Pubblichiamo presentazione iniziativa di sabato 9 uscita su il manifesto a firma Cesaratto, Fassina, Paggi, Prospero e Stirati. Il testo è un evidente compromesso. Sabato anticipo il mio intervento.
Un confronto sabato 9 settembre a Roma
"Non v’è dubbio che la sinistra, ovunque, non solo in Italia, viva l’esaurimento di un lungo ciclo storico.
Il
 drammatico arretramento delle esperienze nate dal movimento operaio non
 può essere disgiunto dalla fine del socialismo reale e il conseguente 
dilagare del «capitalismo scatenato» (Andrew Glyn). Dopo l’89, la 
sinistra è rimasta orfana di un progetto di regolazione progressiva del 
capitalismo. Dai noi, la marginalità della sinistra, culturale prima che
 politica e elettorale, è più evidente poiché siamo in un Paese 
smarrito, dove nessuno schieramento politico riesce a proporre una guida
 credibile. Di conseguenza, il disagio di gran parte della popolazione 
si esprime con una disaffezione alla politica e l’affidamento a 
formazioni dalle dubbie credenziali democratiche e di governo.
Questo disagio va compreso, raccolto e guidato in direzioni progressive.
C’è
 bisogno di rigenerare una sinistra riformatrice, ancorata al lavoro e 
all’ambiente, in grado di battersi contro la deriva oligarchica di un 
potere abbacinato dal miraggio di una «democrazia senza popolo» e 
l’impoverimento di ceti popolari e classi medie.
Una
 ricostruzione della sinistra si impone, dunque. A tal fine, prima 
dell’estate, a Roma, al Teatro Brancaccio e a Piazza SS Apostoli, vi 
sono stati passaggi importanti. Vogliamo contribuire, sul terreno della 
cultura politica e del progetto, alla ricostruzione unitaria della 
sinistra.
La necessità di confrontarsi sui programmi
 trova formale condivisione. Tuttavia, prima dei programmi, per evitare 
una inutile lista della spesa che accontenti tutti senza affrontare 
alcun nodo vero, è utile chiarire il giudizio su alcuni temi di fondo: 
ruolo dello Stato, globalizzazione e mobilità internazionale del 
capitale e del lavoro, migrazioni e sicurezza, moneta e integrazione 
europea. Siamo consapevoli che tale discussione, elusa nel passato, sia 
ancora più difficile a ridosso di una competizione elettorale.
Eppure,
 essa ci pare possa distinguere una proposta politica convincente da una
 improbabile ammucchiata elettoralistica. Anche perché, spesso, la 
sinistra si ferma agli obiettivi programmatici (lavoro, uguaglianza, 
inclusione, riconversione ecologica, ecc.), enunciabili con facilità, 
mentre elude il ben più difficile compito di individuare gli strumenti 
per realizzarli.
Le indicazioni programmatiche della
 Costituzione e, in particolare, all’articolo 3 («È compito della 
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale…») sono 
una bussola imprescindibile, ma vanno articolate in obiettivi e 
policies.
Il disegno di politiche adeguate a 
realizzare questi obiettivi richiede, oltre alla rigenerazione morale 
della sinistra, una elaborazione politica e intellettuale collettiva di 
grande spessore.
Non si può non prendere le mosse da un giudizio storico-politico sul passato.
La
 crisi profonda in cui versa il paese non può essere messa tutta sulle 
spalle di Renzi o della destra. È chiamato in causa anche il 
centro–sinistra che, in una fase di dissoluzione prima morale poi 
elettorale dei partiti di governo e di smarrimento post ’89 della 
sinistra storica, da Andreatta e Ciampi fino ai governi dell’Ulivo, ha 
cercato nel «vincolo esterno» dell’Ue e dell’euro-zona le condizioni di 
tenuta dell’unità politica della nazione e la via per disciplinare il 
conflitto sociale e minimizzare l’intervento pubblico.
Anche
 in Italia, come ovunque al di là e al di qua dell’Atlantico, il 
centrosinistra ha scommesso nei frutti di lungo periodo del liberismo 
economico veicolato dalla Ue e dalla moneta unica.
Oggi, è evidente: la scommessa è stata largamente persa e si è ritorta contro.
Dobbiamo
 ripartire. L’obiettivo della piena e buona occupazione è centrale e 
distintivo della sinistra per attuare la democrazia costituzionale, 
anche perché inscindibile dall’autorealizzazione delle persona nel 
lavoro, come sempre affermato da Bruno Trentin, e dalla redistribuzione 
del reddito verso il lavoro, elemento di giustizia e di sostegno alla 
domanda aggregata.
La sfida è un progetto di 
riconquista di soggettività sociale e politica del lavoro per declinare 
in senso progressivo l’interesse nazionale, inteso come tutela delle 
istituzioni e delle risorse economiche e sociali necessarie a garantire 
il perseguimento degli obiettivi indicati dalla nostra costituzione, in 
un orizzonte di cooperazione europea e internazionale.
Tale
 progetto è la condizione per dare respiro e prospettiva ai singoli 
conflitti per non rimanere esperienza nobile, ma di pura testimonianza.
Soprattutto, qui e ora, è la condizione per una solida e credibile unità a sinistra del Pd.
Intorno
 al nodo «Unione Europea, lavoro, democrazia» proponiamo a donne e 
uomini della cultura, della cittadinanza attiva e dei movimenti e della 
rappresentanza sociale un confronto programmatico con i protagonisti 
delle iniziative del Brancaccio e di SS Apostoli.
Ci vediamo sabato 9 settembre al Campidoglio, Sala della Protomoteca (10 -17).
 
 
Dopo aver letto il suo libro e quello di Pivetti-Barba, il riferimento a Trentin mi fa venire le bolle
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