lunedì 28 ottobre 2013

La matassa ingarbugliata dell'unione bancaria europea



Pubblico delle note didattiche per il mio corso di Politica ficale e monetaria dell'Unione Europea dedicate al tema dell'Unione bancaria. Non sono di facile lettura, nel senso che la questione è ingarbugliata e le informazioni spesso non di facile accessibilità. Questo passa il (mio) convento per ora. Se vi arrischiate a leggerele, tenete fermi i tre pilastri illustrati all'inizio, quelli vi fanno da riferimento.
La matassa ingarbugliata della Banking union
Sergio Cesaratto
Dipartimento di Economia Politica e Statistica – Università di Siena
Cesaratto@unisi.it
In June 2012, euro area leaders affirmed, ―it is imperative to break the
vicious circle between banks and sovereigns.… “ (IMF 2013: 20).

Avvertenza: queste sono note didattiche distribuite in quanto forse utili. L’esposizione è del tutto provvisoria ed è stata solo velocemente rivista.
1. Necessità di una unione bancaria
Un post di Daniel Gros (Gros 2013)– un noto economista europeo - spiega bene perché un’unione bancaria (UB) sia un pilastro essenziale di una UM ben funzionante. Un  post di Dolan (2013) spiega bene i meccanismi di una crisi bancaria e le possibile procedure di risoluzione.
Gros confrontava i meccanismi di gestione delle crisi bancarie del Nevada e dell’Irlanda. Ambedue gli stati avevano attraversato prima della grande crisi una bolla edilizia sfociata, appunto, in una crisi bancaria. Nell’un caso, tuttavia, la crisi è stata affrontata a livello federale, nell’altro fondamentalmente a livello nazionale. Nel primo caso lo stato del Nevada è rimasto fondamentalmente fuori della gestione della crisi – se non subendo le conseguenze economiche della fine del boom edilizio, ma questo è un altro discorso – mentre lo stato irlandese ha dovuto farsi carico del salvataggio delle proprie banche entrando a sua volta in crisi (per cui la crisi bancaria si è trasformata in crisi sovrana) e necessitando di una sostegno europeo (di cui tratteremo nel cap. 10), tanto più non disponendo di una BC sovrana dotata, per definizione, di un potere illimitato di finanziare la spesa pubblica. Non potendo godere di un sostegno diretto della BCE, questa è intervenuta a sostegno del debito pubblico irlandese (e degli altri paesi periferici) attraverso un’ampia disponibilità di liquidità a favore delle banche locali (l’operazione LTRO) le quali l’hanno impiegata per sostenere i titoli del debito sovrano nazionale – non per buon cuore, evidentemente, ma perché attirate dalla differenza fra il basso costo della liquidità e gli elevati rendimenti dei titoli. Questo ha creato un circolo vizioso, un abbraccio mortale, fra stati in crisi per aver sostenuto banche fallite, e banche fallite che sostengono stati falliti. Spezzando da principio ogni coinvolgimento dello stato locale nella crisi bancaria, il modello americano evita questa situazione.

domenica 13 ottobre 2013

Imprenditori arrabbiati



La piccola imprenditoria non ce la fa più. A Belluno la Camera di commercio ha organizzato un incontro di imprenditori a cui ha invitato un esponente MMT ed è stato proiettato un mio breve video. A Roma altri piccoli imprenditori di Reimpresa (che ha migliaia di associati) ha cercato di radunare le associazioni che si battono contro l'euro. Questo il mio intervento, forse il più moderato dato il clima, ma temo molto l'isolamento in cui possono cadere queste iniziative. Ma nel momento in cui si parla di tagli di oltre 3 miliardi alla sanità, veramente la misura comincia a essere colma.
Intervento integrale all’incontro di Reimpresa, Roma 13 ottobre 2013
Cari amici,
ieri mi sono letto ben tre documenti politici. Il documento congressuale di SEL, quello di Gianni Cuperlo e il documento economico  (“Documento dei 5 scenari”) predisposto da alcuni militanti qui presenti e indirizzato ai parlamentari M5S (che mi risulta l'abbiano più o meno ignorato). Sui primi due presto detto: il vuoto totale. Infarciti di chiacchiere, e naturalmente SEL è più brava in questo. Nessuna analisi seria e concreta sull'Italia e l'Europa. Un vero documento di un partito della sinistra spenderebbe una sola riga all'inizio per ribadire che la giustizia sociale e piena occupazione nella libertà sono gli assi centrali del partito da perseguire, aggiungerei, con riguardo particolare per il nostro popolo in un ambito di cooperazione internazionale, per poi andare giù pesanti nelle analisi e nelle prospettive di lotta e di governo. Il senso dei due documenti è in una frasetta che Cuperlo scrive all'inizio: Quello che per loro contava nella Terra Promessa non era la Terra, era la Promessa. Esatto, i quei documenti c’è molta Promessa e niente Terra. Le speranze di Vendola insomma, quelle che Bagnai racconta in un aneddoto nel suo libro. Fui io in realtà a narrargli che mi trovai a rimproverare Vendola di non aver toccato il disastro dell’Europa, al che lui che mi rispose che doveva vendere speranze - che definire chiacchiere è più preciso. In queste chiacchiere camuffate per grandi ideali risiede un tremendo bisogno di ritrovare e di riaffermare la propria identità perché al di là di esse non si è nulla, non si esiste. A me questi fanno persino un po' ribrezzo e mi danno un senso si sfiga. E guardate che non sono un anti-PD a priori. Anzi chi dà loro del ladro in Parlamento così facilmente, e su un tema come quello del finanziamento pubblico ai partiti su cui sinceri democratici come me sono d’accordo pur con controlli e limiti, offende milioni di onesti elettori di quel partito.

mercoledì 9 ottobre 2013

Intervista a Ernesto Screpanti

Su gentile proposta del prof. Screpanti pubblichiamo una sua intervista. Buona lettura



Intervista a Ernesto Screpanti sull’imperialismo contemporaneo
di Michele Castaldo

È appena uscito il libro di Ernesto Screpanti L’imperialismo globale e la grande crisi. Lodevolmente, è stato pubblicato in edizione online scaricabile gratis. È un tentativo di spostare avanti, adeguandolo ai tempi, il dibattito sull’imperialismo. La globalizzazione sta realizzando una nuova forma di dominio imperiale nella quale il grande capitale multinazionale, attraverso il mercato, priva di sovranità e di autonomia politica le organizzazioni locali, i sindacati, i partiti e le istituzioni deliberative. La grande crisi del 2007-13 ha fatto esplodere le contraddizioni tra stato e capitale. Nello stesso tempo sta accelerando il processo di affermazione dell’imperialismo globale. Si configura come una crisi di transizione fra il sistema tardo-novecentesco delle relazioni e dei pagamenti internazionali e un nuovo sistema basato sul multilateralismo, su un Super-Sovereign Currency Standard e su una forma del tutto inedita del potere mondiale del capitale. Ho rivolto delle domande a Ernesto Screpanti per chiarire alcune questioni cruciali e per portare alla luce il senso in cui la sua analisi, che si presenta come altamente innovativa pur entro la tradizione marxista, ci permette di capire l’attuale fase dell’accumulazione capitalistica.

domenica 6 ottobre 2013

Economisti critici dell'euro e Michele Salvati su Radio Radicale - Riascolta

E' possibile riascoltare il dibattito sull'euro di ieri 5 ottobre con Bagnai, Brancaccio, Cesaratto, Borgi, Rinaldi e Salvati qui
http://www.radioradicale.it/palinsesto/2013/10/5
Nel palinsesto cliccare su:
Servizio sulla moneta unica a cura di Enrico Tata
Buon ascolto

mercoledì 2 ottobre 2013

I moniti della storia - una risposta a Franco Debenedetti



Pubblichiamo un articolo uscito su IL FOGLIO - una risposta a Franco Debenedetti sollecitata dagli amici che hanno promosso il Monito degli economisti. Con l'occasione, Radio radicale trasmetterà sabato 5 alle 15,30 quattro interviste a Michele Salvati, Alberto Bagnai, Emiliano Brancaccio e al sottoscritto sul tema dell'euro.
Risposta ai merkeliani e agli economisti che sposano la linea moralista (titolo redazionale)
Sergio Cesaratto
Siamo d’accordo con quanto afferma Franco Debenedetti (Il Foglio 27/09/13) nel suo commento al “Monito degli economisti” (Financial Times 23/9/13) che le vicende e leggi economiche non si ripresentano meccanicamente nella storia, la quale risulta da un intreccio complesso fra economia e scelte politiche. Si riafferma una banalità nel sostenere che, tuttavia, l’evocazione attenta degli eventi storici è fondamentale per avere una guida alle scelte correnti. E Debenedetti converrà con noi che le scelte politiche non possano svolgersi senza riguardo ad alcuni principi economici di fondo. Lo ammettiamo persino noi che non condividiamo la visione rigida dell’economia propria dell’impostazione neoclassica dominante e la vediamo invece come terreno entro cui ampia è la gamma di scelte politiche possibili, fra le quali prevarranno quelle sostenute dagli interessi più forti di gruppi sociali o di Stati.