Pubblichiamo articolo in prima su il manifesto
Messaggio della Bce alla vigilia del voto
Sergio Cesaratto, Manfredi De Leo, Sergio
Parrinello
La BCE interviene a gamba tesa nella campagna
elettorale italiana, ma questa volta non lo fa con una lettera - sarebbe stato
troppo – bensì con una tabella in cui, con mesi di ritardo, comunica lo
spaccato dei titoli pubblici che essa ha acquistato negli scorsi tre anni. Quasi
la metà sono titoli italiani. Federico Fubini sul Corriere della sera non manca di raccogliere il messaggio che
rilancia a coloro che pensano che “l’Italia non avrebbe avuto né avrà bisogno
di un aiuto europeo”. Irriconoscenti, anzi, ché “senza quegli interventi, il
Paese avrebbe perso l’accesso al mercato prima che il governo Monti avesse
avuto modo di mettersi al lavoro”.
Titoli italiani e spagnoli furono, infatti, acquistati
nell’agosto 2011, con gli spread impazziti e in contemporanea con la famigerata
lettera di Trichet-Draghi al governo italiano, nell’ambito del Securities Markets Programme (SMP) - già
inaugurato nel maggio 2010 a
soccorso (fallito) di Grecia, Portogallo e Irlanda. Uno studio indica che
quegli interventi furono, in effetti, temporaneamente efficaci. Ma, narra
Fubini, il governo Berlusconi non esaudì in maniera soddisfacente il diktat,
per cui il programma fu interrotto. Non fu però ripreso quando fu insediato il
più solerte Mario Monti, nonostante lo scambio promesso agli italiani fosse
stato austerità in cambio di un intervento della BCE. In forme diverse esso
riprese a dicembre 2011, non più con intervento sul mercato dei titoli di
stato, bensì attraverso un’elargizione (LTRO) di un trilione di euro alle
banche europee a tassi assai convenienti. Queste sostennero così i titoli
pubblici su cui han lucrato tassi assai più favorevoli. Probabilmente questa
era all’epoca la sola manovra accettabile per i tedeschi che si erano già
opposti all’SMP.
Questa seconda misura è stata così assai meno
efficace per cui, complice l’austerità Montiana che peggiorava i conti, gli
spread continuarono a crescere sino a che nel luglio 2012 l’euro fu dato per
spacciato. Di qui il famoso discorso di Draghi del 26 luglio in cui dichiarò
che avrebbe fatto tutto il necessario per salvare la moneta unica, cioè
ripristinare l’intervento diretto sui mercati dei titoli, ciò che accadde nel
settembre. Questo a una richiesta dei Paesi subordinata, tuttavia, a un memorandum
stile troika (FMI, BCE, Commissione Europea). Per questo nessun paese ha aderito.
Gli spread sono, tuttavia, diminuiti dai 500 punti dell’estate ai poco meno di
300 attuali.
Quale morale?
Primo, che i titoli che la BCE ha in pancia sono
frutto di un intervento della BCE compiuto nel lontano agosto 2011. Che i dati
escano ora avvalora che si tratta di una mossa pro-Monti e di un messaggio al prossimo
governo che se non seguirà le sue indicazioni, la BCE non interverrà come
potrebbe (e dovrebbe). Il pezzo di Fubini lo conferma. Secondo, che se è
bastato un più fermo annuncio di Draghi per far calare gli spread, questo
dimostra, come gli economisti avveduti sanno, che il sostegno della BCE non si
misura a quantità di titoli acquistati, ma in base alla risolutezza della garanzia
che si dà di sostenere i titoli sovrani. Ma Draghi – sotto pressione tedesca –
ha subordinato l’intervento a un umiliante memorandum, ottenendo dunque un
effetto limitato, utile per tenere sotto giogo le popolazioni senza far
detonare la situazione. Molti hanno però ora capito che sono le banche
centrali, se vogliono, che fanno i tassi di interesse e che la crisi è dunque
in gran parte frutto del mancato intervento della BCE e dell’austerità. Sulla
base dell’ulteriore, inaccettabile, interferenza della BCE, Monti non può
dunque millantare alcun merito per la sua politica del rigore.
(il
manifesto, 23 2 2013)
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