sabato 27 agosto 2011

Manovra inutile in un'Europa allo sbando

l'Unità di sabato 27 agosto ha pubblicato il pezzo, sotto allegato, di Lanfranco Turci e mio col titolo, fuorviante, "L'austerity non basta" (laddove il senso del pezzo è "L'austerity non serve").
Nel vedere lo sbando dell'Europa e del governo tedesco in particolare - il Presidente Wullf che intima alla BCE di rientrare nei ranghi viene zittito dalla Merkel in una cacofonia di voci - viene in mente l'attualità dell'interpretazione della grande crisi di Charles Kindleberger (1910-2003), il grande economista politico, che l'attribuì all'assenza di leadership economica nel passaggio di testimone fra l'impero britannico e quello americano.
Cosa significa leadership economica?
"il sistema economico e monetario internazionale esige la presenza di una guida, di un paese cioè che sia in preparato, consciamente o meno, sulla base di un sistema di regole che esso abbia reso internazionali, ad approntare un modello di comportamento per gli altri paesi; questo paese dovrà da una parte convincere gli altri ad osservaare le regole, e dall'altra assumersi il peso maggiore del sistema (dovrà cioè  preoccuparsi di sostenerlo nei momenti di depressione, accettando l'offerta eccedente di merci proveniente dal sistema, mantenenedo un flusso di investimenti e scontando gli effetti e i titoli)" (1973, p.15)
Kindleberger è magnanimo con i politici dell'epoca per la loro ignoranza, sebbene avvisi sul che fare provenissero dalle menti più illuminate dell'epoca (e non solo da Keynes): "a tutti i livelli dell'autorità pubblica mancava qualsiasi idea su che cosa fare, e per lo più si rispose al disastro secondo i cliché ortodossi del pareggio del bilancio, del ripristino del sistema monetario aureo" (p.11), de te fabula narratur. Il non dottrinario Roosvelt, secondo Kindleberger, cercò soluzioni sino a trovarne. Ma oggi si sa cosa fare. Allora il giudizio di Hobsbawm su quell'epoca, che Kindleberger giudica forse eccessivamente severo, si attaglia perfettamente a ciò a cui assistiamo ora in Europa: "Non si è mai vista una nave affondare con un capitano e una ciurma più inconsapevoli delle ragioni del disastro, e più impotenti a porvi quanche rimedio" (cit. p. 11). Forse varrebbe la pena approntare le scialuppe.

Kindleberger C.P., La grande depressione nel mondo 1929-1939, introd. di F.Caffé, Etas Libri, Milano 1982 (ed. or. Verlag, Munchen 1973).

L’austerity europea del PD (titolo originale)
Sergio Cesaratto e Lanfranco Turci
(l'Unità 27 agosto 2011)
A noi sembra che l’asse portante della proposta economico-politica del PD in questa fase sia estremamente inadeguato. Fondamentalmente esso si basa sulla condivisione della necessità dei tagli di bilancio, in Italia come nel resto dell’Europa, sebbene dissenta nei contenuti dalla manovra presentata dal governo. Questo asse deriva, a nostro avviso, da una profonda incomprensione da parte dei vertici del PD – non certo soli in questo – della dimensione europea della crisi in corso. Nel pur apprezzabile decalogo delle proposte  presentate dal segretario Bersani che troviamo sul sito ufficiale del partito, la questione europea viene liquidata in cinque righe con un generico richiamo alle proposte dei partiti “progressisti” europei e affermando che “soltanto un governo politico dell’area euro per lo sviluppo sostenibile e la gestione comune dei debiti sovrani … può dare senso alle politiche di austerità”, politiche considerate, dunque, pienamente legittime. Eppure il Progetto economico del PD presentato lo scorso marzo presentava una analisi assai corretta e condivisibile della natura europea della crisi, dovuta ai difetti congeniti dell’Unione monetaria e non certo a politiche di dissennatezza fiscale dei governi della periferia – a parte il caso greco ben sponsorizzato dal governo tedesco. Anche allora criticammo il Progetto per l’inadeguatezza delle proposte europee e per la sostanziale condivisione della logica dei tagli (un approfondimento su questa e altre nostre analisi qui sintetizzate su http://politicaeconomiablog.blogspot.com e http:// www. melogranorosso.eu)
Quello che ci saremmo aspettati, e siamo qui costruttivamente a proporre, è una analisi approfondita delle cause e risposte europee alla crisi e, su questa base, una proposta di azione per il paese, al suo interno e in sede europea. C’è infatti una pressoché unanimità degli osservatori a livello internazionale, e degli stessi mercati finanziari, nel giudicare fallimentari le politiche europee di austerità di fronte alla crisi – con l’eccezione della maggior parte di quelli tedeschi, assolutamente in sintonia con la mancanza di visione della  loro leadership. Gli accordi stipulati lo scorso 21 luglio hanno, per esempio, ribadito la centralità dei fondi europei di sostegno ai paesi indebitati, laddove anche un bambino capirebbe che se le risorse di questi fondi provengono dai medesimi paesi che si deve sostenere siamo in presenza di una partita di giro (ma più precisamente di una presa in giro). Mentre veniva rafforzata la logica dei tagli di bilancio come strumento di riaggiustamento, con quegli accordi la BCE cercava di defilarsi definitivamente dal suo ruolo di sostenitrice di ultima istanza dei debiti sovrani (le banche centrali esistono a questo scopo). Doveva però rientrare frettolosamente in questo ruolo all’inizio di agosto quando gli attacchi al debito sovrano italiano e spagnolo fecero prefigurare il peggio. L’ha fatto poco, e male. Eppure questo poco e male è stata la giustificazione per la richiesta all’Italia della manovra in discussione. Richiesta che non pare accompagnata da garanzie di intervento illimitato da parte della BCE, quale solo sarebbe in grado di fermare l’attacco ai debiti sovrani Questa manovra appare dunque non solo socialmente iniqua, ma anche inutile, perché hai voglia a far manovre se gli spread restano attorno ai  300 punti !
Questo asse di ragionamento ci saremmo aspettati dal segretario del PD.
Questo non significa che in Italia nulla si debba fare, tutt’altro. A nostro avviso l’asse alternativo della proposta economico politica è duplice: (a) una manovra in cui le risorse pubbliche vengano sottratte agli sprechi e all’evasione e destinate alla crescita e all’equità (istruzione, università, reindustrializzazione, lotta alla povertà ecc); con le credenziali di un paese che vuole diventar più serio e crescere, (b) presentarsi in Europa con la necessaria determinazione e con l’argomento convincente che, rebus sic stantibus, l’Unione è destinata a un rapido collasso. E sull’Europa si devono avere le idee chiare. A nostro avviso la proposta delle obbligazioni europee non è sufficiente senza che al contempo non si modifichi lo statuto della BCE volta a farne una vera banca sovrana dei paesi europei – attualmente euro e BCE sono entità straniere per ciascun paese – e sostegno allo sviluppo. Una governance europea va naturalmente sviluppata, ma non come un super-ministero dell’interno volto a impartire rigore e punizioni secondo la proposta Merkel-Sarkozy, ma come un coordinamento delle politiche di bilancio e distributive, in chiave espansiva, volte a superare, e non è facile, gli squilibri europei. O lo si fa o l’Europa muore, in una crisi di leadership sempre più evidente.
A noi sembra insomma che non solo i politici tedeschi ma anche il fronte progressista italiano stenti a riconoscere la dimensione europea prima che nazionale della situazione – confonda il dito con la luna come ci trovammo già a scrivere. L’Europa, la Germania, hanno molto da insegnarci: come combattere l’evasione e fare tecnologia, rigore e legalità dei comportamenti. Questo è benvenuto.  I tagli sono invece non solo iniqui ma, e questo fa rabbia, inutili, anzi dannosi. Per questo riteniamo che la CGIL non debba essere lasciata sola, in un segnale di protesta politica e sociale che va ben oltre la sua stessa rappresentanza.






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