of the failure of its unrealistic program for a ‘decent compromise’ with the EU and for ‘staying in the Eurozone at any cost’. Moreover, the whole affair proved beyond any doubt that EU is a capitalist and imperialist integration that cannot be reformed towards serving peoples’ needs.

lunedì 13 luglio 2015

Post su asimmetrie:Vestfalia non Ventotene



Il manifesto mi ha confermato che il mio articolo non è uscito perché fuori linea. D'altra parte il giornale è loro. Inutile dunque inviargli questa versione rivista in cui ho rincarato la dose. Alberto Bagnai l'ha ospitata su asimmetrie dove ha conseguito oltre 800 link a FB in poche ore.
PS per mia incapacità ho cancellato i (pochi) commenti in calce agli ultimi post! scusate.Al lettore (ahimé anonimo) che mi rimproverava di piagnisteo verso il manifesto, forse non sa che fin da ragazzino militavo in quel gruppo e diffondevo quel giornale, che è anche un po' mio. E poi perchè pretendere che ci sia dibattito sarebbe piagnisteo?

Il “più Europa” (è) liberista (rivisto)
Sergio Cesaratto
Nei giorni scorsi il manifesto ha preso posizioni sulla crisi greca che a molti sono apparse sconcertanti. Da titoli dove una manovra recessiva diventava misura per la crescita (“Atene, 12 miliardi per la crescita”), all’identificazione di Piazza Syntagma con “L’Europa siamo noi” o di Tsipras come “Il cuore d’Europa”, sino alla perorazione di una nuova Ventotene. Il giornale ha finito così per accodarsi al coro per cui dalla crisi europea si esce solo con “più Europa” non scavando a fondo sulle ragioni ultime del fallimento europeo e dando spazio insufficiente ad altre posizioni in merito.

Il “più Europa” (è) liberista



Questo articolo non è stato pubblicato da il manifesto. La cosa non ha bisogno di commenti, tranne che c'è un problema di libertà di espressione a sinistra.

Il “più Europa” (è) liberista
Sergio Cesaratto
Il No greco al referendum ha scatenato un coro quasi unanime di commenti secondo cui dall’impasse europea “fra gli opposti nazionalismi greco e tedesco” si esce solo con un’Europa politica e solidale, “meno egoista” insomma. Nei più avveduti, questa visione muove dalla constatazione che l’Europa monetaria non costituisce un’”area valutaria ottimale”. Si argomenta dunque che un’unione monetaria sostenibile implica un’unione politica, la sola che può garantire che i paesi forti si facciano carico, attraverso un cospicuo bilancio federale, dei paesi deboli. Ahimè il modello mercantilista tedesco, disastroso in un’unione monetaria, è anche refrattario a una unione federale “pesante”. Un argomento ancor più dirimente per dimostrare che un’Europa politica è pur possibile, ma solo con uno Stato minimale, viene da un vecchio saggio di Hayek del 1939. La sua argomentazione è che una federazione fra nazioni economicamente e culturalmente disomogenee (si potrà poi ragionare sull’importanza relativa dei due aggettivi) e che controlli un cospicuo ammontare di risorse, non potrà durare a lungo. Essa si fratturerà presto sui criteri di distribuzione delle risorse e/o del potere di allocarle. La fine dell’ex-Yugoslavia è l’esempio più evidente. E basti guardare a quello che succede in questi giorni. Che legittimazione avrebbe un’autorità federale europea di andare contro la volontà di molti paesi di non aiutare la Grecia a sollevarsi? Non sarebbe neppure troppo democratico, a ben vedere. Questo pone la parola fine al sogno dei più tenaci europeisti per cui il problema dell’euro si risolverebbe completando l’unione monetaria con l’unione politica. Dalla padella nella brace verrebbe da dire.

venerdì 10 luglio 2015

La capitolazione greca

Da FB riproduco (senza permesso) l'analisi di Riccardo Achilli, totalmente condivisibile

I primi risultati della trattativa greca

di Tupac-Amarù

Dijsselbloem, che rappresenta la cintura degli alleati nordici della Germania, sembra aver fatto passare la manovra lacrime e sangue da 12 miliardi presentata dalla Grecia, qualificandola di "completa" ed "accurata". La Germania, in cui la parte più ortodossa della destra giocava sull'estromissione unilaterale della Grecia dall'euro, appare così portata, di fronte alle pressioni degli USA e della Francia, a dire di si. Ed in fondo, di fronte ad un piano di aumenti di entrate e tagli di spesa che, facendo le proporzioni, se fosse stato presentato in Italia, sarebbe stato pari a 108 miliardi di sacrifici ripartiti nel periodo 2015-2019, sarebbe anche ingiustificabile continuare a dire di no.

domenica 5 luglio 2015

Un'analisi dalla sinistra alla sinistra di Syriza

Inviato in versione ridotta al manifesto e in versione integrale a EEP, questo pezzo non è stato (ancora) pubblicato. Forse troppo scomodo? Matias Vernengo l'ha pubblicato integralmente nella versione originale su Naked Keynesianism. Qui la mia traduzione in italiano.  L'autore è un noto economista Postkeynesiano greco.



Il referendum Greco e i compiti della sinistra
Stavros Mavroudeas

Per sei mesi dopo la sua vittoria elettorale del 2015 il governo di Syriza ha negoziato con l’UE. In queste trattative Syiza si è confrontata con l’ostinata e crescente intransigenza dell’UE e delle istituzioni associate (BCE e FMI). Syriza ha molto presto accettato la logica e la struttura  del programma della Troika, cioè del Programma di aggiustamento economico per la Grecia noto come Memorandum. Syriza ha semplicemente cercato di modificarlo per renderlo meno brutale (per esempio ritardando l’implementazione della riduzione delle pensioni e mascherando i tagli salariali, riducendo gli obiettivi di surplus primario e rendendo così la politica fiscale meno austera). Syriza ha anche richiesto una facilitazione nel servizio del debito  (attraverso forme di ristrutturazione) e un aumento dei fondi per lo sviluppo (attraverso il fantasioso Piano Junker) con lo scopo di far ripartire la moribonda economia greca dopo 6 anni di austerità. Infine ha timidamente chiesto qualche impegno circa una futura riduzione del debito Greco. L’UE, una volta intuito lo spirito conciliatorio di Syriza e dato che l’intera partita si giocava sul suo terreno, ha cominciato a premere per ulteriori concessioni. Quanto più Syriza scivolava verso una capitolazione, tanto più l’UE pretendeva. Alla fine è risultato politicamente impossibile per Syriza accettare tutte le richieste europee, nonostante gli umilianti compromessi e il tradimento sfacciato del suo pur mediocre programma elettorale. Questo ha condotto alla rottura dei negoziati e alla convocazione da parte di Syriza di un referendum sulle richieste della Troika.

giovedì 2 luglio 2015

EuroOXI?



Con colpevole ritardo posto pezzo uscito su il manifesto del 30 luglio.

La lezione greca
Sergio Cesaratto
Agli occhi della sinistra, indipendentemente dall’esito del referendum greco, da questa vicenda l’Europa dovrebbe uscire politicamente distrutta - ma il condizionale è ahimè d’obbligo. Come abbiamo già scritto su questo giornale, le richieste di Syriza sono state più che moderate, fondamentalmente accondiscendenti alla continuazione dell’austerità. La moratoria sul debito richiesta da Syriza era qualcosa che l’Europa era comunque pronta a concedere, perché tanto un debito che non si è in grado di pagare non sarà pagato. In cambio la Troika ha chiesto la conferma delle politiche di austerità affinché la Grecia si ponesse in condizione di non dover richiedere ulteriori prestiti. E su questo la trattativa si è rotta, nel senso che la Troika non si è fidata delle misure pur accomodanti proposte da Syriza, volendo tagli più certi e immediati.