sabato 27 dicembre 2014

Porcaro su Cesaratto su Fassina

Un ottimo commento di Mimmo Porcaro al mio pezzo su Fassina (sempre per la serie parlatene male ma...). Da Sinistra in rete, un'ottimo blog aggregator a cui vi invito ad abbonarvi.

Un pensiero forte a sinistra?

Mimmo Porcaro
Sergio Cesaratto ha recentemente salutato con favore, su Micromega, le ultime prese di posizione di Stefano Fassina, che ormai sostiene (pur se, a mio parere, con qualche oscillazione di troppo) l’irriformabilità dell’Unione europea, l’insostenibilità dell’euro e la necessità di ripristinare la nostra sovranità nazionale. Cesaratto ha notato come ciò dia luogo ad un importante cambio di scena, giacché tesi analoghe sono state proposte, finora, solo da sparuti gruppi della sinistra estrema o dalla destra. Ed ha invocato, per consentire alla sinistra di accelerare la fine dell’euro e gestirne le complesse conseguenze, la nascita di un pensiero forte, ossia “l’opposto del mélange di pensiero economico debole, utopismo europeista e movimentismo che ha contraddistinto le poco convincenti recenti esperienze elettorali a sinistra”.

Ramanan su Cesaratto su Lavoie

Sergio Cesaratto’s Debate With Marc Lavoie On Whether The Euro Area Crisis Is A Balance-Of-Payments Crisis

by Ramanan on 22 December 2014
Sergio Cesaratto has a new paper Balance Of Payments Or Monetary Sovereignty? In Search Of The EMU’s Original Sin – A Reply To Lavoie. (html link, pdf link)
I obviously agree with Sergio Cesaratto.
As long as there is no supranational fiscal authority, a Euro Area nation’s economic success is more restricted by its exports than otherwise as there is no mechanism for fiscal transfers. The European Central bank can of course backstop and to some extent it has done so, but it cannot let fiscal policy of nations become independent of balance of payments beyond a certain extent. If it does so, nations’ public debt will rise together with net indebtedness to foreigners relative to output and this will become unsustainable. The European Central Bank (the Eurosystem less the domestic National Central Bank) will become a huge creditor and this will not be acceptable to the rest of the Euro Area. (There is of course the question whether this would be morally right but I do not think it is immoral beyond a limit).
To some extent, Mario Draghi has acted the opposite and pushed austerity, but one cannot assume unlimited power for the ECB (Eurosystem to be precise).

lunedì 22 dicembre 2014

Una risposta a Marc Lavoie sulla natura della crisi europea - A reply to Marc Lavoie on the nature of the Eurocrisis

Asimmetrie ha pubblicato un mio WP di riposta a Marc Lavoie sulla natura della crisi europea. Riproduco qui abstract e introduzione. Buona lettura e molti auguri.

WP 2014/06: Balance of payments or monetary sovereignty? In search of the EMU’s original sin – a reply to Lavoie

 22 dicembre 2014
In a recent paper Marc Lavoie (2014) has criticized my interpretation of the Eurozone (EZ) crisis as a balance of payments crisis (BoP view for short). He rather identified the original sin “in the setup and self-imposed constraint of the European Central Bank”. This is defined here as the monetary sovereignty view. This view belongs to a more general view that see the source of the EZ troubles in its imperfect institutional design. According to the (prevailing) BoP view, supported with different shades by a variety of economists from the conservative Sinn to the progressive Frenkel, the original sin is in the current account (CA) imbalances brought about by the abandonment of exchange rate adjustments and in the inducement to peripheral countries to get indebted with core countries. An increasing number of economists would add the German neo-mercantilist policies as an aggravating factor. While the BoP crisis appears as a fact, a better institutional design would perhaps have avoided the worse aspects of the current crisis and permitted a more effective action by the ECB. Leaving aside the political unfeasibility of a more progressive institutional set up, it is doubtful that this would fix the structural unbalances exacerbated by the euro. Be this as it may, one can, of course, blame the flawed institutional set up and the lack an ultimate action by the ECB as the culprit of the crisis, as Lavoie seems to argue. Yet, since this institutional set up is not there, the EZ crisis manifests itself as a balance of payment crisis.

lunedì 15 dicembre 2014

La sinistra oltre l'euro

 Pubblichiamo un mio intervento su Micromega online. L'intervento fu inviato 3 settimane fa a il manifesto che è però evidentemente sbilanciato a sognare un'altra Europa.

di Sergio Cesaratto
Le posizioni che Stefano Fassina ha espresso nelle passate settimane su (a) l’insostenibilità dell’euro a fronte del venir meno delle speranze di un cambiamento delle politiche europee, e (b) il fallimento di una dimensione democratica europea sovranazionale e la necessità di ripristinare una sovranità democratica nazionale, segnano una novità assoluta nel panorama della sinistra italiana. Sinora per ritrovare posizioni simili, la cui elaborazione in questi anni è ascrivibile a una manciata di economisti di sinistra, si doveva andare a cercare nei meandri delle sinistre più estreme, oppure a destra. Esaminiamo i due punti.

domenica 16 novembre 2014

Quale capitalismo dietro l’angolo?



Pubblichiamo la recensione all'ultimo libro di Ernesto Screpanti pubblicata sabato 15 novembre da il manifesto.

Quale capitalismo dietro l’angolo?
Sergio Cesaratto
L’ultimo libro di Ernesto Screpanti per la Monthly Review Press (ma acquistabile on line anche in italiano)* è assai ambizioso e solleva questioni che la sinistra non può sottovalutare. Che negli ultimi trent’anni, crisi o non crisi, il capitalismo abbia sovvertito i rapporti di forza fra capitale e lavoro marginalizzando in gran parte del globo le forze del cambiamento sociale è un fatto evidente a tutti. L’abbandono delle politiche di pieno impiego sul finire degli anni 1970 complici le ideologie ultraliberiste alla Thatcher e Reagan, la globalizzazione con la concorrenza massiccia nel mercato del lavoro capitalista di centinaia di milioni di nuovi lavoratori e, aggiungerei, la caduta di ogni speranza nella sfida del socialismo reale quale l’abbiamo conosciuto, sono alla base di questo mutamento epocale. Il mutamento dei rapporti di forza che si era progressivamente prodotto nei precedenti cento anni nei paesi di più antica industrializzazione e culminato nell’epoca d’oro del capitalismo appare ora il risultato di circostanze non più ripetibili, almeno per molte decadi a venire. In questo contesto Screpanti si propone di prefigurare quali sono le caratteristiche del capitalismo nella nuova fase definita dell’imperialismo globale.

giovedì 21 agosto 2014

Che fare? Una conversazione con Turci e Achilli




Pubblichiamo, con l'autorizzazione dei partecipanti, una conversazione che si è svolta per e mail i giorni scorsi che crediamo possa essere di interesse sulle prospettive della sinistra nella crisi europea.  Lo stile è ovviamente colloquiale. Achilli è un economista (precario). Egli esordisce difendendo una sua provocazione che aveva lanciato su FB.


Riccardo Achilli
Proverò a spiegare ulteriormente il mio punto di vista, premesso che nessuno di noi, io per primo, ha la bacchetta magica con la Soluzione con la esse  maiuscola.
A mio parere l'idea di fuoriuscita dall'euro non è praticabile, non solo per motivi economici (isolandosi dai mercati finanziari prima o poi si paga pegno,  ed i controlli sui flussi di capitale possono essere fatti per un periodo  breve, pena lo strangolamento per autarchia) ma soprattutto per motivi politici  (torneremmo all'Europa degli Stati nazione in competizione commerciale, in un periodo di grave crisi economica, e la risposta nord europea alla svalutazione  competitiva mediterranea sarebbe quella di barriere protezionistiche di vario  genere. Le conseguenze in termini di tensioni geo politiche sarebbero evidenti, e tornare a Napoleone III contro Bismarck mi sembra un pochino pericoloso). Di uscita ordinata e concordata nemmeno a parlarne. Non ci sono le condizioni politiche, a meno di sterminare l'intero establishment politico ed economico europeo.

domenica 10 agosto 2014

Euro sì euro no: un dialogo fra due economisti



In seguito al mio pezzo su il manifesto di giovedì un collega economista vicino alla sinistra mi ha inviato le sue reazioni da cui è nata una conversazione via e mail che gentilmente ha acconsentito di pubblicare qui sul blog. Gli ho lasciato l'ultima parola, e non aggiungo ulteriori commenti, poiché credo che i lettori abbiano elementi a sufficienza per farsi una opinione propria. L'interlocutore, per scelta, ha lasciato un indizio finale sulla sua identità. Forse ci sarà comunque un seguito più pubblico su il manifesto. La revisione dei testi è stata minima.




Interlocutore
Devo dire che non sono d'accordo con le conclusioni dell'articolo di Sergio uscito stamane (8 agosto) sul Manifesto, e a dire il vero neppure con la premessa iniziale, ma tra il capo e la coda vi
sono argomenti condivisibili ed anche argomentazioni mancanti, ....
Ma non è questo il punto ora, spero di avere modo di discuterne poi.
Volevo però suggerire questo articoletto di Carlo Clericetti, “Draghi straparla, i governi stanno zitti”. Carlo è un giornalista molto saggio che scrive cose argute: le sue conclusioni non le sposo, ma sono in linea in parte con quelle di Sergio, quindi segnalo il pezzo qui.

Cesaratto
vorrei chiarire che io non condivido lo slogan "usciamo dall'euro" (per cui il titolo del manifesto era fuorviante), ma (a) penso che fuori dall'euro si starebbe assai meglio e (b) penso possibile una
situazione emergenziale in cui non resti che uscire (a meno di accettare assurde cessioni di sovranità alla Troika in cambio dell'OMT). A quel punto può darsi che l'Europa accetti quest'esito
come l'unico possibile per l'Italia. In verità non ho né certezze né speranze. L'unica cosa a cui non credo - e reputo ingenui, ad essere benevolo, coloro che ci credono - è che l'Europa possa cambiare.

venerdì 8 agosto 2014

Facili Cassandre - un articolo su il manifesto



Il manifesto, dopo qualche esitazione, ha pubblicato questo mio intervento. Mi era stato richiesto come editoriale, ma la redazione dissentiva con i contenuti. Apprezzo comunque assai che l'abbiano pubblicato come opinione. Aggiungo solo che le dichiarazioni di Draghi di ieri (giovedì 7/8) sono sbalorditive: l'Italia dovrebbe cedere praticamente tutta la sua sovranità democratica - quel poco che le è rimasta - all'Europa. Sono terrorizzati di una crisi verticale dell'Italia. Noi ci stiamo suicidando da soli con una clase dirigente imbelle. Ma attenzione. Anche una classe dirigente mediocre se sovrana (vale a dire col controllo della moneta) le cose le fa. Qui hai una classe dirigente accartocciata a parlare di tagli, da un lato, e di fantomatiche riforme dall'altro lato. Ma riforme senza i soldi sopra sono come le nozze coi fichi secchi (come si fa per esempio a riformare lo Stato, la giustizia, le carceri ecc. se non qualifichi e assumi decine di migliaia di giovani in gamba). Allora anche la crisi politica, a ben vedere, deriva dallo svuotamento dei poteri effettivi di questa classe politica che brancola così nel vuoto. Nel titolo del manifesto non mi ci ritrovo completamente (Fuori dall'euro). Io mi limito a cercare di capire come potranno andare le cose. Ma le tenteranno tutte per impedire che il Paese si trovi costretto a uscire. Cioè il commissariamento del Paese. Draghi l'ha detto, probabilmente d'accordo con la Merkel: cara Italia vi terremo dentro costi quel che costi, ma da voi comanderà la Troika (del resto l'OMT si può attivare solo con la cessione della sovranità di bilancio). Ma altro che bagagli di Fiumicino poi!

Fuori dall'euro, fuori dalla recessione (titolo redazionale)
di Sergio Cesaratto
Facili Cassandre, molti economisti eterodossi avevano giudicato troppo ottimistiche le pur modeste previsioni di crescita formulate dal governo Renzi.

venerdì 1 agosto 2014

La Gaza dei fondi avvoltoio




 Il manifesto mi ha chiesto un pezzo sull'Argentina. Eccolo (registrazione richiesta). Forse non sono d'accordo sulla mia stessa conclusione che fa sembrare il debito pubblico italiano a rischio default (ha prevalso il trovare una frase finale a effetto). In verità con differenti politiche europee il debito pubblico italiano sarebbe sostenibile. E fuori dall'euro potrebbe essere ridenominato in lire, cioè nella nostra moneta (per cui non si può fallire per definizione, il che non vuol dire che l'uscita sia una passeggiata). Il problema della ristrutturazione si pone per chi emette titoli del debito in moneta estera. In questo senso, rimanendo nell'euro con queste politiche un problema di ristrutturazione si potrebbe porre anche per noi e qualcuno ne ha parlato. Ma mi sembra via assai complicata.
Argentina: doccia fredda su un paese sovrano
Sergio Cesaratto
La crisi del debito argentino riporta l’orologio della storia indietro di 13 anni. A tutti gli effetti il default di Buenos Aires del 2001 fu l’ultimo di una serie di fallimenti sovrani cominciata al principio degli anni 1980.

sabato 12 luglio 2014

Una economista argentina sui fondi avvoltoio



Argentina, default e fondi avvoltoio

Margarita Olivera*
(guest blogger)

Si parla molto in questi giorni della situazione argentina e del potenziale nuovo default a cui andrebbe incontro dopo la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di confermare la sentenza del 2012 del giudice Thomas Griesa di pagare il 100 per cento a un gruppo di hedge funds speculativi che non sono entrati nelle ristrutturazioni del debito estero del 2005 e del 2010. Nell’opinione della sottoscritta si tratta di una decisione più che altro politica. Cominciamo dall’inizio. 

domenica 29 giugno 2014

Produzione di austerità a mezzo di austerità

Che l'austerità fosse un circolo vizioso l'abbiamo detto dal 2010. Ora è dominio quasi comune. Forse per questo ora scriviamo di meno. Allora eravamo in pochi a denunciarlo. In un ottimo articolo Boitani e Landi riprendono quanto già denunziato in un articolo di Fantacone et al. che i metodi di calcolo europei delle violazioni dei vincoli di bilancio sono tali per cui l'austerità ti allontana dal rispetto dei parametri giustificando la richiesta di ulteriore austerità. Se Renzi o Padoan fossero persone politicamente serie contesterebbero questa roba, rimuovendo i funzionari italiani incapaci di denunciarle. Ma naturalmente la scelta è politica, e ci si deve credere, e avere l'intelligenza per crederci. Padoan l'avrebbe, in astratto, ma si sa, la poltrona è la poltrona (ma forse lo sopravvaluto).
Data la pigrizia a scrivere (ma sto preparando un paper su l'MMT, e assolutamente simpatetico almeno nei riguardi del punto discusso) riporto qui uno scambio di e mail che ho avuto con Lanfranco Turci, Giancarlo Bergamini e l'ottima Antonella Palumbo (UniRoma3), allieva di Garegnani, naturalmente.

lunedì 26 maggio 2014

C'è trucco e c'è inganno: Civil Servant sulla rivalutazione del PIL



 Pubblichiamo articolo uscito su Micromega on line con titolone di testa (almeno sino a quando non verrà sostituito dai commenti elettorali) per il quale abbiamo fatto da tramite fra autore, ben informato, e redazione. Aggiungiamo solo che anche l'aggiunta delle spese per ReS agli investimenti lordi (sinora queste spese erano classificate fra i consumi) è sciocchezza in quanto gli investimenti creano o preservano capacità produttiva, le spese per ReS di per sé no. E' un altro modo per inquinare i dati, in questo caso accrescendo artificialmente il tasso di accumulazione del capitale fisico. Saranno felici i neo-Schumpeteriani e bla bla di varia risma.

Più Pil per tutti
di Civil Servant

L’Eurostat ha rivisto i criteri per il calcolo del Pil. Da quest’anno saranno inclusi nel reddito nazionale anche le spese private per la ricerca e lo sviluppo ed i proventi di molte attività criminali. Secondo le stime più prudenti, il Pil dovrebbe aumentare statisticamente dell’1-2%, ma altre valutazioni fanno pensare ad un incremento dell’ordine del 10%. Al di là dei problemi etici, questa innovazione metodologica avrà conseguenze rilevanti. Per prima cosa, la rivalutazione farà diminuire artificialmente il rapporto debito-Pil, ad ulteriore riprova della insensatezza di questo ed altri parametri europei. Ma la cosa più inquietante è che da oggi tutti i governi avranno un motivo in più per non perseguire il lavoro nero e l’economia criminale, perché producono reddito e occupazione come qualsiasi altra attività. Anzi, un po’ di delinquenti in più faranno diminuire il tasso di disoccupazione e faciliteranno il rispetto dei famigerati criteri di Maastricht.

Alla fine l’Eurostat, l’ufficio statistico della Commissione Europea, ha dovuto dare ragione a Cetto La Qualunque, il geniale personaggio del politico cialtrone interpretato da Antonio Albanese, secondo il quale la prosperità economica si basa sulle attività irregolari o palesemente criminali.

sabato 17 maggio 2014

Una critica a La Voce (versione corretta)


Come si usa dire, riceviamo e volentieri pubblichiamo un intervento di un nostro dottorando di Siena (un prima versione da me postata mancava delle ultime righe, mi scuso con Daniele)

La monetizzazione del debito e lo spettro dell’inflazione
di Daniele Girardi


Su Lavoce, due economisti italiani affermano1 che “il problema dell’Italia è l’elevato livello di debito pubblico” e sostengono che se anche la BCE accettasse di effettuare operazioni straordinarie per ridurre l’onere del debito, queste misure avrebbero impatti pesanti per l’economia reale. In particolare produrrebbero un elevato tasso di inflazione, devastante per il potere d’acquisto dei lavoratori. Per cui non c’è nulla da fare: dobbiamo “stringere la cinghia”. L’articolo si iscrive quindi nel ricco filone “l’austerità sarà anche brutta, ma non ci sono alternative”, il più frequentato dai sostenitori dei tagli al bilancio pubblico da quando il filone “l’austerità favorisce la crescita” è stato abbandonato per perdita di credibilità.

Le operazioni straordinarie di cui stiamo parlando consisterebbero, in sintesi, nello stampare2 moneta e utilizzarla per acquistare titoli di Stato, in modo da ridurre gli interessi sul debito. Un operazione anche nota come “quantitative easing”3. In pratica, ci spiegano Lippi e Schivardi, questo significherebbe immettere nel sistema economico una quantità di nuova moneta pari all’ammontare dei titoli acquistati. “Ci sono pochi dubbi - continuano i nostri - che l’enorme aumento della massa monetaria condurrebbe a un proporzionale aumento dei prezzi”. “Monetizzare” una quantità significativa del nostro debito pubblico provocherebbe “tassi di inflazione a due cifre per un decennio”, con gravi conseguenze per “tutti i percettori di redditi fissi”, cioè per tutti i lavoratori dipendenti e i pensionati. Insomma una catastrofe.

Mi scusino i due professori ma io qualche dubbio ce l’ho. Temo infatti che nel loro ragionamento ci sia un errore basilare, evidente persino ad uno studentello imberbe come me. Se un economia è lontana dalla piena occupazione non c’è alcun motivo per cui uno stimolo monetario (cioè un aumento della quantità di moneta a disposizione di cittadini, banche e imprese) dovrebbe generare “un proporzionale aumento dei prezzi”. In effetti, la Banca Centrale degli Stati Uniti sta “monetizzando” il debito da quattro anni e a grandi ritmi ma l’inflazione USA è rimasta molto bassa.

Immaginiamo un’economia in cui tutti i fattori di produzione sono pienamente utilizzati: non è possibile aumentare la produzione. Se aumenta la quantità di moneta detenuta dai cittadini, aumenterà la loro domanda di beni e servizi. Non potendo aumentare la produzione, l’aumento di domanda genererà automaticamente un proporzionale aumento dei prezzi. Ecco l’alta inflazione contro cui ci mettono in guardia Lippi e Schivardi. Ma in un economia in cui ci sono lavoratori disoccupati e impianti che non lavorano a pieno regime, un aumento della domanda genera un aumento della produzione, più che dei prezzi. Ora, è chiaro a tutti che l’Italia è un economia lontanissima dalla piena occupazione.

Nelle attuali condizioni, in Italia la “monetizzazione” del debito genererebbe tutt’al più un moderato aumento dell’inflazione. E dato che siamo in deflazione, questa sarebbe una buona notizia, non certo la catastrofe paventata da Lippi e Schivardi. Lo stimolo monetario potrebbe semmai contribuire a ridurre la disoccupazione. Inoltre il quantitative easing indebolirebbe il tasso di cambio dell’Euro, attualmente troppo alto secondo molti osservatori, dando una boccata d’aria alle nostre imprese esportatrici.

Forse alcuni economisti sono così abituati a lavorare sui modelli cosiddetti “neoclassici”, in cui solitamente si assume che l’economia sia perennemente in piena occupazione, da dimenticare che nel nostro paese i fattori produttivi sono sottoccupati. Fatto sta che “monetizzare” il debito dei paesi periferici avrebbe semmai ricadute positive sull’economia europea (la cui portata non va però sopravvalutata, sopratutto in assenza di una politica fiscale espansiva). Agitare lo spettro di un’inflazione a due cifre, nell’attuale fase di deflazione cronica, suona francamente grottesco. Il vero problema è che nell’Eurozona non sussistono le condizioni politiche per effettuare la monetizzazione del debito. E questo è uno dei motivi per cui la permanenza nell’Eurozona si sta rivelando insostenibile per i paesi del Sud Europa. 

1 L’articolo è questo: http://www.lavoce.info/conseguenze-ripudio-debito/
2 Ovviamente nel 2014 la creazione di moneta non richiede la stampa di nuove banconote, ma semplicemente di accreditare le somme sui conti in banca dei beneficiari.
3 Per saperne di più sulle varie tipologie di quantitative easing che la BCE potrebbe mettere in campo e i loro probabli effetti, si veda esempio l’articolo di Bergamini e Cesaratto su Economia e Politica: http://www.economiaepolitica.it/index.php/europa-e-mondo/cose-il-quantitative-easing-e-che-effetti-puo-avere/#.U3ZMFfmSxyw

mercoledì 7 maggio 2014

Un obiettivo ragionevole



 Articolo su l'Unità con Turci che riprende quello di qualche giorno fa su E&P.

Riprendere la crescita stabilizzando il debito
Sergio Cesaratto e Lanfranco Turci
Nel recente DEF si ammette che la crescita italiana sarà assai debole nel 2014, peccando probabilmente di qualche ottimismo. Le previsioni per gli anni successivi sono più rassicuranti (dall’1,3% del 2015 all’1,9% del 2018), ma la giustificazione economica dell’ottimismo è ridotta a una paginetta in cui non si dimostra da dove tale ripresa dovrebbe provenire – a parte il generico richiamo a una generale ripresa dell’economia globale. Né grandi rassicurazioni provengono dagli effetti delle “riforme strutturali” illustrati nell’allegato Piano Nazionale di Riforme che ipotizza effetti cumulativi sul Pil in aggiunta allo “scenario base” che vanno dal +0,8% nel 2015 sino al +2,4% nel 2018.

giovedì 1 maggio 2014

Il mantra del riformismo competitivo - per un vero riformismo



 Pubblichiamo mio pezzo su il manifesto. Per la rifondazione di un vero riformismo. Una versione più ampia e aggiornata del saggio di Zenezini è disponibile qui.

Le riforme a senso unico dal lavoratore al consumatore


Sergio Cesaratto
Un mantra con cui politici ed economisti si sciacquano continuamente la bocca è quello delle riforme, quelle che “famiglie e imprese ci chiedono” e che “ci faranno crescere”, come veniamo ammoniti ogni sera da esponenti di destra come di sinistra, ora capeggiati da Renzi. A tal proposito Maurizio Zenezini dell’Università di Trieste - un valoroso economista vicino alla tradizione della gloriosa Facoltà di Economia di Modena nata sull’intreccio di Sraffa-Keynes e lotte operaie - ha curato un prezioso numero di Economia e società regionale (13/2 2013), una rivista legata all’IRES-CGIL veneta, dedicato a “Le riforme e l’illusione della crescita”.

mercoledì 30 aprile 2014

Intervista su Forex


Pubblichiamo intervista su Forex. Buona lettura e buon 1° Maggio.


Buon giorno,
in questi giorni è sulla bocca di tutti il bonus da 80 euro voluto dal Governo Renzi, ormai in fase di attuazione grazie alle linee guida pubblicate oggi dall’Agenzia delle Entrate. Uno specchietto per le allodole, in vista delle elezioni europee o una misura di politica economica realmente utile per far ripartire i consumi.

80 euro in più al mese sono una cosa importante per milioni di famiglie e quindi, di per sé, la misura è giusta e utile a far ripartire i consumi. Il problema è che a fronte di essa si operano tagli della spesa pubblica inclusi sanità ed enti locali. Sicché i cittadini si vedranno togliere con una mano ciò che vien dato loro con l’altra. Certo, pochi maledetti e subito, ma vedremo peggiorare trasporti pubblici e file d’attesa per le cure mediche. Ricordiamo che nonostante gli sprechi lo Stato italiano è da più di vent’anni assai parsimonioso, vale a dire spende meno di quanto incassa. E’ infatti la spesa per interessi sul debito a portarlo in deficit. E il debito non fu frutto dell’eccesso di spesa ma della tolleranza dell’evasione fiscale e dagli alti tassi di interesse che pagammo negli anni 1980 per stare nel sistema monetario europeo (il padre dell’euro). Combattere gli sprechi non è comunque facile e le spending review non sono altro che tagli lineari mascherati. Gli sprechi si combattono con un ceto politico che si occupa quotidianamente e meticolosamente della macchina pubblica invece di chiacchierare su inutili riforme.

lunedì 28 aprile 2014

Stabilizzare debito su Pil: un'àncora ragionevole alla politica economica di medio periodo



 Pubblichiamo intervento uscito su Economia e Politica. Ci sono inoltre alcuni video che segnalo. Questo intervento a Parma mi sembra abbastanza riuscito. Ci sono poi delle risposte a Wray sull'MMT, ma i video non hanno qualità eccelsa (qui il primo quesito, poi youtube vi segnala gli altri cinque).

Ritornare a crescere stabilizzando il debito
Sergio Cesaratto
Nonostante l’esperienza di 6 anni di crisi e le molte false promesse da parte dei governi che si sono succeduti non sembra vi sia ancora piena consapevolezza nel dibattito politico della gravità della situazione e della inadeguatezza delle politiche economiche proposte in piena continuità con le passate e fallimentari ricette. Questo anche nella sinistra che da anni è puntello, per forza o per amore, di queste politiche.

giovedì 3 aprile 2014

Take it easing. Cos’è il Quantitative Easing e che effetti può avere




Pubblichiamo intervento con Bergamini su Economia e politica. La postilla è importante, ma è maturata un momento dopo la pubblicazione su E&P, e lì appare come commento. Con l'occasione ricordo anche la seguente iniziativa
Sabato 5 aprile alle ore 15.30, presso la Sala Civica "Pablo" di Via Marchesi 35 a Parma, si terrà il dibattito "Per un pugno di euro. Analisi, critiche, alternative al sistema Europa", organizzato da Comissione Audit, Insurgent City, Liberacittadinanza e Ross@-Parma. Parteciperanno Sergio Cesaratto (Docente di Politica Economica, Università di Siena), Riccardo Bellofiore (Docente di Economia Politica, Università di Bergamo) e Luciano Barra Caracciolo (giurista, autore di "Euro e (o) democrazia costituzionale").
Buona lettura

Cos’è il Quantitative Easing e che effetti può avere

Giancarlo Bergamini*
Sergio Cesaratto**
La settimana scorsa, alcune dichiarazioni possibiliste di Jens Weidmann, governatore della Bundesbank e membro del consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) con fama di falco, hanno alimentato fra gli operatori dei mercati finanziari l'aspettativa di imminenti misure di stimolo volte a scongiurare i rischi di cali generalizzati dei prezzi e dei redditi (la temuta deflazione). In particolare ci si attende che la BCE ponga in essere operazioni note come Quantitative Easing (QE per brevità) consistenti nell'acquisto massiccio di titoli con denaro di nuova emissione.

venerdì 28 marzo 2014

La critica dell'economia politica, ieri, oggi e domani

 Pubblichiamo un nostro intervento (in italiano, solo l'abstract è in inglese) sulla rivista di filosofia Kainos che ringraziamo per l'invito.
Informativa: martedì 1 Aprile l'associazione studentesca LINK ha organizzato un dibattito sulle tematiche europee nell'aula Franco Romani di Economia a Siena alle ore 16. Invitati Massimo D'Antoni, Eladio Febrero (noto economista post-keynesiano spagnolo) e il sottoscritto.

La critica dell’economia politica, ieri e oggi

Abstract
The paper examines the Sraffian contribution to critical political economy. Piero Sraffa (1898-1983), an opponent of the fascist regime, left Italy in 1927. In Cambridge he belonged to Keynes's inner circle and became a close acquaintance of Wittgenstein. He regularly visited Antonio Gramsci in jail. In 1961 the Swedish Academy of Science awarded him the gold medal for Economics, an honor he shared with Keynes and Myrdal only. His contribution was twofold. He recovered the Classical economists' surplus approach "submerged and forgotten" after the marginalist revolution of the late XIXth century. In addition he challenged the dominant marginalist (neoclassical) theory in one core aspect, capital theory. Sraffa's criticism was analytical and not ideological and, therefore, quite dangerous for the received view. Leading mainstream economists, mainly from the MIT, reacted to the criticism in the so-called "controversy between the two Cambridge" during the 1960s. The leader of the neoclassical camp, the Nobel laureate Paul Samuelson, had to admit defeat. Nonetheless mainstream economics survived intact and the controversy is today largely ignored. However, the result of the controversy gave self-confidence to the opponents of mainstream theory and heterodox schools flourished in the 1970s until the early 1980s also in connection with social movements. Today heterodox theory is relatively emarginated in the academy while mainstream economics has surprisingly been untouched by the financial crisis. The light of critical economic theory is, however, still kept alive by numerous economists around the world.


1. A mo’ di premessa: la parabola dell’economia critica
Nel lontano 1973 due valorosi economisti sraffiani aprivano un (allora) influente articolo su marxismo ed economia con la seguente ottimistica affermazione: «[c]rediamo non si possa mettere in dubbio che la teoria economica, che ha dominato praticamente incontrastata per quasi un secolo, attraversa oggi una crisi profonda»1. Purtroppo questa veniva sostenuto proprio nel mentre nelle università degli Stati Uniti si consolidava la contro-rivoluzione monetarista che avrebbe rapidamente spazzato via quella keynesiana dei primi due decenni del secondo dopoguerra, preparando culturalmente l’avvento alla fine del decennio di Reagan e Thatcher. Naturalmente il clima in Italia era ancora ben diverso. Attraverso la fondazione della Facoltà di economia di Modena e l’esperienza delle 150 ore, la critica dell’economia politica, profondamente influenzata dall’opera di Sraffa, si fondeva, per esempio, con le esperienze operaie e sindacali più avanzate2. Di lì a pochissimo le cose sarebbero evolute in direzioni ben diverse anche in Italia.

domenica 23 marzo 2014

Cesaratto and the MMT (in Italian and English)

Pubblico due video. Il primo è un dibattito fra Warren Mosler e me tenuto a Siena lo scorso 14 marzo. Il successivo è un video-intervista a Randall Wray (con sottotioli in italiano), parte di una serie di 6 video. Queso riprende le mie critiche all'MMT circa il vincolo estero (gli intervistatori esplicitamente richiamavano le mie critiche). Segue un mio commento in italiano e in inglese (lo riprendo da Face book e quindi è nello stile frettoloso di FB). A giorni sarà registrata una mia intervista di risposta a Wray.
Two videos: a debate held in Siena 14 March between Warren Mosler and me (he speaks in English I speak in Italian): then an interview to Wray (with Italian subtitles). Below you will find some quick reactions to him (in Italian and English) on Randy's interpretation of the Eurozone crisis. A video-reply will be recorded soon.

sabato 8 marzo 2014

Fassina: un passo avanti e due indietro



Pubblico una breve e sgrammaticata cronaca dell'incontro alla Camera dei deputati, il sonoro è qui. Segue una traccia del mio intervento (letto solo in parte). Infine una postilla su ciò che penso.
Cronaca dell’evento

Il mio intervento ha un audio pessimo, colpa mia che ho parlato con troppa veemenza e vicino al microfono. Non è molto importante. Un commento più serio riguarda gli interventi finali. Mentre D'Antoni è stato più problematico Guerrieri è stato di nuovo totalmente arroccato nella difesa non solo dell'Europa (passi) ma dell'euro. Fino a che mi si dice che una rottura sarebbe complicata e rischiosa sono d'accordo, ma una difesa sperticata dell'euro con argomenti triti (cosa farebbero 17 piccoli paesi con la Cina lupo cattivo... come se non si potesse ricostituire una forma di unità europea senza euro con cambi fissi ma aggiustabili ecc.) Fassina che ci aveva promesso il piano B ha anche parlato di una rottura dell'euro come sconfitta storica, che se si rompe si sfascia tutto, il baricentro del mondo si è spostato, insomma il trito e ritrito.

giovedì 6 marzo 2014

Europa, ya basta!

Articolo su il manifesto. Il passo finale "La sinistra deve stare attenta a non fornire alibi al prolungamento dell’agonia coltivando l’illusione di soluzioni che non sono in vista" è un successo in un  numero del giornale in cui si danno messaggi ben diversi.


La Commissione "squilibrata"
Sergio Cesaratto
Con un accanimento degno di miglior causa la Commissione europea ha ieri collocato l’Italia fra cattivi della classe, anzi fra i pessimi, alla luce dei parametri della “Procedura per gli squilibri macroeconomici.” Quest’ultima è parte del “semestre europeo”, un bizantino insieme di regole di sorveglianza su bilanci e dati macroeconomici con tanto di sanzioni per chi non vi ponga rimedio. Secondo la Commissione 14 Stati membri presentano squilibri, ma questi sono considerati “eccessivi” solo per tre fra cui il nostro (gli altri due sono Croazia e Slovenia). Nella lista dei cattivi compaiono anche Germania e Francia.

mercoledì 5 marzo 2014

Perché l'Italia cresce meno (degli altri)?



Un articolo con Turci su il manifesto
Primi in rigore, ultimi in crescita
Sergio Cesaratto e Lanfranco Turci
Alcuni giorni fa il Financial Times illustrava una memoria in cui Germania e Finlandia imputavano alla Commissione europea di aver concesso margini di flessibilità di bilancio a Francia e Spagna, allarmate che ora li possa domandare anche l’Italia. Il lettore smaliziato si domanderà a questo punto: ma non sarà che la migliore performance economica dei cugini latini rispetto al nostro paese abbia a che fare con il loro comportamento più disinvolto a fronte del nostro rispetto alla lettera dei vincoli europei? E’ così.

giovedì 27 febbraio 2014

Padoan fra Amendola e Keynes

Pubblichiamo editoriale uscito sul il manifesto (qui sul blog con un paio di piccole modifiche). Grazie a Joseph Halevi per la segnalazione del pezzo di Padoan su Critica marxista e a Lanfranco Turci per aver scovato la successiva discussione con De Vivo, e ambedue per avermi inviato i materiali.

Il ministro Padoan oltre Keynes. Nel ’75

Sergio Cesaratto,

Da Critica marxista a Renzi. Il dibattito nel Pci, oltre la regolazione del conflitto di classe e la prospettiva socialdemocratica, per un superamento del capitalismo


Il nuovo ministro dell’Economia Piercarlo Padoan era ben presente nel dibattito economico della sinistra dei caldi anni ’70. In particolare nel 1975 Critica marxista pubblicò una sua relazione dal titolo assai impegnativo “Il fallimento del pensiero keynesiano” che riassumeva il lavoro di un gruppo di giovani economisti costituito presso l’Istituto Gramsci sul tema “Limiti del dirigismo e fondamenti teorici della politica delle riforme”. Anche il manifesto aveva dedicato grande attenzione a questo tema negli anni precedenti col dibattito su “Spazio e ruolo del riformismo” pubblicato come volume nel 1973. Un numero successivo di Critica Marxista ospitò una nota critica di Giancarlo De Vivo, un acuto economista della scuola di Sraffa e Garegnani, e la replica dello stesso Padoan.

mercoledì 19 febbraio 2014

Screpanti analizza le proposte di ATTAC



 Pubblichiamo una lunga recensione di Ernesto Screpanti a un volume programmatico di ATTAC rappresentativo di molti modi di pensare diffusi nella sinistra. Molte delle osservazioni di Ernesto ci appaiono puntuali e opportune.


COMBATTERE LA CRISI: LA PROPOSTA DI ATTAC?
Ernesto Screpanti

È in libreria per le Edizioni Alegre un’opera collettanea dal titolo ambizioso: “Come si esce dalla crisi”. Senza punto interrogativo. Dunque vuole essere una risposta alla domanda che tutti ci poniamo: Come si esce dalla crisi? Però, forse turbati dall’eccesso di ambizione, gli autori ridimensionano subito le aspettative nel sottotitolo: “Per una nuova finanza pubblica e sociale”. In realtà né il titolo né il sottotitolo sono del tutto veritieri: Il primo promette troppo il secondo troppo poco.
In questo articolo non voglio fare una semplice recensione. Piuttosto proverò a sviluppare una riflessione su alcune problematiche sollevate dal libro e dare qualche suggerimento. E comincerò con l’enucleare le proposte di riforma, rielaborandole nella veste di un programma politico. Non credo di andare lontano dalla realtà se dico che questo libro presenta una bozza di programma di un’area di movimento che gravita intorno ad ATTAC. Tuttavia non sarebbe corretto considerarlo come il programma di ATTAC, non solo perché quest’associazione non è un partito politico, ma anche perché solo alcuni degli autori del libro vi appartengono. Ciononostante, perpetrando una sineddoche che mi sembra più chiarificante che deformante, mi riferirò alla bozza di programma come se fosse ispirata alla visione politica dei compagni attacchini.

sabato 8 febbraio 2014

Criminalità europea




Normalmente chi compie un assassinio, per giunta firmandolo, viene condannato e chi non fa nulla per impedirlo viene considerato correo. La rubrica Real Time Bruxelles del Wall Street Journal (31/1/14) ha pubblicato alcune minute delle discussioni che si svolsero nel maggio 2010 al Fondo Monetario Internazionale prima del pacchetto di prestiti accordato alla Grecia dal FMI (€30 miliardi) e dall’Europa (€80 miliardi). I verbali contengono avvertimenti molto chiari circa la sciaguratezza del programma da parte di grandi paesi emergenti come Brasile, India, Russia, Argentina e Iran, ma anche da Svizzera, Canada e Australia.

lunedì 27 gennaio 2014

Più mordente per la lista Tsipras



Pubblichiamo un pezzo uscito su il manifesto di sabato 25 gennaio.
Con l'occasione vorrei ricordare Federica Roà, una cara amica che aveva collaborato all'e book Oltre l'austerità, che è mancata dopo una severa malattia. Federica si occupava di consulenza alle imprese. Proprio per questa sua esperienza aveva lavorato in anni recenti con Pierangelo Garegnani sul problemi dell'organizzazione del lavoro nel socialismo: come fare a conciliare la natura alienante di molte attività lavorative con la necessità che esse vengano svolte con il necessario impegno pur rinunciando alla frusta della minaccia della disoccupazione. Federica, ci mancherà il tuo entusiasmo.

Più mordente per la lista con Alexis Tsipras
Sergio Cesaratto
Non vi è dubbio che la situazione del nostro paese sia di una gravità eccezionale. Le più ottimistiche previsioni per il 2014 stimano una sostanziale stagnazione in un futuro che vede intere generazioni di giovani disoccupate e l’impoverimento complessivo del paese. La netta presa di posizione di Hollande a favore di politiche dell’offerta ha zittito chi coltivava illusioni sul cosiddetto socialismo europeo. La prepotenza tedesca nel far prevalere i propri (presunti) interessi appare non aver più ostacoli. Lo slogan dell’uscita dall’euro, ammesso che possa far presa, è tuttavia visto con comprensibile inquietudine, politica ed economica. E anche con indignazione, non perché l’euro sia una creatura difendibile, ma perché l’Europa potrebbe almeno tentare altre strade pur mantenendo il mostro in vita. Per come si prefigura, la lista Tsipras sceglie di sostenere quest’ultima battaglia. La ragionevolezza è tuttavia, come tutti sanno, un’arma a doppio taglio.

mercoledì 8 gennaio 2014

Fassina di lotta o di governo?




Articolo con Lanfranco Turci su il manifesto. Un po' buonista, lo riconosco.. Se dovessi riassumerlo: Fassina è diviso, da un lato, fra la difesa di un governo impresentabile per cui chiede a Renzi di rendersi correo dello scempio del paese, ma così l'ex vice-ministro è costretto a difendere il governo; dall'altro egli afferma, giustamente, che i problemi sono in Europa e parla di un fantomatico Piano B di cui non dà dettagli. La sua credibilità a sinistra dipenderà da una sollecita iniziativa nella seconda direzione.

Fassina-Renzi: uno scontro poco chiaro sulla politica della ue (titolo redazionale)
di Sergio Cesaratto e Lanfranco Turci
Le dimissioni di Fassina non possono non aver suscitato interrogativi sia per il modo in cui si sono svolte che per la mancata chiara articolazione delle proprie istanze da parte dell’esponente PD. Nei giorni precedenti il vice-ministro aveva inviato un duplice messaggio.

martedì 7 gennaio 2014

Fra Marx e List: sinistra, nazione e solidarietà internazionale

Nello spirito che il meglio sia nemico del bene, pubblichiamo un breve saggio preparato per l'incontro di Chianciano «OLTRE L'EURO. La sinistra, la crisi, l'alternativa». Il tema è assai delicato. Che si cominci a discutere. Commenti ben accetti. Mi scuso se alcune citazioni sono in inglese. Se qualcuno è disponibile a tradurle  è benvenuto (per alcune di Marx si può trovare la traduzione sulla rete). All'appendice assegno un valore di mera memoria dell'esistenza di un qualche dibattito anche nell'economia dominante.
(Mi scuso anche che la formattazione da  word a blogspot in parte salta per cui risultano più caratteri).



Fra Marx e List: sinistra, nazione e solidarietà internazionale
Sergio Cesaratto*

Proletari di tutti i paesi, unitevi! (K.Marx, F.Engels 1948)
…fra l’individuo e l’umanità si colloca la nazione (F.List 1972: 193)


Abstract. In questo breve saggio esaminiamo l’importanza attribuita da Friedrich List allo Stato nazionale nell’emancipazione economica di un paese a fronte della visione cosmopolita del   capitalismo e degli interessi dei lavoratori che Marx gli contrappone. Rifacendoci a uno spunto di Massimo Pivetti sosteniamo che lo Stato nazionale sia lo spazio più prossimo in cui una classe lavoratrice nazionale può legittimamente sperare di modificare a proprio vantaggio i rapporti di forza. Nell'aver sostenuto lo svuotamento della sovranità nazionale in nome di un europeismo tanto ingenuo quanto superficiale, la sinistra ha contribuito a far mancare a sé stessa e ai propri ceti di riferimento il terreno su cui espletare efficacemente l’azione politica contribuendo in tal modo allo sbandamento democratico del paese.