sabato 23 febbraio 2013

La BCE interviene (nella campagna elettorale)



 Pubblichiamo articolo in prima su il manifesto
Messaggio della Bce alla vigilia del voto
Sergio Cesaratto, Manfredi De Leo, Sergio Parrinello
La BCE interviene a gamba tesa nella campagna elettorale italiana, ma questa volta non lo fa con una lettera - sarebbe stato troppo – bensì con una tabella in cui, con mesi di ritardo, comunica lo spaccato dei titoli pubblici che essa ha acquistato negli scorsi tre anni. Quasi la metà sono titoli italiani. Federico Fubini sul Corriere della sera non manca di raccogliere il messaggio che rilancia a coloro che pensano che “l’Italia non avrebbe avuto né avrà bisogno di un aiuto europeo”. Irriconoscenti, anzi, ché “senza quegli interventi, il Paese avrebbe perso l’accesso al mercato prima che il governo Monti avesse avuto modo di mettersi al lavoro”.
Titoli italiani e spagnoli furono, infatti, acquistati nell’agosto 2011, con gli spread impazziti e in contemporanea con la famigerata lettera di Trichet-Draghi al governo italiano, nell’ambito del Securities Markets Programme (SMP) - già inaugurato nel maggio 2010 a soccorso (fallito) di Grecia, Portogallo e Irlanda. Uno studio indica che quegli interventi furono, in effetti, temporaneamente efficaci. Ma, narra Fubini, il governo Berlusconi non esaudì in maniera soddisfacente il diktat, per cui il programma fu interrotto. Non fu però ripreso quando fu insediato il più solerte Mario Monti, nonostante lo scambio promesso agli italiani fosse stato austerità in cambio di un intervento della BCE. In forme diverse esso riprese a dicembre 2011, non più con intervento sul mercato dei titoli di stato, bensì attraverso un’elargizione (LTRO) di un trilione di euro alle banche europee a tassi assai convenienti. Queste sostennero così i titoli pubblici su cui han lucrato tassi assai più favorevoli. Probabilmente questa era all’epoca la sola manovra accettabile per i tedeschi che si erano già opposti all’SMP.
Questa seconda misura è stata così assai meno efficace per cui, complice l’austerità Montiana che peggiorava i conti, gli spread continuarono a crescere sino a che nel luglio 2012 l’euro fu dato per spacciato. Di qui il famoso discorso di Draghi del 26 luglio in cui dichiarò che avrebbe fatto tutto il necessario per salvare la moneta unica, cioè ripristinare l’intervento diretto sui mercati dei titoli, ciò che accadde nel settembre. Questo a una richiesta dei Paesi subordinata, tuttavia, a un memorandum stile troika (FMI, BCE, Commissione Europea). Per questo nessun paese ha aderito. Gli spread sono, tuttavia, diminuiti dai 500 punti dell’estate ai poco meno di 300 attuali.
Quale morale?
Primo, che i titoli che la BCE ha in pancia sono frutto di un intervento della BCE compiuto nel lontano agosto 2011. Che i dati escano ora avvalora che si tratta di una mossa pro-Monti e di un messaggio al prossimo governo che se non seguirà le sue indicazioni, la BCE non interverrà come potrebbe (e dovrebbe). Il pezzo di Fubini lo conferma. Secondo, che se è bastato un più fermo annuncio di Draghi per far calare gli spread, questo dimostra, come gli economisti avveduti sanno, che il sostegno della BCE non si misura a quantità di titoli acquistati, ma in base alla risolutezza della garanzia che si dà di sostenere i titoli sovrani. Ma Draghi – sotto pressione tedesca – ha subordinato l’intervento a un umiliante memorandum, ottenendo dunque un effetto limitato, utile per tenere sotto giogo le popolazioni senza far detonare la situazione. Molti hanno però ora capito che sono le banche centrali, se vogliono, che fanno i tassi di interesse e che la crisi è dunque in gran parte frutto del mancato intervento della BCE e dell’austerità. Sulla base dell’ulteriore, inaccettabile, interferenza della BCE, Monti non può dunque millantare alcun merito per la sua politica del rigore.
(il manifesto, 23 2 2013)

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