La Rivista di Politica Economica, diretta da Gustavo Piga, ha ospitato un simposio sul tema dal titolo A New Textbook Approach to Macroeconomics, con una relazione introduttiva di Marcello Messori e repliche di Emiliano e di Alessia, Amighini e Giavazzi.
Inoltre, se giovedì 13 siete nei dintorni di Pavia, siete invitati all'evento qui sotto (io intanto vado in Corea del sud sino al 9):
UNIVERSITÀ DEGLI
STUDI DI PAVIA UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI DI PAVIA Dipartimento di
Scienze Politiche e Sociali
Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali
Oltre l'austerità - Con più Europa o meno
Europa?
Pavia, 13 dicembre 2012, ore 14.00
Aula A,
Facoltà di Scienze Politiche, Università di Pavia - Corso Strada Nuova, 65
Andrea
Zatti, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università di Pavia
Intervengono
Sergio Cesaratto, Dipartimento di Economia Politica e
Statistica (DEPS), Università di Siena
Guido Montani, Dipartimento di
Scienze Economiche e Aziendali, Università di Pavia
Il Dibattito conclude il Corso di Finanza Pubblica Europea della Facoltà di Scienze Politiche e mira a porre a confronto due diverse “exit strategy” dalla crisi, caratterizzate, in particolar modo, da una visione alternativa e ben distinta del ruolo e delle responsabilità del livello di governo europeo.
Recensione
BRANCACCIO E. (2012), Anti-Blanchard. Un approccio comparato allo
studio della macroeconomia, Franco Angeli, Milano, pp. 144, ISBN:
9788856847925, 16 €.
Nelle sue diverse edizioni e con diversi co-autori, il manuale di Oliver
Blanchard (2012) è probabilmente il libro di testo di macroeconomia più
diffuso in Italia e altrove. Il testo di Brancaccio è un utile strumento a
livello elementare per cominciare a instillare negli studenti il seme del
dubbio, cioè l’idea che, contrariamente a quanto sostenuto da Blanchard e
dagli economisti convenzionali, non esiste una scienza economica che, pur
con qualche variazione sul tema, veda un consenso generalizzato di tutta la
professione attorno a una serie di proposizioni di base. Molto
opportunamente Brancaccio comincia nel capitolo 1 con l’esporre in
maniera chiara e critica il modello di Blanchard, mostrando poi nel capitolo
successivo come, modificando alcune assunzioni, i risultati del modello
possano radicalmente ribaltarsi. È questo un esercizio utile per i nostri
studenti, abituati ormai da decenni a prendere per ‘oro colato’ qualunque
lezione venga loro impartita. Nel terzo capitolo Brancaccio propone alcuni
approfondimenti con particolare riferimento alla crisi economica e a temi di
politica economica e distributiva.
Scorrendo il volume emergono i molti pregi, ma anche alcune
inesattezze che l’autore potrà emendare in un’edizione successiva. Non è
per esempio preciso affermare che nel modello di Blanchard “ogni
incremento di produttività andrà a beneficio esclusivo dei lavoratori” (p.
11): anche i profitti si accresceranno in termini reali (pur a parità di
saggio del profitto). Nell’illustrazione critica del modello di Blanchard,
Brancaccio non dà grande rilievo ai fondamenti della funzione di offerta.
Un approfondimento in questa direzione, menzionando per esempio il
fatto che molti Keynesiani la traccerebbero orizzontale, almeno fintanto
che v’è capacità produttiva inutilizzata, parrebbe opportuno.
Sarebbe anche stato interessante a proposito del modello, ma è una
questione più di fondo che potrebbe essere trattata in un apposito box, se
270 Moneta e Credito
l’autore avesse accennato allo strano marginalismo di Blanchard. Da un
lato questi è senza dubbio un autore neoclassico, come rivelato dal modo
conformista in cui tratta la crescita. D’altro lato il modello del mercato del
lavoro è simile a quello ben noto agli studiosi, con qualche venatura
Kaleckiana, di Carlin e Sosckice (Carlin e Sosckice, 2006) e altri. Come
stanno assieme tali aspetti? In una vecchia edizione del manuale, in
un’appendice, Blanchard cerca in effetti di ricondurre la propria
descrizione del mercato del lavoro a quella standard neoclassica.
Un’interpretazione al riguardo sarebbe interessante anche per gli studenti.
Nel proporre nel capitolo 2 le proprie critiche alla pendenza negativa della
funzione AD, Brancaccio sostiene che per gli economisti critici gli
investimenti “dipendono più dalle aspettative sui profitti futuri che dal
tasso dell’interesse” (p. 44).
Che il tasso d’interesse non influenzi le decisioni d’investimento è
una constatazione che la teoria e le verifiche empiriche ampiamente
confermano (si veda per esempio Petri, 1997). Sulla prima parte della
proposizione occorre tuttavia un chiarimento: se essa si riferisse alle
aspettative sul saggio normale di profitto allora non tutti gli economisti
critici la accetterebbero, almeno non quelli legati alla scuola di
Garegnani, a cui Brancaccio si sente probabilmente vicino. Per costoro
gli investimenti dipendono dalle aspettative circa la domanda effettiva,
quella che si esprime ai prezzi normali. Variazioni del saggio normale del
profitto, per esempio una sua diminuzione, in generale non
influenzeranno negativamente gli investimenti: la concorrenza è tale per
cui nessun imprenditore vorrà cessare di soddisfare la domanda attesa,
lasciando il mercato ai concorrenti, pur a una profittabilità normale
inferiore. Questo è un errore, purtroppo, in cui la maggior parte
dell’eterodossia cade (Cesaratto, 2013).
Nel capitolo 3. pregevole è la parte dedicata a due interpretazioni
alternative della crisi attuale (da p. 72), l’una sostenuta da Blanchard, che
l’ascrive all’assenza di regolamentazione finanziaria, l’altra sostenuta dagli
economisti critici, che fa riferimento al mutamento della distribuzione del
reddito a sfavore dei salari. Anche l’impiego del modello di Blanchard per
esporre questa tematica (da p. 76) è utile agli studenti per verificare come i
risultati di un modello si possano ‘piegare’ in diverse direzioni. Assai
Note bibliografiche 271
apprezzabile è pure l’introduzione esplicita della distribuzione del reddito
nel modello (da p. 81).1 Il modello presentato nelle pp. 90-93 avrebbe
tuttavia necessità di qualche ulteriore chiarimento.
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