domenica 2 dicembre 2012

La malasanità di Monti (un articolo su il manifesto)

Pubblichiamo un articolo uscito il 1 dicembre su il manifesto.
(Nel frattempo sono in Corea [del Sud] per dei seminari. Seoul è una città immensa e moderna, piena di gioventù, una rete metro fantastica. La gente è ben vestita, educata e di una cortesia infinità e sincera (nè troppo formali come i giapponesi, né un po' rudi come i cinesi ... degli italiani, solo molto più educati e silenziosi). Con un vantaggio tecnologico di qualche anno sulla Cina e un mercato immenso e in crescita - cinese e asiatico - la Corea è certamente un paese ancora dalle grandi prospettive. Sorpredende tuttavia vedere sulla metro file di ragazze/i seduti/e tutti [ma proprio tutti] "smanettare" sui loro smart phone e diavolerie varie. Il wifi libero è ovunque. Che tristezza tornare nell'eurodepressione).
La malasanità di Monti
di Sergio Cesaratto
Roberto Pizzuti ha messo in luce su queste colonne, dati OCSE alla mano, i più forti costi sul Pil della sanità privata negli Stati Uniti a fronte di una copertura solo parziale della popolazione. Non si vede infatti in che senso la sanità privata dovrebbe essere meno costosa e più efficiente di quella pubblica, anche a fronte dell’invecchiamento relativo della popolazione che, non v’è dubbio, contribuirà ad accrescere le spese sanitarie.
Volendo rimanere nell’ambito della “teoria del benessere” – la branca “buonista” della teoria neoclassica dominante – ogni sistema sanitario, pubblico o privato, si fonda su un principio assicurativo: come per gli autoveicoli, tutti si contribuisce a un fondo assicurativo comune utilizzato da coloro che vanno incontro a sfortunati eventi. Questo è fatto con principi redistributivi nel sistema pubblico, per cui a parità di prestazioni chi percepisce redditi più elevati contribuisce in misura maggiore; senza principi redistributivi nel sistema privato, per cui la fascia più benestante della popolazione si crea la propria assicurazione sanitaria in cui paga molto e avrà prestazioni di ottima qualità (e comunque ampia copertura delle spese), mentre la fascia più disagiata paga meno con prestazioni di minore qualità (e comunque solo parziale copertura delle spese). Le spese assicurative sarebbero inoltre assai onerose e dunque negate al crescere dell’anzianità dell’assicurato (essendo, ahimè, la probabilità di incorrere in spese sanitarie legata all’età). Va poi ricordato come le assicurazioni private mirano a realizzare profitti che vanno a ridurre le prestazioni a parità di contributi (nella mia esperienza aderisco a una mutua sociale che, nonostante le nobili origini nel movimento operaio, ha dei costi di gestione che mi appaiono abnormi). Se oltre alla privatizzazione parziale o totale delle modalità di finanziamento della spesa - dalla fiscalità generale alle assicurazioni private - si aggiungesse quella dell’offerta dei servizi (privatizzazione degli ospedali), la ricerca del profitto farebbe lievitare ulteriormente i costi del sistema. Fuori dagli infingimenti assicurativi tipici dell’economia borghese, il colpo al SSN è un ulteriore sferzata alla parte indiretta del salario dei lavoratori relegati a un welfare per i poveri (che, com’è noto, non può che essere un povero welfare state).

Monti si mostra preoccupato che con l’invecchiamento della popolazione il finanziamento di una spesa crescente del sistema sanitario nazionale comporti una maggiore imposizione fiscale sui redditi. Ma se al contributo che già si versa al SSN come parte dell’imposizione fiscale – e che non verrà ridotto - si aggiunge una quota addizionale da versarsi alle assicurazioni private, qual è il vantaggio per i redditi dell’insieme del ceto-medio? nessuno a fronte in realtà dei molti svantaggi, costi maggiori e maggiore diseguaglianza nel diritto alla salute. L’unico vantaggio è per i super-ricchi che non vedranno accrescere la loro contribuzione alla sanità sociale.
Insomma, un sistema privato è più costoso, inefficiente e ingiusto di uno interamente pubblico. Questo va naturalmente migliorato, e molto è stato già fatto come testimoniato dal bell’intervento di Stefania Gabriele nell’e book Oltre l’austerità. Mentre dunque il sistema pubblico è il migliore per affrontare l’invecchiamento relativo della popolazione, sono le cieche politiche di austerità a predisporre un futuro buio per questo paese, giovani senza lavoro non in grado di sostenere anziani la cui vita attesa non potrà che, a quel punto diminuire, come accaduto in Russia dopo la fine del socialismo reale. Una bella soluzione per una conquista sociale - vivere più a lungo assistiti - che lei invece, prof. Monti, vede solo come un problema. Crediamo che con le sue ripetute dichiarazioni Lei abbia manifestato i suoi veri scopi: smantellare i diritti sociali e tutelare i ceti dominanti. Anni fa Elsa Fornero propose piani di privatizzazione del sistema previdenziale pubblico che la migliore letteratura internazionale (fra cui chi scrive, si parva licet) dimostrò economicamente inconsistenti. Neppure bravi economisti, dunque, e con una agenda chiaramente antipopolare. E’ chieder troppo che Bersani e Vendola prendano apertamente le distanze, ora e per il futuro, dall’agenda-Monti trasformando queste elezioni in un referendum pro o contro l’austerity?
(il manifesto 1 dicembre 2012)

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