Il Foglio ci ha chiesto di partecipare al "Concorso di idee per farcela". Il pezzo è uscito sul giornale con un titolo redazionale (Cesaratto: ricordare a Berlino che si educa col bastone, ma anche con la carota) che non ci piace molto. Sicchè qui sotto conservo il mio.
Lambrusco o prosecco, purché schietto.
Sergio
Cesaratto
Della
domanda posta da Il Foglio, se vi è
un minimo comun denominatore di idee e sentire fra centro-destra e
centro-sinistra per cui un governo Letta possa condurre il paese fuori dal
vicolo cieco, mi sento un po’ responsabile avendo scritto su queste colonne
“non importa se il gatto sia bianco o nero purché…”, purché, appunto, si
abbiano delle idee nuove. L’impressione è però che, al di là del mantra sulle
“riforme di cui il paese ha bisogno”, non si sappia bene che pesci pigliare. Il
vicolo cieco in cui ci si è cacciati è quello europeo, ma non solo.
Il Paese si è modernizzato in
maniera disordinata col boom economico, ma le
sue classi dirigenti non hanno risposto in maniera lungimirante alle successive
istanze di maggiore giustizia sociale, oscillando fra allargamento dei cordoni
della spesa pubblica senza adeguamento della pressione fiscale e trame oscure. Col
divorzio fra banca centrale e Tesoro e l’adesione ai cambi fissi del sistema
monetario europeo prima, e con l’adesione alla moneta unica poi – quest’ultima
condotta da una sinistra ormai convertita al neoliberismo – si è cercata una
disciplina esterna. L’errore fatale di quello che intendeva insegnare al figlio
a nuotare legandogli una pietra al collo. Si badi che Enrico Letta rivendica la
discendenza da questa cultura che, da ultimo, vede nell’austerità la sferza per
rendere il paese “finalmente competitivo”. Che questo sia un disegno
fallimentare è evidente. Sarà banale dirlo, ma come i figlioli, i popoli si
educano con bastone e carota, con giustizia e disciplina. In fondo qui si vede
poco sia dell’una che dell’altra. Il livello politico-culturale del dibattito è
deprimente. Capisco che in questa sede ci si chieda di guardare oltre, ma
l’intestardirsi del PdL sull’IMU, una tassa fondamentalmente giusta, la dice
lunga. Così come le sciocchezze che il premier ci propina sulla disoccupazione
giovanile come se quella fosse la sola che conta. Pensa peraltro di risolverla
con un po’ di sgravi fiscali per i quali non ha neppure i quattrini. La ripresa
dell’occupazione, di giovani e no, dipende fondamentalmente dal rilancio a
livello europeo della domanda aggregata, che porterebbe anche a una ripresa
della produttività. Guardare oltre significa dunque individuare e condividere
alcuni assi di pensiero che vadano al di là del chiacchiericcio inconcludente. Occupazione
e crescita sono, in prima istanza (read my lips), un problema europeo e di
domanda aggregata. I tedeschi non ne vogliono sapere. Loro il problema di
domanda aggregata se lo sono risolto col mercantilismo: ma se tutti in Europa e
nell’economia globale fondiamo la crescita sulle esportazioni, da ultimo
vendiamo a Marte? Allora serve un nuovo modello economico per l’Europa in cui
la giustizia distributiva (salari e stato sociale) sorregga la domanda
aggregata. Come si vede la giustizia sociale diventa non solo un diritto in sé, ma anche una componente di una crescita
stabile. E’ pronto il PdL a crederci? Permettetemi di dubitarne, essendo l’idea
di giustizia del Cavaliere quella di sfilarsi e donare il Rolex davanti al
bisogno, o al massimo quella compassionevole della Chiesa. Ma seppure a
sinistra si abbia qualche concezione più complessa, ancora gira l’idea che
abbiamo “troppo stato sociale” (falso) che col suo paternalismo disincentiva
competitività e crescita (sciocchezze). Battersi per un’Europa di giustizia
sociale e domanda aggregata, dunque. E all’interno? Due parole d’ordine:
legalità e competenza. Legalità a ogni livello: parcheggio in doppia fila; evasione
fiscale; corruzione e mafie. Un messaggio fermo che, credo, gli italiani
apprezzerebbero e che la destra dovrebbe per prima
fare suo dismettendo l’idea che libertà sia fare i propri
comodi. Infine, questo paese più che di mille riforme ha bisogno che competenza
e voglia di fare vengano premiate. E poiché i partiti svolgono un ruolo
essenziale nella selezione delle classi dirigenti – con ricadute sulle modalità
di selezione nel pubblico e nel privato - PD e PdL, ciascuno a modo suo, hanno
miglia da percorrere per smettere di essere consorterie che mortificano quei valori.
Forse Gaber avrebbe classificato il lambrusco a sinistra e il prosecco a
destra. Mi fa piacere che abbiate scelto il lambrusco, ma sono pronto a
brindare anche a prosecco, purché schietto.
(Il Foglio 10 maggio 2013, p. 3).
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