sabato 29 ottobre 2016

La sinistra sdentata - Recensione al nuovo libro di Barba e Pivetti



 Micromega ha pubblicato con bella evidenza (non era ovvio nei giorni del referendum) la nostra recensione al libro di Barba e Pivetti. Libro e recensione sono molto duri. Ma la sinistra deve fare i conti duramente con se stessa Ha fatto bene D'Attorre a cominciare con l'euro qualche giorno fa. Massimo sforzo di condivisione per dare risonanza al libro di Barba e Pivetti.
Il tradimento della sinistra
di Sergio Cesaratto

Il volume di Aldo Barba e Massimo Pivetti è di gran lunga la più importante provocazione intellettuale alla sinistra degli ultimi anni. Pivetti, il più senior della coppia e ben noto economista eterodosso (con fondamentali contributi di analisi economica), non è certo nuovo a queste provocazioni, tanto da meritarsi nel lontano 1976 l’appellativo di “simbionese” (più o meno sinonimo di “terrorista”) da parte di Giancarlo Pajetta. La sinistra avrà tre possibilità di fronte a questo libro: ignorarlo del tutto; criticarlo sulla base degli aspetti più “coloriti” del volume - quelli in cui gli autori s’indignano per certe posizioni della sinistra antagonista; discuterlo a fondo. E’ facile pronosticare che gran parte della sinistra italiana, troppo intellettualmente pigra o troppo radical-chic per entrare seriamente nel merito, sceglierà le prime due strade (ah, sono solo aridi economisti se non peggio). Ma il volume è ora lì come un macigno a pesare su una sinistra che ha perso, in Italia ma non solo, ogni reale contatto con le classi che rappresentavano un tempo la propria ragione sociale. Una sinistra che non solo ha perduto questo contatto, ma che è ormai da tempo considerata dai ceti popolari come propria nemica. Raccontano gli autori che pare che François Hollande in privato si riferisca ai ceti popolari come agli “sdentati”. Siamo anche convinti che, tuttavia, il volume rappresenterà occasione di dibattito e un randello da usare in ogni occorrenza per quel che resta di una sinistra intellettualmente solida e che delle ragioni di ampi strati della popolazione fa la propria ragion d’essere.

mercoledì 19 ottobre 2016

Stirati e Zenezini rispondono a Lunghini

Con un contorto titolo redazionale, il manifesto ha pubblicato un importante articolo di Antonella Stirati e Maurizio Zenezini

L’euro e il gold standard d’accordo con Keynes, meglio di no

Antonella Stirati, Maurizio Zenezini, 18.10.2016

La domanda non è se uscire dall’euro è una cattiva opzione ma se è la peggiore. Le politiche
monetarie di cui ha bisogno l’Italia si fanno fuori dalla moneta unic
a

Nella discussione sulla moneta, Giorgio Lunghini (il manifesto, 29 settembre), si chiede, con
comprensibile preoccupazione, quali potrebbero essere le conseguenze per il mondo del lavoro di
una dissoluzione della moneta unica. Questa domanda non ha risposte facili. Certo, se ad
abbandonare l’euro fosse un paese grande come l’Italia vi sarebbero ripercussioni sulla zona euro e
fasi di instabilità finanziaria. La domanda, tuttavia, non è se l’uscita dall’euro sia una cattiva opzione,
ma se sia necessariamente la peggiore.

sabato 15 ottobre 2016

Anni di alta teoria (e non solo): Garegnani alla Svimez

Pubblichiamo il mio intervento all'incontro organizzato dalla Svimez e dal Centro Sraffa



Lo “Studio Svimez” di Garegnani del 1962 – Note preliminari
Sergio Cesaratto
Cesaratto@unisi.it
Anni di alta teoria
Non c’è stato modo di rintracciare con chiarezza quale sia stato il rapporto formale di Garegnani con la Svimez, il che avrebbe implicato un lavoro d’archivio presso l’associazione. Nel saggio “Note su consumi, investimenti e domanda effettiva”, basato sulla prima parte dello “Studio Svimez” (Garegnani 1962), come per brevità lo definiremo qui, e pubblicato in italiano da Economia internazionale nel 1964-65, Garegnani stesso ci informa che lo Studio fu steso nel 1960-61 e pubblicato in forma ciclostilata (“per uso interno degli uffici”) nel 1962. Quello che sappiamo dalle note biografiche di Fabio Petri (2001), per le quali posso immaginare si sarà avvalso di Garegnani, quest’ultimo, conseguito il dottorato a Cambridge, dal 1958 è a Roma assistente di Volrico Travaglini; è visiting al MIT nel 1961-62, e consegue la cattedra nel 1963 a Sassari (dove era stato però assistente nei due anni precedenti). Anni molto intensi dunque. Nel Rapporto Svimez Garegnani non ringrazia nessuno in particolare, mentre in “Note su consumi” egli ringrazia “per i loro commenti ai manoscritti dell’articolo i professori Claudio Napoleoni, Sergio Steve, Paolo Sylos-Labini, Volrico Travaglini” (Garegnani 1979, p. 4). Da un resoconto di  Fabrizio Barca, la Svimez di Pasquale Saraceno della seconda metà degli anni cinquanta emerge come un vero e proprio “ufficio studi dei governi che videro Ferrari Aggradi, Vanoni, Campilli e La Malfa alla guida dei principali ministeri economici” (Barca 1997, p. 603). I collaboratori stranieri includevano i maggiori studiosi dello sviluppo come Colin Clark, Vera Lutz, Gardner Ackley, Richard Echaus, Hollis Chenery (manca Raùl Prebisch). Nel consiglio direttivo sedevano Paul Rosenstein Rodan, Jan Timbergen e Robert Marjolin. Interessante che il Piano Vanoni, che Garegnani prende a riferimento nella parte empirica dello Studio Svimez, “venne sicuramente elaborato nella sede romana della Svimez” e dovuto “soprattutto alla stesura di Saraceno” (ibid, p. 604). Nel giudizio di Saraceno, scrive Barca, le politiche meridionaliste nella fase successiva alla ricostruzione dovevano realizzare l’azione coordinata di due modelli: quello del Centro-Nord sostenuto dalla domanda e quello del Sud sostenuto dall’offerta” (ibid, p. 605).