Crisi, il centrosinistra sia più combattivo
Lanfranco Turci
Network per
il socialismo europeo
L’Unità 14 gennaio 2013
Drole de guerre era il
modo in cui i francesi definivano la fase quasi sospesa della seconda guerra
mondiale dopo l’invasione tedesca della Polonia e prima dell’apertura del fronte
francese. Non è in qualche modo drole anche questa campagna elettorale? E
resterà così fino alla fine o ci sarà uno sviluppo più incisivo e più
ravvicinato ai processi sociali reali? Mi riferisco ovviamente alla campagna
elettorale del PD. Questo partito, forte del porcellum che gli assicura alla
Camera una maggioranza schiacciante, anche con risultati elettorali non
strabilianti, tonificato per di più dalle doppie primarie volute da Bersani che,
per quanto espressione di un partito ancora incerto sulla propria identità e sul
proprio modo di essere, si sono dimostrate una scelta intelligente e pagante,
sembra voler gestire tutta la propria campagna elettorale in souplesse. Non c’è
un affondo su Monti e si insiste principalmente sull’esigenza di sconfiggere la
minaccia demagogica e populista del berlusconismo di ritorno. Ma può bastare a
contenere l’effetto Monti l’accusa mossagli di comportamento sleale per non
essere rimasto in panchina come riserva della repubblica ed essersi buttato
nella mischia? Così minacciando di drenare una parte di voti moderati che, in
mancanza di una alternativa adeguata, sarebbero rimasti nell’orbita del centro
sinistra come reazione all’indecente ripresentazione di Berlusconi? E questa
critica non corre inoltre il rischio di essere vanificata dalla contemporanea
offerta di collaborazione allo schieramento centrista per il dopo elezioni?
Temo
che alla base di questa strana contesa con Monti ci sia la ritrosia a misurarsi
con il significato effettivo della sfida che egli ha lanciato al centro
sinistra, di cui è emblematica la ingiunzione di tacitare Fassina, Vendola e la
Cgil. Non possiamo nasconderci che Monti è in campo con la bandiera
dell’austerity europea, delle politiche di deflazione interna e dei compiti da
fare a casa dettati dalla Merkel e dalla Bce. Anche ai fini di mettere picchetti
ben chiari alla necessità di cercare future collaborazioni, più o meno imposte
dagli eventuali numeri del Senato, bisogna portare il confronto sul terreno che
Monti propone. E su questo terreno cercare le alleanze europee dei partiti
socialisti più sensibili e dei paesi più esposti ai costi di queste politiche.
Tanto più dopo che voci fino a ieri impensabili come l’FMI o il presidente
dell’eurogruppo Junker hanno cominciato a mettere in discussione la ortodossia
del Fiscal Compact e delle politiche connesse. Ci si deve augurare che la
campagna elettorale esca presto dal limbo in cui si fatica a cogliere l’oggetto
vero del contendere. La crisi, la recessione,il lavoro e lo stato sociale: su
questo si devono chiamare alla scelta gli elettori, senza farsi intrappolare
univocamente sul terreno sdrucciolevole del fisco e dei fuochi di artificio cui
esso si presta. La crisi , le politiche europee da rimettere in discussione e un
disegno nuovo e coraggioso di sviluppo del paese sono i temi su cui si può
costruire il profilo autonomo e vincente del discorso del centro sinistra e
smontare anche la costruzione, da non sottovalutare, del discorso berlusconiano.
Sarebbe un errore drammatico pensare di evitare una rimonta della destra facendo
perno unicamente sui tratti scomposti del suo ritorno, o sulla impresentabilità
di Berlusconi come uomo di governo e leader internazionale. La stessa accusa di
contiguità con altri movimenti populisti, che in Italia e in altri paesi europei
hanno fatto dell’Euro, della Bce e della Germania i loro obiettivi polemici, non
può essere mossa in nome di un europeismo puramente retorico e volontaristico,
senza la necessaria ridefinizione da parte nostra di un’altra idea di Europa,
alternativa a quella costruita dalle politiche liberiste e classiste delle
destre europee, cui il passato governo Berlusconi ha direttamente contribuito.
Il centro sinistra deve sviluppare un discorso a tutto campo capace di
rispondere distintamente e coerentemente sia a Monti che a Berlusconi, non certo
per fare di tutte le erbe un fascio, ma per marcare il carattere specifico della
sua lettura della crisi e delle risposte necessarie sul piano interno e su
quello internazionale, Più che una lepre che costringe gli altri
all’inseguimento penso che dovremmo immaginarci come una luce laser capace di
leggere e di far leggere le contraddizioni altrui, puntando così a scomporre e
riorganizzare consensi elettorali che non possono essere pensati come già
cristallizzati a questo punto della campagna elettorale. Soprattutto da parte di
chi ritiene di avere una proposta che partendo dalle aree sociali di maggiore
sofferenza aspira comunque a parlare in nome dell’interesse generale del paese e
dell’Europa.
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