giovedì 29 novembre 2018

La verità sull'Europa

Intervista al quotidiano La verità, 28 novembre 2018 (ripresa da Dagospia)

Sergio Cesaratto, economista critico italiano, tra i più noti a livello internazionale, è professore ordinario di politica monetaria e fiscale dell'Unione economica e monetaria europea, economia della crescita e post-keynesian economics all'università di Siena.
Il suo ultimo saggio è intitolato “Chi non rispetta le regole? Italia e Germania, le doppie morali dell' euro”.

Professor Cesaratto, secondo lei chi è che non rispetta le regole europee?
«L' idea del libro è che quello che non ha funzionato in Europa non è certo colpa dell'Italia. L'Italia ha messo in campo una operazione di risanamento fiscale già dagli anni Novanta, prima dell'euro. Risanamento pagato molto caro: è calata la domanda interna, la produttività non è cresciuta, è stagnata se non diminuita. L'Italia ha fatto uno sforzo enorme, pagato con tagli alla spesa pubblica e effetti negativi sulla domanda interna.

La Germania invece con l'euro ci ha guadagnato, ha perseguito una sua vecchia politica di tenere l'inflazione più bassa degli altri. Con sistemi di cambi fissi come l'euro, gli altri Paesi hanno rinunciato alla possibilità di svalutare, di guadagnare competitività. La Germania ha guadagnato con la crisi del 2008: l'euro si è indebolito e ha rafforzato le esportazioni tedesche»

sabato 17 novembre 2018

E' una questione di interessi

Pubblichiamo la traduzione su Brave New Europe, una rivista online edita a Berlino, del pezzo su Econopoly.

Sergio Cesaratto and Antonio Iero – It’s the interest rate, stupid!


Words of reason, but this is about German led social re-engineering in the EU rather than economics.

Sergio Cesaratto is Professor of Growth and Development Economics and of Monetary and Fiscal Policies in the European Monetary Union, University of Siena

Antonino Iero is Head of the Unipol Research Office. He has published several articles related to economic and financial issues in magazines and online sites.

Cross-posted from Econopoly
Translated and edited by BRAVE NEW EUROPE


In the midst of the controversy of recent weeks, European Commissioner Pierre Moscovici claimed: “A manoeuvre that increases the public debt which is already 132%, whose annual repayment amounts to 65 billion euros, the equivalent of the budget for education, and which means 1,000 euros per Italian, is not good for the people. It is the people who pay and it is the people who repay. They are the most vulnerable”. Moscovici’s recommendation, presented as pure common sense by most opinion leaders, would be to reduce public debt in order to reduce the amount of interest. But manoeuvres to reduce the ratio of public debt-to-GDP are a labour of Sisyphus, since they often depress the denominator rather than the numerator. Interest expenditure is not an “independent variable” or an inescapable fact: interest rates are made by central banks and not by markets, unless they are allowed to operate freely.

martedì 13 novembre 2018

Gli interessi di Econopoly

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Econopoly, il blog de Il Sole-24 Ore ha pubblicato un articolo di Antonino Iero e mio. Uscito sabato sera, il lunedì mattina aveva avuto 20 mila visualizzazioni.
E’ il tasso di interesse, bellezza!
 
Nel pieno della polemica di queste settimane, il commissario europeo Moscovici ha affermato: "Una manovra che aumenta il debito pubblico che è già 132%, il cui rimborso annuale ammonta a 65 miliardi l'equivalente del bilancio per l'istruzione, e che pesa 1.000 euro a italiano, non è bene per il popolo. E' il popolo che paga ed è il popolo che rimborsa. Sono i più vulnerabili" (La Repubblica, 26 ottobre 2018). La ricetta di Moscovici, presentata come puro buon senso dalla maggior parte degli opinionisti, consisterebbe nell’abbattere il debito pubblico per abbattere la mole di interessi. O viceversa? Due cose oltre a tasse e funerale sono certe: le manovre di abbattimento del rapporto fra debito pubblico e PIL sono una fatica di Sisifo, in quanto spesso deprimono il denominatore più che il numeratore. La spesa per interessi non è una “variabile indipendente”, un fattore ineluttabile: i tassi di interesse li fanno le banche centrali e non i mercati, a meno che questi vengano lasciati operare liberamente.