Pubblichiamo un nostro articolo su il manifesto di sabato 26 novembre. Ci sembra solo di dover aggiungere che se lì si mette criticamente in luce il non-riformismo della tradizione amendoliana, andava per contro anche criticamente segnalata l'altra tradizione comunista, quella ingraiana. Questa'ultima, forse scevra di simpatie filo-sovietiche e più libertaria, ha potuto fare a meno di legittimarsi sottoscrivendo il liberismo quale unica forma di funzionamento del capitalismo. Ma anch'essa si è sempre mostrata lontana da ogni pragmatismo, inseguendo miti e sogni, gettando costantemente il cuore oltre l'ostacolo, e rimanendone così costantemente al di qua. Le influenze di tale tradizione sono manifeste nel vendolismo. Tra Ingrao e Amendola non c'era granché nel Pci - sebbene lì fossero comunque giganti a scontrarsi, questo non va dimenticato. La vera socialdemocrazia riformista del Pci andava ricercata a livello locale, negli asili nido rossi di Loris Malaguzzi, e la mia collaborazione con Lanfranco Turci così si spiega. Non posso che rimandare a Paggi e D'Angelillo (Einaudi 1986).
Liberisti, non riformisti
Sergio Cesaratto
La destra liberista del PD sta vivendo la sua stagione più felice, e com’è nello stile di chi si è sentito incompreso e ha covato a lungo rancore, appare non voler far prigionieri per chi nel PD o a sinistra la pensa diversamente. Sebbene tale destra abbia provenienze varie, queste si sono felicemente ritrovate in un’eredità culturale del Partito Comunista la cui nobile ascendenza è nella sua ala Amendoliana. Ci sembra di poter muovere tre appunti alla destra del PD: a) appropriazione indebita del termine riformista; b) provincialismo; c) irresponsabilità.