Breve articolo in una bella pagina dedicata al lavoro sull'antico quotidiano La libertà di Piacenza. h/t a Elisa Malacalza.
Diseguaglianza e perdita di tutele a livelli impensabili
Viviamo dal principio degli anni ’80
dello scorso secolo un periodo di sconfitta storica del lavoro, dopo decenni di
lotte e avanzamenti culminati nei “trent’anni gloriosi” del dopoguerra,
caratterizzati dal pieno impiego e da elevati salari diretti e indiretti (via
stato sociale). La diseguaglianza e la perdita di tutele ha raggiunto ora livelli
impensabili solo pochi anni fa. Questo trend fa apparire i decenni gloriosi un
incidente storico, dovuto a contingenze che hanno temporaneamente spostato i rapporti di forza a favore delle lotte
del lavoro, piuttosto che una smentita delle cupe previsioni di Marx circa la
capacità del libero mercato di apportare permanentemente
benessere diffuso e crescente. Quelle contingenze hanno certamente avuto a che
fare con la sfida del socialismo reale nel proporre un’alternativa al
capitalismo reduce dalla grande crisi degli anni trenta, dalle dittature
fasciste (sconfitte per l’apporto determinante dell’URSS), dai conflitti
mondiali. La piena occupazione arrecò tuttavia, a fine anni ’60, grande
indisciplina sociale. Successivamente, inoltre, la sfida socialista cominciò a
declinare nell’immaginario delle classi lavoratrici occidentali, sia per le sue
evidenti difficoltà culminate poi in una crisi mortale, che per l’assuefazione
a cospicui consumi opulenti. Il capitalismo ne approfittò per ritirare
progressivamente quanto aveva concesso nei decenni precedenti. Gli strumenti
della reazione, volti a minare ogni capacità di risposta delle classi
lavoratrici, sono stati svariati: elevati tassi di disoccupazione dagli anni
’80, trasferimento di intere branche produttive nei paesi in via di sviluppo,
flussi migratori.