Ringrazio i
compagni organizzatori di tanto (troppo) rilievo alla mia presenza. Penso di
far ruotare il mio intervento attorno a due punti.
1) Viviamo un “Polany moment”. Come
sapete il grande studioso ungherese riteneva l’economia di mercato come una
violazione della vita comunitaria, a cui l’umanità reagisce cercando di porre
delle barriere al suo strapotere, per esempio attraverso le istituzioni dello
stato sociale. Non so quanto la tesi di Polany sia fondata, ma certo la nostra
percezione è che la distruzione in corso delle garanzie “dalla culla alla
tomba” offerte dallo stato sociale sia una violazione di principi basilari di
umanità. Polany è stato evocato proprio a proposito della reazione popolare
alla base del fenomeno Sanders e della Brexit (qui e qui). Unione europea ed euro sono veicoli, armi di questa
distruzione di massa. Persino a “lor signori” è chiaro che quello che viene
chiamato populismo è un ya basta! a questa violazione continua dei diritti più
elementari, lavoro, salute, istruzione (e democrazia costituzionale). Noi siamo
parte di questo movimento di reazione.
2) Quale internazionalismo? Il dibattito
degli scorsi giorni fra Fassina e Varoufakis evidenzia la spaccatura che c’è
fra chi ritiene, come noi, che la riconquista di uno spazio politico di lotta
nazionale sia dirimente, e chi ritiene invece che il terreno di lotta sia lo
spazio politico transnazionale. I secondi sono facilmente appellabili come i
cosmopoliti. Noi evitiamo di darci definizioni che suonerebbero facilmente di
destra. La mia impressione è che la
risposta di Stefano a Varoufakis sia stata efficace nel rintuzzare il tentativo
di identificare la lotta per lo spazio democratico nazionale con il nazionalismo
di destra. Meno efficace mi è sembrata la sua distinzione fra Europa monetaria
cattiva ed Unione Europea buona. Esiste
comunque un terreno di convergenza politica con Varoufakis? Forse sì, visto che
la loro strategia di “violazione dei Trattati” dà per scontato che se fatta sul
serio farebbe saltare il banco europeo. Sul che fare dopo, quello che sostiene
è talmente vago e utopista che forse lascia il tempo che trova. In Italia la
sponda di Varoufakis mi sembra sia quella delle “città ribelli” di De Magistris,
facciamoci politicamente i conti, anche perché ci sono situazioni di movimento
(centri sociali ecc) che nelle città guardano al sindaco di Napoli.
A
quest’ultimo riguardo abbiamo tante altre cose da discutere. Sul da farsi ora:
come collegarsi di più con situazioni di movimento; quali relazioni politiche
per allargare il fronte; quali slogan adottare di fronte all’opinione pubblica
ecc. Sul progetto: quale Europa
politica, economica e monetaria per il dopo? E per ciò che riguarda il nostro
Paese: dove cominciare a mettere le mani?
Su questo e
altro dovremo ragionare. Buon meeting a tutte e tutti.
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