Nel pubblicare questo nostro editoriale, rammentiamo l'appuntamento di domani a Pavia:
Il populismo e l’agenda Europea
Oltre l'austerità - Con più Europa o meno
Europa?
Pavia, 13 dicembre 2012, ore 14.00
Aula A,
Facoltà di Scienze Politiche, Università di Pavia - Corso Strada Nuova, 65
Andrea
Zatti, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università di Pavia
Intervengono
Sergio Cesaratto, Dipartimento di Economia Politica e
Statistica (DEPS), Università di Siena
Guido Montani, Dipartimento di
Scienze Economiche e Aziendali, Università di Pavia
Sergio Cesaratto
Non v’è dubbio che il rientro in campo di
Berlusconi sia un fattore di arretramento del dibattito politico e possa
spiazzare coloro che avrebbero voluto porre al centro della campagna elettorale
il rifiuto dell’austerità e la necessità di una Europa diversa. O forse no. Da
un certo punto di vista, infatti, che Berlusconi possa fare del rifiuto
dell’agenda europea, e del suo diligente esecutore prof. Monti, il tema
demagogicamente agitato in campagna elettorale impone alle forze progressiste,
sinistra del centro-sinistra (interna ed esterna al PD) e lista arancione, di
misurarsi su questi temi senza sfuggirvi - gli uni evocando generiche speranze
di “un po’ più di crescita nel rigore” (un ossimoro); gli altri invocando
improbabili fughe in avanti verso modelli sociali ritenuti più avanzati, dando
frettolosamente per defunto un modello di sostegno della domanda aggregata
attraverso consumi pubblici e sostenibili. Gioco forza, se vuole vincere, la
sinistra è ora costretta ad affermarsi come la sola forza che è in grado di sostenere
con autorità e competenza il superamento dell’agenda euromontiana. Che
l’istanza berlusconiana sia priva di credibilità è facile a dimostrarsi. Il
problema è invece quello di sostanziare l’istanza alternativa.
E’ straordinario, a mio avviso, come la sinistra
italiana si stia facendo sfuggire l’occasione di farsi rappresentante di una
Europa progressiva che intende uscire dalla crisi. L’obiettivo di un governo
che si ponesse con autorità alcuni significativi e ineludibili passaggi per
risolvere la crisi europea, dando al contempo una mano all’economia globale,
raccoglierebbe infatti simpatie in ambienti politici ed economici a livello
internazionale. Attorno a una certa lista di proposte v’è infatti un consenso
dei migliori economisti europei, e troverebbe appoggi anche in sede G20: garanzia
illimitata della BCE a sostegno dei debiti sovrani e sua graduale riforma in
direzione simile alla Fed; adozione di una regola fiscale europea basata sulla
stabilizzazione del rapporto debito pubblico/Pil e coordinamento delle
politiche di bilancio in direzione opposta alle politiche di austerità;
adozione di strumenti di risoluzione della presente crisi bancaria e unione
bancaria; politiche europee di sostegno alla competitività dei paesi
periferici. Non si tratta di un programma avventurista, ma del semplice buon
senso se si vuole cominciare a uscire da questa crisi evitando una devastazione
politico-sociale della periferia europea e problemi all’economia globale. Gli
ostacoli politici a livello europeo sono naturalmente formidabili, costituiti
dal pervicace attaccamento della Germania al suo neo-mercantilismo, e della
posizione succube della Francia. La questione è però per il nostro paese quella
di pura e semplice sopravvivenza come paese sviluppato, e quindi di
responsabilità nazionale, ma facendo il proprio bene si farebbe anche quello
dell’intera Europa. Perché il PD non raccoglie le migliori menti europee – e
magari quegli economisti che in Italia hanno visto meglio e prima come stavano
le cose - a sostegno di un avanzato programma economico da costituirsi come
l’agenda europea del futuro governo italiano? Perché invece di rassicurare la
stampa internazionale con il solito “tranquilli, faremo i bravi ragazzi”, non cerca
di crearsi una immagine come di coloro che vogliono salvare un’Europa sociale e
finanziariamente stabile a fronte di coloro che la stanno devastando? Perché
non si dice con forza che solo andando verso un’Europa diversa, le pulsioni
demagogiche di Berlusconi possono essere combattute? Un arroccamento verso un
pro-europeismo acritico e passivo, quale v’è da temere emergerà nel
centro-sinistra, sarebbe la peggior risposta al Cavaliere. E auspicabile infine
che i compagni della lista arancione si attrezzino mobilitando le competenze
disponibili – in primis degli economisti critici che si sono più spesi durante
questa crisi - per dare una immagine di competenza e concretezza a fronte della
problematica europea. Solo così da loro potrebbe venire un pungolo efficace
alla “sinistra di governo” per uscire dall’europeismo dell’austerità, oltre che
una risposta popolare all’altezza delle sfide.
(il manifesto 12 dicembre 2012)
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