Micromega on line ha pubblicato un articolo inviato una settimana fa a il manifesto ( detto anche lo Sbilanfesto) e, per correttezza, alla Roberta Carlini, oggetto della mia critica. Nonostante le mie ripetute richieste, nessuna notizia dal giornale (censura o sciattaggine?) e neppure dalla Carlini (qui maleducazione è il termine preciso oggi domenica 10, dopo una settimana, mi ha cortesemente inviato una mail in cui ribadisce le proprie, legittime, posizioni). Perché al Foglio sono così gentili (opportunismo, cioè mi usano, o stile/educazione? l'educazione è di destra come dicono i miei figli? allora sono di destra). Qualcuno protesti col manifesto che, intanto, ieri (venerdì 8) pubblicava un indecente articolo di tal Tonino Perna, ribadendo la linea forza Europa. Mentre Storace si organizza per raccogliere le bandiere contro l'europeismo stupido. Grazie manifesto, grazie Carlini.
Anti-europeisti, non anti-europei
Sergio Cesaratto
In un suo articolo su Sbilanciamoci dal titolo significativo
“Euro, l’uscita è destra”, ripreso anche dalla Newsletter del PRC e da Micromega,
Roberta Carlini mostra di condividere le preoccupazioni di Enrico Letta e di
Eugenio Scalfari (Repubblica di
domenica) circa il pericolo che il prossimo Parlamento europeo veda una forte
presenza di forze anti-euro il cui “segno dominante” sarebbe populista e di
destra.
Negligentemente la Carlini strascura l’esistenza di forze non irrilevanti come Syriza in Grecia o di Melenchon in Francia, non certo tenere con l’Europa, mentre assimila il M5S alle forze populiste e di destra. Peraltro Grillo ha sui temi europei più di una confusione, basti leggere un suo recente post “Draghi mago Silvan”. Dal 4 novembre i “cittadini” M5S hanno però lodevolmente cominciato una serie di audizioni parlamentari, aperte a tutti, con economisti di vario orientamento per capire di più. Nel nostro paese c’è inoltre una galassia di forze anti-euro che non ha connotati di destra. Gli economisti italiani più solidamente eterodossi e di sinistra, sebbene non unanimi sulle scelte da compiere, si illudono assai poco su una svolta delle politiche europee in quanto queste non sono frutto di mere sbandate ideologiche, ma riflettono interessi nazionali configgenti. Che gli errori europei siano frutto di idee sbagliate iniettate in un corpo europeo sano e omogeneo è invece tipico di una sinistra italiana che manca di consapevolezza circa i processi storico-economici che muovono la realtà. A conferma di ciò la Carlini sottoscrive la tesi di Henning Meyer, direttore del Social Europe Journal, per cui dalla crisi europea si uscirebbe con “un salto in avanti della democrazia … dando un governo democratico all’Europa”. Ma le vedete voi Germania e Francia cedere sovranità nazionale nella direzione auspicata da Meyer-Carlini? E per quali ragioni dovrebbe la prima lasciar decidere a 300 milioni di Europei la destinazione dei propri quattrini e la seconda rinunciare a un’indipendenza nazionale di cui è, giustamente, gelosa? Le linee editoriali del Social Europe Journal al pari di Sbilanciamoci sono entrambi portatrici di buoni sentimenti europeisti che non solo non ci portano da nessuna parte, ma finiscono per fare il gioco delle forze reazionarie, siano esse al governo o nei movimenti anti-europei di destra.
Negligentemente la Carlini strascura l’esistenza di forze non irrilevanti come Syriza in Grecia o di Melenchon in Francia, non certo tenere con l’Europa, mentre assimila il M5S alle forze populiste e di destra. Peraltro Grillo ha sui temi europei più di una confusione, basti leggere un suo recente post “Draghi mago Silvan”. Dal 4 novembre i “cittadini” M5S hanno però lodevolmente cominciato una serie di audizioni parlamentari, aperte a tutti, con economisti di vario orientamento per capire di più. Nel nostro paese c’è inoltre una galassia di forze anti-euro che non ha connotati di destra. Gli economisti italiani più solidamente eterodossi e di sinistra, sebbene non unanimi sulle scelte da compiere, si illudono assai poco su una svolta delle politiche europee in quanto queste non sono frutto di mere sbandate ideologiche, ma riflettono interessi nazionali configgenti. Che gli errori europei siano frutto di idee sbagliate iniettate in un corpo europeo sano e omogeneo è invece tipico di una sinistra italiana che manca di consapevolezza circa i processi storico-economici che muovono la realtà. A conferma di ciò la Carlini sottoscrive la tesi di Henning Meyer, direttore del Social Europe Journal, per cui dalla crisi europea si uscirebbe con “un salto in avanti della democrazia … dando un governo democratico all’Europa”. Ma le vedete voi Germania e Francia cedere sovranità nazionale nella direzione auspicata da Meyer-Carlini? E per quali ragioni dovrebbe la prima lasciar decidere a 300 milioni di Europei la destinazione dei propri quattrini e la seconda rinunciare a un’indipendenza nazionale di cui è, giustamente, gelosa? Le linee editoriali del Social Europe Journal al pari di Sbilanciamoci sono entrambi portatrici di buoni sentimenti europeisti che non solo non ci portano da nessuna parte, ma finiscono per fare il gioco delle forze reazionarie, siano esse al governo o nei movimenti anti-europei di destra.
E’ sbagliato bollare come
populista e di destra l’emergere anche nel nostro paese di forze
anti-europeiste, da non confondersi con anti-europee. Anti-europeista significa
smetterla con le fantasie, l’Europa “ideale” della Carlini. Non essere
anti-europei significa voler preservare i molti elementi sani della costruzione
europea che tutti auspichiamo prosegua, sebbene in maniera radicalmente diversa.
Sul Corriere della Sera di lunedì Angelo
Panebianco, bacchettando Scalfari, giunge a considerare “salutare”
l’anti-europeismo se serve a smuovere le acque. A differenza di Panebianco, tuttavia, noi
riteniamo che essere anti-europeisti, sebbene non anti-europei, significa avere
chiaro che l’euro è un muro su cui si sbatte la democrazia politica e sociale
che la Carlini
vorrebbe tanto estendere. E in ciò gli anti-europeisti sono eredi della grande
tradizione intellettuale keynesiana che da James Meade, a Kaldor, a Godley
denunciò i pericoli delle unificazioni monetarie, consapevole della necessità
di preservare la flessibilità dei cambi, oltre che del controllo dei movimenti
di capitale, per assicurare la possibilità nazionale di politiche di piena
occupazione. Ricerca economica di prima qualità ha recentemente ribadito
l’incompatibilità di rigidi sistemi di cambio fissi con la piena occupazione,
la democrazia e persino la stabilità finanziaria. Carlini sa bene che il compianto
Nando Vianello che ella cita si ritrovava in questa tradizione (naturalmente
non sappiamo cosa Vianello avrebbe oggi suggerito di fare).
Le forze anti-europeiste non
mancano di proposte per cui una “Europa monetaria diversa” sarebbe, in via
teorica, possibile (basti qui rimandare all’e-book Oltre l’austerità). Ma come ci si può illudere quando, come riporta
Bloomberg, con insolente ipocrisia la reazione dei tedeschi alle critiche che
il Tesoro americano ha mosso agli abnormi surplus commerciali di Berlino è che
questi si sono quasi annullati nei confronti dei paesi dell’Europa periferica –
dimenticando che ciò è accaduto per il crollo del nostro tenore di vita e tassi
di disoccupazione abnormi. Oppure quando due economisti italiani, Padoan e Buti
(Vox, 8 ottobre), rispettivamente a
capo della ricerca economica presso Ocse Commissione europea, dopo aver difeso
d’ufficio le politiche di austerità, chiosano alla fine che il riaggiustamento
richiede “un’inflazione più alta nei paesi dell’Eurozona in surplus”. Come
diceva Voltaire e piaceva a Vianello ripetere, un incantesimo può uccidere un
gregge di pecore, basta aggiungere un po’ d’arsenico. Chissà se ai due
economisti è venuto da ridere suggerendo alla Germania di bere l’arsenico di un’inflazione
relativamente più elevata?
Allora è il realismo che ci
suggerisce di assumere delle posizioni più dure per la salvezza del nostro
paese. Con queste posizioni più dure si deve andare a trattare in Europa, dove
non si prevarrà con i buoni sentimenti o il generico (e fuorviante) “più
democrazia”. Solo se nel paese monta un sentimento popolare anti-europeista,
vale a dire contro l’Europa a tutti i costi, potremo sperare in governi meno
servili che ci tutelino. Suscitarlo può solo far del bene a noi e all’Europa. Se
la sinistra persevererà nel considerare l’europeismo come la propria linea del
Piave, non avrà fatto né i propri interessi né, soprattutto, quelli del paese il
quale non se lo dimenticherà.
Micromega on line 9 novembre 2013.
Micromega on line 9 novembre 2013.
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