di
Sergio Cesaratto e Lanfranco turci
Fassina all’Economia è una buona notizia, soprattutto se eviterà
di cadere nella trappola della cooptazione. Dovrà prioritariamente fare in modo
che dal governo e dalle altre istituzioni emerga un discorso di verità sulla crisi, nel senso che
questa non si potrà superare se non con una profonda riforma delle istituzioni europee. La crisi
ha infatti due dimensioni principali, ambedue europee.
La prima è di competitività. Nei paesi più fragili dell'area euro
essa è stata accentuata dalla perdita della possibilità di perseguire un tasso
di cambio competitivo e dalla mancanza di una politica industriale pubblica su
scala europea e nazionale. L'altra dimensione è di carenza di domanda aggregata
dovuta sia all’orientamento deflattivo dell'unione monetaria e al
neomercantilismo della sua potenza dominante che, successivamente, alle
devastanti politiche di austerità. La
dimensione di questi problemi macroeconomici è tale per cui pensare di eluderli
continuando con inique misure di flessibilizzazione del lavoro, con qualche
volenterosa riforma, e con un temporaneo rilassamento delle regole fiscali
europee è illusorio. Di riforme il paese ha certamente bisogno, a cominciare
dall'efficienza della PPAA, giustizia, istruzione, lotta alla corruzione,
all’evasione e così via. Andrebbe inoltre approntato rapidamente un serio piano
di politiche industriali pubbliche. Ma le riforme costano, e cambiare
comportamenti che, ahimè, penetrano nel profondo del costume nazionale è
difficile. Possiamo e dobbiamo indignarci e darci da fare (e governando col PdL
non sarà certo facile), ma consapevoli che è un processo lungo e di difficile
successo, tanto più in un clima di disfacimento del tessuto collettivo. Il
rilassamento degli obiettivi fiscali nei fatti c’è già, visto che le politiche
di austerità hanno condotto anche allo sfascio dei conti pubblici. Solo
l’immensa superbia del sen. Monti può far ritenere un successo la vetta del
130% del rapporto debito pubblico/PIL! L'avessimo raggiunta creando
occupazione, avremmo avuto poco da dire. Ma qui si è ottenuto il peggio dei due
mondi: PIL e occupazione in caduta libera e conti peggiorati. Ottenere dalla
Merkel più o meno tempo per il
“risanamento” proseguendo su questa strada, è uno specchietto per le allodole.
Rebus sic stantibus continueremo ad avere solo declino e niente “risanamento”.
Sistematicamente, di anno in anno ci viene
promessa una (pallida) ripresa per l’anno successivo. Sono bugie che “prestigiose”
istituzioni italiane e internazionali sfacciatamente producono. Va fatto un
discorso di verità su chi e come produce questi dati. Deve anche cambiare
l’orientamento economico di chi va trattare in Europa dove sinora si sono
seduti ligi tecnocrati come Grilli. Si deve approntare un piano di riforme
dell’Eurozona perché questa, col tempo, si avvicini al modello di unione
statunitense. Da subito va ripresa la vecchia proposta francese di fare
dell’Eurogruppo il luogo in cui si coordina la politica fiscale e, di concerto
con la BCE, quella monetaria. L’Eurogruppo deve porsi obiettivi di crescita
dell’occupazione con ruoli prioritari al rilancio della domanda aggregata nei
paesi in avanzo nei conti con l’estero e alla crescita dei salari. In quest’ambito occorre per noi ottenere
immediati margini - con la relativa copertura della BCE - per un rilancio della domanda interna, da
realizzarsi tramite il sostegno delle spese sociali e il rilancio degli
investimenti pubblici.
Purtroppo l’impostazione dottrinaria nelle posizioni economiche
chiave del governo non si distacca, fondamentalmente, da quella della
precedente compagine. La sbandierata
priorità di Enrico Letta sulla disoccupazione giovanile si è per ora tradotta
in una commissione congiunta del Ministero del Lavoro con l’OCSE. Come dire,
abusando di una nota metafora, collaborare con Erode alla riforma degli asili
nido. Sappiamo dunque che non sarà facile muoversi anche per un amico come
Fassina, cui ci accomunano molte posizioni di politica economica. Fondamentale
sarà per lui contribuire in questo momento di smarrimento per la sinistra a un
discorso di verità su quello che succede e contro i dogmi economici.
( l'Unità 5 Maggio 2013)
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