mercoledì 6 giugno 2012

L’eurozombie e la protervia tedesca

Pubblicato oggi (7 6 2012) in prima su il manifesto col titolo "A che gioco gioca la Germania". Qui c'è un finale che hanno tagliato.
L’eurozombie e la protervia tedesca
Sergio Cesaratto
Con un  peso massimo come la Spagna che si avvia a essere il quarto paese a ricorrere ai fondi europei allo scopo di tener in vita un moribondo sistema bancario pieno di mutui inesigibili,  di un milione di abitazioni pignorate e invendibili, e di titoli di uno stato in via di insolvenza, è chiaro che l’euro è un dead man walking. Esso è tenuto in vita da un ben congeniato sistema di pagamenti (il famoso TARGET 2) che, per ironia della sorte, ha una straordinaria somiglianza con la “International Clearing Union” che Keynes propose come fondamento del sistema monetario internazionale.
 Se una banca spagnola (o italiana ecc.) vede propri depositi (dunque liquidità) rifluire verso la Germania, vuoi come pagamento di importazioni tedesche, vuoi come ritiro di capitali tedeschi precedentemente investiti in titoli spagnoli, l’Eurosistema (BCE più banche centrali nazionali) per dovere istituzionale rifornisce di liquidità la banca spagnola (l’ormai noto e un po’ arcano sistema TARGET 2). Normalmente la banca spagnola avrebbe chiesto fondi in prestito alla banca tedesca, ma la fiducia nel mercato inter-bancario europeo non c’è più. E’ allora l’Eurosistema che si sostituisce al mercato inter-bancario e ricicla la liquidità affluita in eccesso presso le banche tedesche a favore delle banche spagnole. Keynes pensava a un sistema di tal genere allo scopo di sostenere i paesi con tendenziali squilibri esteri (il Regno Unito) riciclando i surplus finanziari dei paesi in avanzo (allora gli Stati Uniti). Ma non pensava a un sistema ad libitum quale ormai si assiste nell’Eurozona. Se avessero posseduto la propria moneta e venendo a mancare i prestiti privati internazionali, Spagna (o Italia) avrebbero visto crollare il valore della propria valuta, inizio di un processo più o meno doloroso di aggiustamento (come l’Italia nel 1992). L’Eurosistema è tale per cui gli squilibri europei possono essere procrastinati, ma fino a quando? La fuga di capitali dai paesi periferici è palese e i bilanci pubblici non sono sostenibili ai tassi di interesse correnti. Ulteriori manovre fiscali nei paesi periferici non potranno, tuttavia, che condurre a una situazione sociale insostenibile peggiorando, peraltro, la medesima situazione di bilancio. I crediti tedeschi verso l’Eurosistema, attualmente circa 800 miliardi pari al 30% del Pil tedesco, crescono, si stima, fra 80-160 miliardi solo per finanziare i disavanzi correnti della periferia, anche se andrebbe spiegato loro che se l’Eurosistema non agisse così  crollerebbero tutto il sistema e con esso crediti ed esportazioni tedesche.
Si dice ora che la Germania si renderà alla fine disponibile a una messa in comune di parte dei debiti pubblici in un “fondo di redenzione” e a un sostegno comune ai sistemi bancari vacillanti in cambio di un nuovo Trattato che ponga le finanze pubbliche nazionali definitivamente sotto il controllo europeo. Purtroppo prima di giubilare alla maggiore integrazione europea si deve costatare che il fondo di redenzione altro non sarebbe che un più stringente “fiscal compact” in cui i paesi sarebbero costretti a redimere la propria quota di debito in 25 anni, mentre nulla i tedeschi si impegnano a fare per rilanciare la propria domanda interna. La periferia si vedrebbe condannata a una eterna austerità essendo anche stata espropriata di ogni controllo parlamentare sulle finanze (avendo da tempo perso quello sulla moneta). (Si rammenti che debito e peccato si esprimono con il medesimo termine in tedesco). Questo piano o è un protervo ultimatum imperialista  tedesco, o a fronte del certo rifiuto francese a cedere la propria sovranità si tratta di un alibi di Berlino per non far nulla (e intanto si gode, grottescamente, un euro debole zucchero per il proprio export e tassi di interesse sul suo debito sovrano, bene rifugio per gli investitori, quasi a zero, uno schiaffo alla miseria, verrebbe da dire).
Persino un disegno apparentemente progressista che vedesse in cambio della rinuncia alle politiche di bilancio nazionali (tenute al pareggio), l’unificazione parziale dei debiti sovrani (chiamiamola eurobond) senza sciocchi impegni alla “redenzione”, la creazione di un bilancio federale volto al sostegno di domanda e investimenti, e una BCE accomodante, si scontrerebbe con ulteriori difficoltà. Siffatto disegno, infatti, sebbene un passo in avanti, ancora non affronta la questione di fondo di una periferia europea resa meno competitiva dalla moneta unica e dunque più povera.  L’integrazione politica richiederebbe tuttavia un minimo di perequazione nei diritti sociali comportando dunque quella “transfer union” tanto temuta dai tedeschi. L’integrazione europea sarebbe dunque per loro sostenibile solo se si sancisse l’esistenza di paesi di serie A e paesi di serie B in termini di diritti sociali e lavorativi.
Da ultimo la crisi europea richiede due misure: (a) l’impegno della BCE a ridurre i tassi di interesse sì da rendere possibile al contempo la stabilizzazione dei debito e politiche fiscali espansive politiche fiscali espansive (a tassi bassi è possibile); (b) una inflazione nei paesi centrali stabilmente superiore alla periferia sì da consentirle di recuperare un tasso di cambio reale competitivo in un tempo ragionevole. Queste misure sono possibili  senza indesiderabili ulteriori cessioni di sovranità all’Europa. Mentre manca nel centro-sinistra ulivista una riflessione sull’esito dell’unificazione monetaria su cui aveva follemente scommesso il proprio destino, essa continua a lasciare prese di posizioni forti a Berlusconi, col rischio combinato di screditarle e di perdere consensi. Bene ha fatto Fassina ha chiedere il ritorno alla democrazia, ma su quale programma di salvaguardia degli interessi nazionali? Si devono avere le idee chiare sul che fare, e la schiena dritta per reagire alle insolenze tedesche e alle furberie della SPD di cui mi fiderei punto.

1 commento:

  1. Bene! Ma manca ancora la considerazione di un aspetto: la unificazione dei bilanci, la maggiore "integrazione europea", la "cessione di sovranità" (espressione impropria: la sovranità è inalienabile. Si intende con questa espressione la cessione del potere di rappresentanza della sovranità, altra cosa), sono tutte cose che richiedono delle istituzioni. Si spera democratiche, quindi rappresentative, trasparenti, controllabili e responsabili. Quali sarebbero? Nessuno lo dice.
    Voglio sperare non si intenda la commissione, che è nominata dall'imperatore e risponde all'imperatore, come il governo della Germania di Bismarck. Il parlamento europeo non conta nulla e nessuno vuole che conti qualcosa. Quando va bene, è un organo di ratifica (come il parlamento prussiano all'epoca di Bismarck).
    Lo slogan "più europa" è solo velleitarismo, quando la va bene. Stampa&Propaganda e manipolazione quando la va male. E la va male.

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