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sabato 6 aprile 2013

Tirare a campare o tirare le cuoia? articolo su Il Foglio


Assai irritati con il manifesto che ha pubblicato la recensione a Bagnai non sul testo finale e con arbitrari ritocchi redazionali, e non pubblicando per giunta una mia lettera di protesta, chiediamo ospitalità a Il Foglio.

Tirare a campare o tirare le cuoia? L'eurodissoluzione vista dai saggi dell'SPD

Sergio Cesaratto
Mentre da noi prosegue il teatrino delle noccioline in cui si affida l’illusione di po’ di ripresa a una ventina di miliardi che non si sa né come distribuire né come reperire, la potente e socialdemocratica Fondazione Ebert traccia alcuni scenari per l’Europa che, questi sì, dovrebbero costituire materia di meditazione per la politica. Sulla scorta di una quindicina di seminari tenuti in varie capitali, quattro sono gli scenari descritti. Prima di riassumerli, vale la pena di osservare che nessuno contempla l’idea che l’austerità europea a noi impartita dai pro-consoli della Merkel avrà successo nel restituirci competitività e prosperità. Che rigore e crescita fossero incompatibili e che l’austerità avrebbe devastato il Paese denunciammo con pochi altri sin dai tempi della famigerata lettera della BCE e dell’insediamento di Monti. Continuamente voci si uniscono ora al coro. Tutti gli scenari danno inoltre implicitamente per scontato che le responsabilità di fondo sono nell’esistenza stessa dell’Euro, che mai avrebbe dovuto essere adottato da Paesi così disomogenei in assenza di istituzioni adeguate. E al riguardo l’Economist ha mosso ieri alla BCE la pesante accusa di non far nulla per aiutare l’Europa.

giovedì 15 marzo 2012

L'intervento di Leonardo Paggi

1. Devo dire subito che il tema di questo seminario suscita in me inquietudine e risposte tutt’altro che ottimistiche. Con il compimento di un ventennio dal varo del  Trattato di Maastricht, inevitabilmente giunge anche il tempo dei bilanci. Ne ha suggerito uno particolarmente catastrofico, ma sostanzialmente, a mio parere, condivisibile, l’economista americano Martin Feldstein, prima sul Wall Street Journal del  15  dicembre 2011 e poi in modo più diffuso in una intervista al settimanale Die Zeit  del 23 febbraio di quest’anno. L’idea che fosse possibile unire tra loro economie molto diverse senza nemmeno l’esistenza di una effettiva banca centrale, e avendo come unica preoccupazione il mantenimento   della stabilità monetaria e il rispetto dei vincoli di bilancio, si è rivelata una solenne sciocchezza, che chiama duramente in causa le responsabilità di un’intera classe dirigente europea.

E’ arrivato l’ambasciatore: cronache di un dibattito

Più sotto trovate l’intervento che il vostro blogger ha svolto al dibattito di martedì (v. post precedente). Non moltissima gente, ma livello piuttosto alto. Dai miei appunti di vostro cronista ricavo queste note che seguono (scusate il disordine). Walter Cerfeda, padrone di casa a nome della CGIL dichiara che ha firmato un documenti lì presentato da due associazioni, una italiana e l’altra tedesca, il quale esordisce dicendo che va bene il “fiscal compact”, ma bisogna andar oltre. [Orbene, il fiscal compact non funzionerà (neppure nella rigorosissima Olanda!), ma se funzionasse al di là di esso c’è solo la morte. Brava la CGIL (o questa CGIL) a condividerlo!] Cerfeda ha anche sostenuto la tassa europea sulle transazioni finanziarie [su cui diremo].

venerdì 9 marzo 2012

Un importante dibattito

Martedì 13 marzo ore 10-13,30 presso l'Associazione stampa estera, Via dell'Umiltà 83/C a Roma si svolgerà un importante dibattito. Dirò alcune delle cose raccontate nell’articolo che segue alla locandina del convegno.

S 

In occasione della pubblicazione del volume a cura di Leonardo Paggi Un’altra Italia, in un’altra Europa (Carocci) la CGIL (Fondazione Trentin), la Fondazione Friedrich Ebert e l’Associazione per la storia e le memorie della Repubblica invitano al dibattito:
La crisi dell’Europa: il ruolo della Germania e dell’Italia.
Intervengono:
apertura:
M. Braun (F. Ebert), W.Cerfeda (F.Trentin)
Relazioni:
M.H.Gerdts (Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania), P.Guerrieri
Interventi programmati:
S.Cesaratto, S. Fassina, P.Leon, D.M.Nuti, L. Paggi.
Conclusioni: L.Castellina, G.Epifani.

La Germania e l’Italia che vorremmo (e quelle che abbiamo)

Sergio Cesaratto

Il 2 marzo il primo ministro italiano dichiarava al termine di un vertice europeo che la crisi finanziaria era uscita per un po’ di scena “speriamo per sempre.” La battuta, oltre che improvvida, suona persino cinica se si pensa che in quel meeting il primo ministro spagnolo aveva disperatamente chiesto, fra l’ostilità dei suoi colleghi, un allentamento degli obiettivi di rientro del disavanzo pubblico - questo è stato dell’8,5% nel 2011 contro un obiettivo del 6%, mentre il perseguimento dell’obiettivo del 4,4% nel 2012 comporterebbe una manovra aggiuntiva di €44 miliardi tale da distruggere lo stato sociale spagnolo, a detta di Mariano Rajoy, e se questo è troppo persino per un conservatore spagnolo, v’è da crederci (Eurointelligence). Il “successo” del taglio al debito privato greco non tragga in inganno, quel paese è spacciato e il resto del debito è sulle spalle del resto dell’Europa, compreso sui paesi che come l’Italia non hanno responsabilità in merito a differenza della Germania (qui).