Pubblichiamo un documento sottoscritto dopo un intenso workshop in Irlanda (Amit Bhaduri è fra i sottoscrittori!). Il testo in inglese è in calce. Una versione spagnola dovrebbe apparire a breve. Un mio pezzettino fa da premessa.
We publish below the Italian and original English versions of a document approved by a group of heterodox economist who met in Galway (Ireland) for a very intensive workshop. Amit Bhaduri (who could not be present) subscribed it. The document is preceded by a short presentation. A Spanish version will be published soon.
Per una condizionalità keynesiana
Sergio
Cesaratto
Non c’è solo Firenze. La talpa della migliore economia
critica scava anche in altre direzioni. Dopo tre giorni di serrata e
documentata discussione a Galway (Irlanda), un workshop internazionale di economisti
critici, molti assai noti, ha messo a punto il documento qui a fianco,
stringato e solido. Esso muove dall’evidente fallimento delle politiche di
austerità di cui gli economisti critici sono stati facili profeti . Esso
propone dunque il ribaltamento dell’ordine delle priorità della politica
economica europea: la crescita dell’occupazione è l’obiettivo prioritario, da
perseguirsi con un’adeguata politica fiscale e distributiva che sostenga la
domanda aggregata; la politica monetaria risulta subordinata a quella fiscale
nell’assicurare livelli di interesse minimi. A differenza dell’OMT di Draghi - il
programma d’intervento della BCE condizionato alla sottoscrizione di un
memorandum di impegni di austerità - qui la condizionalità è invertita. L’intervento
della BCE è assicurato per i paesi che s’impegnino in politiche anti-austerity,
precisamente quelle che coniugano crescita e stabilizzazione dei conti. Quindi
nessun avventurismo, ma una “condizionalità Keynesiana”: i paesi si impegnano
in una “fiscal rule” di stabilizzazione attraverso politiche fiscali espansive
assecondate dalla BCE. L’inflazione non è uno spauracchio visti gli ampi spazi
di capacità produttiva inutilizzati. L’avventurismo, cieco e cinico, è quello
dell’austerità e dei suoi paladini, nostrali ed europei.
Che questi ragionamenti diventino conoscenza
diffusa e strumento di lotta politica è naturalmente passaggio fondamentale.
Una bella iniziativa al riguardo avrà luogo a Madrid organizzata da un gruppo
di economisti critici (econonuestra.net)
il 23 e 24 novembre con l’adesione delle associazioni studentesche spagnole,
portoghesi, greche, e con LINK e l’UDS, rispettivamente le principali
associazioni italiane degli studenti universitari e medi (qui documenti e
programma: economy4youth.com/en/).
Saranno presenti economisti dei quattro paesi coinvolti - incluso un economista
parlamentare per Syriza. Avremo l’onore di aprire i lavori e vi daremo conto dell’iniziativa.
DOCUMENTO: Una visione alternativa
della crisi dell’Eurozona
Nella diagnosi della teoria dominante la crisi
dell’Eurozona è stata ridotta a una crisi fiscale causata dall’eccessiva spesa
pubblica e da un gap di competitività fra Nord e Sud. La soluzione ortodossa è
dunque di chiudere tale gap attraverso le politiche di “austerità fiscale
espansiva” e di riduzione dei salari. Persino il FMI ha giudicato tali
politiche un vicolo cieco.
A nostro avviso la radice della crisi dell’Euro è
invece nell’assenza di adeguate istituzioni nell’Eurozona, la quale manca di un
genuino prestatore di ultima istanza e di politiche fiscali e salariali
sufficientemente coordinate, oltre che in mercati finanziari internazionali,
de-regolati e con grandi disponibilità di liquidità, più che felici di
finanziare qualsiasi squilibrio – non importa quanto sostenibile.
Ciò a cui abbiamo assistito nell’Europa
continentale sono due modelli di sviluppo fra loro interdipendenti. Da un lato
il modello mercantilista guidato dalle esportazioni del Nord non avrebbe potuto
essere sostenuto senza il modello guidato dall’indebitamento nel Sud, il quale
ha accumulato disavanzi commerciali e debiti. Con l’avanzata della crisi
finanziaria, i debiti privati si sono trasformati in debiti sovrani. Il caso
Irlandese è un esempio estremo di questo processo. Le politiche di austerità
successivamente imposte ai governi hanno accresciuto la disoccupazione a
livelli socialmente inaccettabili. Se proseguite, tali politiche condurranno a
una depressione prolungata e a ulteriori forme di insubordinazione sociale.
Le istituzioni europee non erano e ancora non sono
in grado di affrontare tali squilibri strutturali in maniera adeguata. La
disoccupazione di massa e l’immiserimento sociale che risultano dalle politiche
di austerità stanno minacciando la sopravvivenza della democrazia nell’Unione
Europea.
(da il manifesto 10.11.2012)
Prospettive
alternative
Sulla scorta della nostra diagnosi siamo convinti
che l’Europa dovrebbe ribaltare il regime corrente di politiche di austerità.
In termini di politica monetaria, riteniamo che la BCE dovrebbe agire come un
credibile prestatore di ultima istanza per alleviare la crisi dei debiti
sovrani. Un passo successivo è quello di regolamentare i mercati finanziari, ed
è inoltre necessario separare le attività bancarie di investimento a lungo
termine da quelle commerciali a breve.
Nei riguardi della politica fiscale, il legame fra
BCE e regole (condizionalità) fiscali dovrebbe essere fondamentalmente
cambiato. La politica monetaria dovrebbe sostenere e assecondare regole fiscali
espansive che mirino alla creazione di occupazione e crescita. I disavanzi di
bilancio possono essere consolidati solo in una economia in crescita.
Queste politiche di stimolo alla crescita sono
compatibili con la desiderata stabilizzazione dei rapporti fra debito pubblico
e PIL. Nella situazione corrente di disoccupazione di massa, inoltre, tali
politiche non presentano alcun rischio di inflazione.
Riteniamo anche che l’aggiustamento dovrebbe essere sostenuto da uno stimolo ai
consumi attraverso più alti salari a cominciare dai paesi del Nord che hanno
avanzi commerciali (come la
Germania) e nei quali le politiche di moderazione salariale
hanno contribuito in maniera considerevole allo sviluppo delle diseguaglianze
nei redditi e degli squilibri delle partite correnti nel’Eurozona.
Se il Ministro delle finanze tedesco crede in ciò
che ha affermato, che nessun paese può vivere per sempre al di sopra dei propri
mezzi, allora deve anche esser chiaro che nessun paese può vivere
indefinitamente sotto i propri mezzi. Questo implica che il mutamento della
politica salariale in Germania dovrà rappresentare una componente importante
della soluzione.
La comune prosperità dei paesi e cittadini
del’Eurozona attraverso l’espansione della domanda aggregata, piuttosto che la
sua contrazione attraverso il consolidamento fiscale a beneficio dell’alta
finanza, deve essere riconosciuto come un imperativo per rendere praticabile il
progetto europeo. Dobbiamo avere l’onestà intellettuale e il coraggio di agire
conseguentemente.
Sottoscritto
da
Amit Bhaduri
Jawaharlal Nehru
University, New Delhi, India
Thomas Boylan
National
University of Ireland,
Galway, Ireland
Sergio Cesaratto
Università degli studi, Siena, Italy
Nadia Garbellini
Università
degli Studi di Pavia, Italy
Torsten Niechoj
Rhine-Waal University
of Applied Sciences, Germany
Gabriel Palma
University of Cambridge, UK
Srinivas Raghavendra*
National University of Ireland, Galway,
Ireland
Rune Skarstein
Norwegian University of Science
and Technology, Norway
Herbert Walther
Vienna University of Economics and
Business, Austria
Ariel L. Wirkierman
Università
Cattolica di Milano, Italy
(da il manifesto 10.11.2012)
Original in English
The Eurozone crisis has been reduced, according to the mainstream
diagnosis, to a fiscal crisis caused by excessive
public spending and a competitiveness gap between North and South. The
mainstream solution is to close this gap by means of ‘expansionary fiscal
austerity’ and wage reductions. This has been admitted even by the IMF to be a
dead end.
In our opinion the
root of the Euro crisis lies in both the inadequate institutional set up of the
Eurozone, which lacks a genuine lender of last resort and sufficiently
coordinated fiscal and wage policies, and on an over-liquid and under-regulated
international financial market that was more than happy to finance any
imbalance - no matter how unsustainable it was.
What we had in
Continental Europe were mutually dependent models of growth. The mercantilist
export-led growth of the North could not have been sustained without a
(remarkably easy-to-finance) debt-driven model in the South, accumulating trade
deficits and private and public debt. In the aftermath of the financial crisis,
the private debt was turned into sovereign debt. The Irish case is an extreme
example of this process. The ensuing austerity policies enforced upon the
governments increased unemployment to a socially unacceptable level. If
continued these policies will lead to a prolonged depression and even more
social unrest.
European
institutions were and still are not able to deal with such structural
imbalances in an adequate way. Mass unemployment and social deprivation resulting from austerity
policies is threatening the survival of democracy in the European Union.
Alternative perspectives
On the basis of our diagnosis we are convinced that Europe should
reverse the current austerity policy regime. This would require profound
institutional and policy change.
In terms of monetary policy, we believe that ECB should act as a
credible lender of last resort to relieve the sovereign debt crisis. Strict
regulation of financial markets is a further step, and it is necessary to
separate investment banking from commercial banking.
In terms of fiscal policy, the link between the ECB and fiscal
conditionality should be fundamentally changed. Monetary policy should support
and accommodate progressive fiscal rules aiming at employment creation and
growth. Budget deficits can only be consolidated in a growing economy.
These growth stimulating policies are consistent with the desired long
run stabilization of debt-to-GDP ratios. In the present situation of mass
unemployment, these policies do not carry
a significant risk of inflation.
We also believe that the adjustment has to be supported by stimulation
of consumption via higher wages starting from the core surplus countries (like
Germany) where wage restraint policies have considerably contributed to the
growing income inequalities and current account imbalances in the Eurozone.
If the German finance minister believes in what he said, that no country
can live forever beyond its means, then it must also be clear that no country
can live indefinitely below its means. This implies that the change in the wage
policy in Germany has to be an important part of the solution.
Mutual prosperity of the
Eurozone countries and their citizens through demand expansion,
rather than demand contraction through fiscal consolidation for the
benefit of high finance, must be recognized as the imperative for the political
viability of the Euro project. We must have the intellectual honesty
and courage to act accordingly.
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