giovedì 6 settembre 2012

Traduzione italiana di "Replica a Wray - Parte 2"

Voci dall'estero ha gentilmente tradotto la seconda parte della mia replica a Wray.


Seconda parte dell'intervento di Sergio Cesaratto in risposta a Randall Wray nel dibattito MMT/Eterodossi,  sull'origine della crisi dell'Eurozona.
"La UEM potrebbe facilmente autodistruggersi anche in assenza di deficit delle partite correnti " (Wray qui)

"Le questioni commerciali all'interno della zona euro ... resteranno una fonte di stress economico e politico, anche con una soluzione completa dei problemi di liquidità ..." (Warren Mosler)

Nella parte 1 ho esaminato il punto di vista della MMT secondo il quale la piena sovranità monetaria è la chiave per le politiche di piena occupazione in tutti i paesi, a condizione che quelli con problemi di partite correnti (CA) abbiano un accesso sicuro a fonti alternative di liquidità estera - cosa che non esiste in realtà. Ho anche esaminato l'affermazione della MMT che la zona euro (EZ) non può avere al suo interno problemi di bilancia dei pagamenti (BdP), a condizione che vi siano dei trasferimenti fiscali da un significativo bilancio federale sostenuto da un'autentica banca centrale europea (BC) - cosa che ancora una volta non esiste in realtà. In questo post si tornerà sulla negazione di Wray dell'origine della crisi dell'EZ come crisi di BdP.
Sono d'accordo con Wray, Bell-Kelton e altri MMTs che in un'unione monetaria gli Stati locali sono parzialmente privati della politica di bilancio come strumento per sostenere la domanda aggregata [1] (senza dimenticare che anche in molti paesi con piena sovranità monetaria questo potere è comunque soggetto al vincolo esterno), e che il disegno istituzionale della UEM non è in grado di assicurare la piena occupazione e la conservazione del tradizionale stato sociale Europeo in un'area valutaria non-ottimale (non-OCA). Come Godley ha sottolineato nel 1991:

"Il fatto è che i singoli paesi non hanno più le loro valute e che le banche centrali metteranno nuovi vincoli alla loro capacità di adottare politiche fiscali indipendenti. Tuttavia, la formulazione collettiva della politica di bilancio dovrebbe essere molto più difficoltosa di un passivo 'coordinamento'. Le politiche di bilancio dell'intera unione potrebbero essere coordinate ed espansive: ma potrebbero anche essere coordinate e restrittive. Come si formulerà collettivamente la politica fiscale comune da perseguire? Attraverso quali istituzioni e in base a quali principi? "

Ma Godley trova anche:

"Più inquietante ... l'idea che con una moneta comune, il “problema della bilancia dei pagamenti' venga eliminato e pertanto che i singoli paesi siano sollevati dalla necessità di pagare le loro importazioni con le esportazioni. Piuttosto il contrario: l'esistenza di una moneta comune rende un paese più direttamente dipendente dalla sua capacità di esportare, più di quanto non lo fosse prima, tanto più che poi non possiederà più i mezzi tramite i quali cautelarsi (in senso lato) contro il fallimento" (hat tip a Ramanan). 

In effetti, le crisi non derivano da una gestione fiscale indisciplinata da parte dei paesi periferici – essi sapevano molto bene che "i mercati" li avrebbero puniti (l'UEM è stata progettata a questo scopo) - ma dalla perdita di competitività di alcuni paesi membri, come Godley temeva, e da alcuni eventi ulteriori connessi all'unificazione monetaria che nessuno (con una sola eccezione) aveva previsto. 

1. Leaps forward and back 
 
Il problema del secondo post di Wray (qui), in cui si concentra sulla natura della crisi dell'EZ, è che fornisce almeno tre spiegazioni della crisi e il lettore potrebbe rimanere confuso dai salti avanti e indietro dall'una all'altra, senza molto coordinamento tra le tre. A volte è evocata l'analisi stock-flussi di Godley, ma come relazioni di contabilità nazionale prive di spiegazioni causali. [2] 

Nessuna delle tre spiegazioni è di per sé sbagliata, quello che manca è un quadro coerente, forse ostacolato dalla "gara Nostradamus". Esaminiamo in primo luogo le singole spiegazioni, indicando i loro rispettivi limiti così come presentate da Wray, cercando poi di coordinarle in un quadro più coerente. Nel fare questo farò riferimento a Frenkel (2012), che del resto è sostanzialmente in linea con, si parva licet, Cesaratto & Stirati (2010-11), Cesaratto (2012), Bibow (2012) e altri. [3]. Una premessa: ogni paese coinvolto nella crisi dell'EZ è come le famiglie dell'incipit di Anna Karenina, ciascuna infelice a modo suo, quindi le generalizzazioni non sono facili (vedi qui per una rapida disamina dei casi nazionali). Le tre spiegazioni sono: crisi di CA; crisi del debito sovrano; crisi del sistema bancario. Cominciamo dalla prima. 

1.1. Una crisi di partite correnti 

Wray (qui) cita un articolo "profetico" di Kregel (1999) per dimostrare che la MMT non ha trascurato i problemi di CA all'interno dell'UEM dovuti a una progressiva perdita di competitività dei paesi più a rischio di inflazione (compresi i paesi non veramente periferici come la Francia e l'Italia). Kregel osserva inoltre che un euro più debole non può compensare la perdita dei mercati dell'EZ per i paesi a rischio di inflazione. Sono pienamente d'accordo che Kregel stava "effettivamente guardando ai potenziali squilibri delle partite correnti una volta che l'euro fosse stato avviato". Se posso indulgere anch'io nella gara Nostradamus, molte persone, me compreso (centinaia di studenti possono confermarlo) erano sicure di questo risultato. Senza sminuire gli avvertimenti di Kregel, questa è stata la parte più facile. Non c'è dubbio che negli anni dell'UEM l'Italia ha perso competitività e lo stesso è accaduto agli altri paesi periferici. Nonostante l'enorme processo di disinflazione in cui si è cimentata l'Italia, la Germania ha fatto meglio, giocando come sua tradizione a perseguire, attraverso una disciplina del lavoro, un tasso di inflazione inferiore a quello dei partners all'interno di un regime di tassi di cambio fissi (Bretton Woods, lo SME, l'UEM, cfr. Cesaratto & Stirati 2010-11). La causa degli squilibri di CA non sta solo, tuttavia, nei vantaggi del tasso di cambio reale della Germania (questo è particolarmente vero per il Portogallo e l'Italia), ma nel tasso di crescita relativamente più alto della domanda interna in alcuni paesi periferici, come Spagna, Irlanda e Grecia. [4] E questo è stato causato, in Spagna e in Irlanda, dalla bolla immobiliare finanziata dagli afflussi di capitali esteri. (Era anche mia abitudine mettere in guardia gli studenti Erasmus Spagnoli sul fatto che l'elevato tasso di crescita della Spagna era fatto di carta - o meglio di mattoni - e che la Spagna stava accumulando un enorme debito estero). In Cesaratto & Stirati (2010-11) e Cesaratto (2012) questo è descritto in termini kaleckiani: il paese mercantilista finanzia l'assorbimento del suo surplus commerciale con prestiti ai paesi periferici, un processo favorito dalla liberalizzazione finanziaria e dai tassi di cambio fissi. Frenkel (2012) considera questi eventi come analoghi a quelli che tradizionalmente hanno avuto luogo nelle economie emergenti. De Grauwe (1998) prevedeva che l'UEM avrebbe portato ad una bolla immobiliare in Spagna. Per riassumere: Wray ha ragione quando fa riferimento alla crisi di CA come a un aspetto della crisi dell'EZ, anche se questa ha caratteristiche più complesse di quelle che ogni singolo economista (Kregel o De Grauwe) potesse prevedere prima che gli eventi si manifestassero, caratteristiche che non possiamo trascurare ora.

1.2. Una crisi bancaria 
 
Così si arriva alla seconda spiegazione della crisi: una crisi bancaria. Non c'è dubbio che la sequenza liberalizzazione finanziaria/unificazione monetaria non poteva altro che portare (con il senno di poi, ovviamente) ad una crisi del sistema bancario, almeno in alcuni paesi periferici (come previsto da De Grauwe), associata anche ad una crisi dei conti con l'estero e ad una crisi fiscale, una volta che i problemi delle banche fossero stati assunti dallo Stato. Dicendo addio a Kregel, Wray, tuttavia, sembra fare riferimento a un diverso tipo di crisi del sistema bancario come causa principale e indipendente della crisi Europea. Egli si riferisce principalmente alla crisi che ha coinvolto le banche Irlandesi, che si sono impegnate in attività finanziarie rischiose in un modo non dissimile da quello che ha coinvolto le banche Islandesi, ma estende il caso anche alla Spagna: 
 
"È molto di più che un problema di partite correnti ... Ogni paese UEM può essere fatto saltare in aria dalle sue banche, anche se ha un surplus di partite correnti. Questa è la 'finanziarizzazione' o il 'capitalismo dei Money Manager' che viene da Hyman Minsky - probabilmente ben oltre il 90% della finanza transfrontaliera non ha nulla a che fare con le partite correnti, ed è stata quella parte della finanza che ha fatto esplodere paesi come Irlanda e Spagna ... Per quanto ne so, Warren Mosler è stato il primo a comprenderlo appieno. "(Wray qui

Posso ammettere che la piccola Irlanda abbia avuto una crisi bancaria simile a quella dell'Islanda (che non fa parte dell'EZ) a causa di una particolare propensione al rischio delle sue banche (non sono abbastanza esperto per giudicarlo). Questa, però, è una interpretazione discutibile della crisi causata dalla finanziarizzazione, generalizzata a tutti paesi dell'EZ, che è anche condivisa da molti economisti mainstream. La crisi bancaria è quasi completamente scollegata dalla storia raccontata da Frenkel e molti altri che ha portato alle bolle immobiliari (che sono appena menzionate di sfuggita, p.9) in Spagna e, secondo un rapporto della Banca Mondiale, anche in Irlanda (e in Grecia !), [5] e ai conseguenti problemi di CA. Anche dietro i problemi italiani non c'è nessun comportamento a rischio delle banche. [6] Così la crisi bancaria, come descritta da Wray-Mosler, è di valore molto limitato, se non nullo. La "finanziarizzazione" è parte della storia dell'EZ, ma all'interno di quel preciso contesto che, per quanto ne so, solo De Grauwe ha previsto. [7] 

Più in generale, la "finanziarizzazione" si inserisce bene in una visione Kaleckiana (piuttosto che Miskiana), che la considera un modo per sostenere la domanda aggregata e la realizzazione di surplus da parte dei capitalisti sia sul mercato interno (come nella bolla dei consumi degli Stati Uniti) che sui mercati esteri (come nel caso dei rapporti centro--periferia dell'EZ). [8] In ogni caso, io stesso ho suggerito una convergenza tra la visione Kaleckiana e di Minskiana sul capitalismo guidato dal debito (Cesaratto 2012b). 

1.3. Una crisi del debito sovrano 
 
Wray ha certamente ragione nel sottolineare che, una volta che governo opera dei salvataggi, i problemi delle banche sono trasferiti al settore pubblico. La questione è allora se il paese ha o non ha piena sovranità monetaria: 
 
"Dal punto di vista MMT ... il problema principale dei disavanzi delle partite correnti nei paesi a moneta sovrana è la situazione patrimoniale del settore privato nazionale (dato un certo bilancio pubblico). ... alcuni paesi UEM avevano anche dei deficit cronici delle partite correnti. Se fossero stati paesi a moneta sovrana (nel senso che ciascuno di essi emette moneta propria a tasso di cambio flessibile), la preoccupazione allora avrebbe riguardato di più il saldo del settore privato. Ma i paesi UEM si discostano in modo significativo gli uni dagli altri - alcuni dei paesi in deficit di partite correnti non hanno accumulato grandi debiti nel settore privato, altri sì. Il saldo [tra di essi] era ovviamente il settore pubblico. E, cosa più importante, non si trattava di paesi a moneta sovrana. Ciascuno aveva abbandonato la propria valuta a favore di una moneta "straniera" - l'Euro. Quindi ci sono due problemi: un disavanzo delle partite correnti in gran parte controbilanciato da un disavanzo del settore privato, a fronte di un disavanzo delle partite correnti in gran parte compensato da un disavanzo del settore pubblico. La mia tesi è che per un paese a moneta sovrana solo il primo di questi è un problema, ma per i paesi dell'Euro, sia l'uno che l'altro possono causare problemi". (Wray qui, il corsivo è mio). 

"Abbiamo già affrontato la questione delle partite correnti - di facile comprensione attraverso l'approccio basato sui saldi settoriali di Godley: un disavanzo delle partite correnti deve essere compensato da una combinazione di un disavanzo del settore privato nazionale e/o di un disavanzo pubblico. Dal momento che non si tratta di governi a moneta sovrana, i deficit privati e quelli pubblici possono entrambi causare problemi. "(Wray qui). 

"La nostra tesi era che separare la politica di bilancio dalla sovranità monetaria avrebbe creato problemi di solvibilità, che avrebbero limitato la funzione espansiva della politica di bilancio, quando necessaria. Questa è stata la base di tutte le prime argomentazioni della MMT.
 
Questi passaggi sono importanti perché dimostrano che il fattore definitivo che sta all'origine della crisi dell'EZ è, secondo Wray, l'assenza di banche nazionali centrali sovrane: infatti, i deficit di CA (solo nella misura in cui corrispondono a disavanzi pubblici) o la crisi del sistema bancario (nella misura in cui gli Stati a sovranità monetaria operano dei salvataggi) sembrano problemi secondari / derivati [9] Siamo in qualche modo rispediti indietro agli argomenti di Wray recensiti nella parte 1 di questo post sui valori taumaturgici sia della sovranità monetaria nazionale che sostiene le finanze pubbliche nazionali (la storia "Born in the US"), che di un'EZ pienamente federale in cui la BCE sostiene un bilancio federale (la storia che "se l'EZ fosse stata come gli Stati Uniti non avrebbe avuto una crisi della bilancia dei pagamenti"). 

Senza dubbio, la crisi dell'EZ è poi diventata anche una crisi fiscale. Ma questo risultato deve essere inserito in un coerente contesto storico e analitico degli eventi, altrimenti la crisi del debito sovrano potrebbe assomigliare pericolosamente alla storia convenzionale (portata avanti principalmente dagli economisti tedeschi e da Alesina e soci) che la crisi ha avuto origine dalla sregolatezza di bilancio dei paesi periferici, una storia che con (forse) la parziale eccezione della Grecia (con la copertura politica dei Tedeschi) è chiaramente falsa. E infatti, tutti nel dibattito pubblico Europeo sapevano che con l'unificazione monetaria i mercati finanziari (non il trattato di Maastricht) avrebbero funto da cane da guardia della "disciplina fiscale". In realtà, la maggior parte dei governi periferici ha avuto una gestione molto "disciplinata" nel corso degli anni dell'UEM. Gli avvertimenti iniziali di Wray e Kelton su un'incombente crisi fiscale nell'EZ devono essere intesi nel senso che se fossero sorti problemi da altre fonti - come è successo – allora la mancanza della sovranità monetaria (o di una vera e propria banca centrale dell'EZ) avrebbe aggravato la crisi [10 ] 

Le differenze tra il mio punto di vista e quello di Wray non sono forse così rilevanti come potrebbe sembrare, dal momento che in parte dipendono dal punto di vista da cui si guardano gli eventi. Egli trova l'origine della crisi dell'EZ nella mancanza di coordinamento della politica di bilancio e monetaria a livello UEM, come si è visto nella parte 1 o, in alternativa, nella mancanza di una piena sovranità monetaria nazionale. Stando nel mezzo (non si dimentichi mai della scelta esplicita dei politici che hanno progettato l'euro), l'EZ ha sviluppato una crisi che è a metà tra la crisi degli Stati Uniti – ne condivide la bolla immobiliare e la crisi bancaria - e la tradizionale crisi finanziaria delle economie emergenti, come descritta da Frenkel e molti altri. La mancanza di soluzioni nell'EZ dipende anche da questo stare in mezzo: né la soluzione relativamente efficace di una crisi finanziaria interna negli Stati Uniti, né le soluzioni tradizionali nelle economie emergenti, in cui l'aggiustamento è stato attuato recuperando un tasso di cambio competitivo. Forse io preferisco sottolineare gli eventi come si sono evoluti nel quadro dato, mentre Wray preferisce guardare al progetto sbagliato dell'UEM (ma stranamente trascura l'importanza di un resoconto ordinato degli eventi reali venuti fuori dal progetto sbagliato). 

2. Visioni globali 
 
Credo che la sintesi di Roberto Frenkel (2012) sulla crisi dell'EZ possa costituire un punto di riferimento e di convergenza per molti di noi. In breve, egli vede una somiglianza tra gli eventi dell'EZ (e dei paesi del Baltico e dell'Europa orientale che hanno ancorato la loro valuta all'euro qui) e quelli che solitamente hanno avuto luogo nelle economie emergenti, fino all'inizio di questo secolo. Questo punto di vista si applica in particolare a Spagna, Irlanda e Grecia. Molto meno all'Italia, che è più vicina al caso di perdita di competitività delineato da Kregel. Inoltre, il caso Irlandese dovrebbe essere interpretato come una "pura" crisi bancaria, secondo il punto di vista di Mosler-Wray. Secondo Frenkel, la somiglianza con quella che ho chiamato la vicenda "questa volta è diverso" (secondo il libro, per altri versi confuso, di Reinhart e Rogoff) [11] si ferma qui. Ci sono almeno tre differentie specificae nella crisi dell'EZ (come anche sottolineato in Cesaratto 2012A). 

Una è che i paesi dell'EZ mancano di un prestatore di ultima istanza, così che la crisi di bilancio pubblico che ha seguito la crisi del settore privato è rapidamente andata avanti di per sé per forza di inerzia, come Wray, Kelton e Mosler avevano previsto che sarebbe potuto accadere. Tuttavia, seconda differentia, le operazioni di rifinanziamento dell'Eurosistema hanno reso possibile per le banche nazionali continuare a sostenere gli stati nazionali, in modo che ora la crisi fiscale e la crisi bancaria si intrecciano in un abbraccio mortale. Una terza è che il regime Target 2, come anche Wray ( qui) sottolinea, permette alla crisi di CA, alla crisi bancaria e a quelli che vengono chiamati "arresti improvvisi" (o fuga di capitali) [12] di non esplodere in default bancari e statali generalizzati. Quanto a lungo questa situazione possa continuare, non è chiaro. Essa esploderà per motivi politici o sociali. Ma dobbiamo fermarci qui e lasciare questa discussione al futuro (prossimo), continuando a seguire lo svolgersi degli eventi. (Un ottimo post a questo riguardo è di Marshall Auerback). 

Un punto di vista ancora più completo - che merita ulteriori ricerche - sarebbe il seguente. Negli anni pre-crisi UEM, nel caso Italiano e Portoghese (e Francese) (PIF), la perdita di competitività era tale che uno stesso (anche se moderato) modello di domanda interna autonoma (privata e pubblica) era accompagnato da una minore crescita e da crescenti squilibri con l'estero (da notare che questi paesi non hanno avuto una bolla immobiliare). In altre parole, il deterioramento della competitività estera è stato tale che lo stesso andamento di investimenti interni, consumi e spesa pubblica si è tradotto in una maggiore produzione all'estero (ad esempio nei paesi del centro), e di conseguenza una produzione minore entro i loro confini. Guardando attraverso le lenti dei saldi settoriali, ciò significa che il paese ha un disavanzo con l'estero, e per definizione, il settore estero (diciamo, i paesi del centro) sta facendo dei prestiti a questi paesi, cosa che non è sorprendente dal momento che, nello stesso tempo, il settore estero gode di un reddito più elevato, e quindi di un maggiore risparmio. 
 
I bassi tassi di interesse dovuti sia all'orientamento della politica della BCE, sia alla temporanea scomparsa del rischio di svalutazione e alla disciplina fiscale, consentivano ai paesi in deficit di mantenere i loro conti pubblici sotto un certo controllo. Tuttavia era presente una tendenza al deterioramento dei saldi nazionali (rapida nel caso Portoghese, lenta nel caso Italiano, ancora più lenta nel caso Francese). Una volta che la crisi è esplosa, come risultato della trasmissione della crisi Americana e mondiale e della cattiva gestione della situazione Irlandese-Greco-Spagnola (IGS) da parte delle autorità dell'EZ, in particolare l'assenza di una vera BC Europea in sostituzione della desaparecida sovranità monetaria nazionale, ha portato alla esplosione di una crisi del debito sovrano. La storia dei paesi IGS è parzialmente diversa da quella dei PIF. Anche se condividono gli stessi eventi di fondo dei PIF, nel loro caso, la domanda interna è cresciuta più rapidamente sostenuta dai flussi di capitale straniero secondo un corso degli eventi in stile Frenkel. Le entrate fiscali in crescita davano l'impressione di una solidità delle finanze pubbliche, mentre i saldi privati si erano rapidamente deteriorati rispecchiando i crescenti squilibri esteri. 
 
L'esplosione delle bolle immobiliari in Spagna e Irlanda, l'insolvenza del governo Greco, e il salvataggio del settore finanziario nazionale - in assenza del sostegno di una banca centrale - ha portato alla crisi fiscale. Come sostengono Wray e Cesaratto (2012A), se l'EZ fosse stata simile agli Stati Uniti la crisi sarebbe stata gestita come una crisi interna che coinvolgeva banche locali e stati (lasciandone fallire alcune, o ridimensionandole, ma sostenendo gli stati locali attraverso i trasferimenti). Se la EZ fosse stata composta da Stati a sovranità monetaria, la crisi sarebbe stata gestita come la crisi finanziaria tipica che ha spesso coinvolto le economie emergenti. Stando nel mezzo, gli spread sovrani riflettono il rischio di solvibilità (non solo di liquidità) dei paesi periferici o, il che è lo stesso, il rischio di rottura dell'unione monetaria. Sia come sia, la scala della crisi è più grande rispetto ai casi precedenti e la sua gestione molto complicata, prima di tutto da un punto di vista politico. [13] 

Conclusioni 

Sono sinceramente ammirato dalle previsioni sulle varie carenze dell'UEM provenienti da persone associate al Levy Institute. Eppure, mi sento, come molti altri (sono sicuro che molti tacciono solo per evitare problemi), a disagio rispetto alla gara Nostradamus iniziata dagli MMTs che, a mio parere, ha impedito loro di lavorare a una visione più completa della crisi dell'EZ, che avrebbe dovuto tenere conto dei contributi di una comunità di altri studiosi eterodossi molto, molto più vasta (e anche di ortodossi dalla mentalità aperta). La mia impressione è che la gara per dimostrare che, qualsiasi cosa gli altri avessero detto, uno studioso associato al Levy l'aveva già detto prima (probabilmente meglio), è sfociata in una spiegazione auto-contraddittoria e disordinata della crisi da parte di alcuni MMTs. Sono pronto per l'utilizzo, cum grano salis, delle intuizioni degli MMTs, e a riconoscere che il Levy Institute è un faro essenziale per tutti gli economisti eterodossi. Spero che questo sia reciproco. L'umiltà è parte integrante dell'impresa scientifica, in particolare per gli economisti eterodossi che già subiscono l'arroganza del mainstream. 

Ulteriori riferimenti 
 
Barba A., Pivetti M. (2009) Rising Household Debt: Its Causes and Macroeconomic Implications-A Long-Period Analysis, Cambridge Journal of Economics, Vol. 33, Issue 1, pp. 113-137, 2009.
Cesaratto S. (2012b), Neo-Kaleckian and Sraffian controversies on accumulation theory, Università di Siena, Quaderni del Dipartimento di Economia politica e Statistica, forthcoming Review of Political Economy.
Cynamon B.Z., Fazzari S.M. (2008) Household Debt in the Consumer Age: Source of Growth—Risk of Collapse, Capitalism and Society, vol. 3, article 3.
Palumbo A. (2012), “On the Balance-of-Payments-Constrained Theory of Growth”, in Sraffa and Modern Economics (R. Ciccone, C. Gehrke, G. Mongiovi eds), London: Routledge. 

Addendum: Wray (qui) usa l'espressione "fattori di produzione" ("Uno degli obiettivi della integrazione europea è stato quello di liberare i flussi di lavoro e capitale, eliminando gli ostacoli alla mobilità dei fattori di produzione"). Questo termine non dovrebbe essere impiegato dagli economisti eterodossi - a meno che non si ritenga che esista un "fattore di produzione" chiamato "capitale", misurabile indipendentemente dalla distribuzione del reddito, o si pensi che la questione sia irrilevante. Credo che la teoria del capitale, o teoria della distribuzione, se si vuole, segni il confine tra economia ortodossa ed eterodossa, non le questioni monetarie - in linea di principio si può essere Chartalisti o credere nel denaro endogeno ed essere neoclassici - per non parlare di questioni metodologiche. Naturalmente, una volta liberate dai vincoli neoclassici, le teorie e metodologie monetarie possono dare il meglio di sè. 


[1] In parte, perché il teorema del pareggio di bilancio e la possibilità di politiche fiscali redistributive dai ricchi ai cittadini più poveri suggeriscono che rimane un po' di spazio per politiche fiscali espansive. 

[2] Questo non per sminuire l'importanza del ruolo educativo che l '"approccio dei saldi settoriali" ha avuto su tutti noi nello spiegare le questioni macroeconomiche tenendo conto dell'evoluzione simultanea dei tre saldi. I "saldi settoriali" devono, tuttavia, far parte di un quadro coerente. Qui (fn 21) ho commentato un passaggio di Wray (2009: 6-7): "'E' la spesa in disavanzo di un settore che genera l'eccedenza (o il risparmio) degli altri; questo perché gli operatori del settore in disavanzo possono in un certo senso decidere di spendere più dei loro redditi, mentre le in entità surplus possono decidere di spendere di meno solo se tali redditi sono effettivamente prodotti.
In termini Keynesiani questa è semplicemente un'altra versione delle due affermazioni gemelle che 'la spesa genera redditi' e 'l'investimento genera il risparmio'. Qui, però, l'affermazione è che la spesa in disavanzo del settore pubblico genera l'avanzo del settore privato (o risparmio) '. Si allude chiaramente al moltiplicatore Keynesiano, ma la preferenza di Wray va al stock-flow framework (SFCA). L'enfasi sulle identità contabili può portare a trascurare i meccanismi Keynesiani che portano da un equilibrio all'altro nascondendo il fatto che, quando l'equilibrio di un settore si modifica, anche il risultato cambia. Si potrebbe quindi dare l'impressione che l'argomento sia valido per un dato livello di produzione. Nonostante questo non nego il ruolo inflessibile che la SFCA ha sul nostro modo di pensare, obbligandoci a tenere sempre a mente le necessarie interrelazioni tra i tre settori istituzionali." 

[3] Cfr., tra l'altro, World Bank (che cita e approva Bibow 2012) IMF, EU Commission, Federal Reserve Bank of St. Louis, Merler and Pisani-Ferry

[4] Io francamente ho provato un certo fastidio a leggere questo: "Come si può – meno che mai un economista Italiano – attribuire i problemi dell'Italia ai consumi esagerati delle importazioni? Diamine, nei vecchi tempi prima della UEM (quando l'Italia aveva la sua Lira "fortemente inflazionistica") effettivamente registrava dei surplus delle partite correnti. E' stata l'organizzazione della UEM che ha ucciso le esportazioni italiane, esattamente come Jan Kregel aveva predetto. Nessun "economista italiano” eterodosso ha accusato l'Italia di dissolutezza. Se Wray avesse la pazienza (o l'umiltà) di leggere Cesaratto (2012a), l'esperienza italiana è stata illustrata proprio lungo le linee di Kregel. Per inciso, Wray cita più volte il mercantilismo tedesco. Avrebbe potuto forse imparare qualcosa sulla sua natura dai miei papers (a mia volta, sono stato ispirato da Marcello De Cecco, senior economist di economia monetaria, noto a livello internazionale, e dalla tradizione nazionalista / mercantilista / politico realista in Economia Politica Internazionale e studi sullo sviluppo). Va anche detto che, secondo molti esperti, le esportazioni italiane non se la sono cavata male negli ultimi anni - e lo stesso è per la Spagna. Il problema stava probabilmente dal lato delle importazioni. Per la Spagna questo è stato certamente dovuto alla crescita relativamente elevata della domanda interna a causa del boom edilizio, e per entrambe probabilmente dalla perdita di competitività nei settori dove erano già deboli. 

[5] "La crisi in Irlanda è essenzialmente dovuta all'espansione e contrazione di una bolla immobiliare. Incoraggiate dal calo dei tassi di interesse che ha accompagnato l'adozione dell'euro, le banche hanno ottenuto finanziamenti da banche inglesi, tedesche e degli Stati Uniti, di solito sotto forma di debiti a breve termine, depositi bancari o portafogli azionari di proprietà straniera, per espandere il credito al settore privato. …
Alimentato da una rapida espansione del credito, il mercato immobiliare irlandese ha cominciato ad espandersi nel 2000, con un conseguente boom di investimenti immobiliari e delle costruzioni. L'effetto ricchezza di questo boom ha spinto più elevati livelli di consumo e ha contribuito a tassi di crescita elevati. Spinto dal boom immobiliare, il sistema bancario Irlandese si è gonfiato a dismisura sino a cinque volte l'economia reale, e il suo debito estero a oltre il 1000 per cento del PIL alla fine del 2010. Quando a seguito della crisi i fondi proveniente dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna si sono prosciugati, il sistema bancario ha vissuto una crisi di liquidità, rallentando così il credito al mercato immobiliare. Come il prestito è diventato più costoso, la domanda di abitazioni ha iniziato a diminuire, con un conseguente calo dei prezzi e un eccesso di offerta di abitazioni. Questo ha messo sotto pressione i bilanci delle banche, molti dei quali erano largamente basati sui lucrosi mutui. L'ampio sostegno delle autorità, nonché l'accesso al sostegno di emergenza da parte della Banca Centrale, è stato vitale per affrontare i problemi di stabilità finanziaria. Tuttavia, il salvataggio o l'acquisto di banche in fallimento ha portato anche a una crisi di fiducia, in quanto il pacchetto di salvataggio del governo aveva raggiunto il 20 per cento del PIL e il deficit di bilancio nel 2010 arrivava al 32 per cento del PIL, portando a forti deflussi di attività estere."(World Bank: 17:8). L'interpretazione della crisi dell'EZ avanzata da questa relazione della WB è in linea con quelle di Roberto Frenkel (2012), Cesaratto (2012a), Bibow (2012) e altri: "Nel complesso, al centro della crisi del debito dell'euro c'è una crisi di bilancia dei pagamenti intra-area causata da situazioni di competitività intra-area gravemente squilibrate, accompagnate da flussi transfrontalieri di debito per gran parte privati. E come discusso in precedenza, la valuta comune è stata fondamentale per questo risultato con il suo impatto sui tassi di interesse (sia per i sovrani che per il credito al settore privato), per l'integrazione finanziaria e l'incoraggiamento alla crescita trainata dalle esportazioni nei paesi centrali e alla crescita guidata dal consumo nei paesi periferici."(15). 

[6] Le banche Italiane non sono state coinvolte in attività internazionali rischiose con l'eccezione dei prestiti ai paesi dell'Europa orientale che hanno ancorato la loro valuta all'euro, come l'Ungheria, con le ordinarie disastrose conseguenze. 
 
[7] Paul De Grauwe nel 1998 aveva previsto che la liberalizzazione finanziaria e l'unificazione monetaria nell'EZ avrebbe portato ad una bolla immobiliare seguita da una crisi bancaria in Spagna: le " future crisi finanziarie dell'euro ...per un aspetto cruciale saranno diverse dalle recenti crisi finanziarie in Asia. Non porteranno a crisi speculative sui mercati dei cambi. Quindi, se la Spagna si troverà di fronte a una crisi bancaria, questa non sconfinerà nel mercato Spagnolo dei cambi, perché non ci sarà un tale mercato. Questa fonte di ulteriore destabilizzazione dei mercati, pertanto, sarà assente. I fondatori della UEM hanno adottato misure straordinarie per ridurre il rischio di default sul debito da parte dei governi. I criteri di convergenza di Maastricht e il patto di stabilità sono stati introdotti per evitare il rischio di un'eccessiva accumulazione di debito pubblico. Ma la débacle finanziaria Asiatica ci insegna che l' indebitamento eccessivo del settore privato può essere ugualmente rischioso, se non di più. Questo è sfuggito all'attenzione dei fondatori dell'UEM, preoccupati com'erano dei pericoli dell'eccessivo debito pubblico. Intanto nell'UEM il tempo stringe, con le istituzioni che dovrebbero salvaguardare l'UEM dalle crisi finanziarie e bancarie che devono ancora essere messe in atto." E' la storia standard "questa volta è diverso " già vista nelle crisi finanziarie delle economie emergenti con, come vedremo, una novità importante nella crisi dell'EZ. 

[8] Gli economisti non convenzionali sono divisi sulle cause profonde della crisi che si è scatenata nel 2007-8 ( Palley 2010). Gli Autori Minskiani, associati al Levy Institute negli Stati Uniti, tendono a vederla come il risultato di cicli periodici di esuberanza finanziaria. Anche molti economisti convenzionali condividono questo punto di vista, come suggerito dalla loro riscoperta degli insegnamenti di Hyman Minsky. Altri economisti eterodossi vanno oltre gli eccessi finanziari e individuano l'origine della crisi nella necessità del capitalismo, in particolare negli Stati Uniti, di sostenere la domanda aggregata, dopo il grande cambiamento nella distribuzione del reddito verificatosi nel corso degli ultimi trent'anni, dalla classe lavoratrice e dalla classe media a favore di un'esigua minoranza benestante di capitalisti (ad esempio, Barba, Pivetti 2009, Cynamon, Fazzari 2008). Anche alcuni economisti mainstream dalla mentalità aperta condividono questo punto di vista (ad esempio, Rajan, Fitoussi, Saraceno). 

[9] Se, dal punto di vista MMT, i debiti pubblici garantiti da una BC sovrana non sono mai un problema, perché i debiti privati dovrebbero essere un problema fintanto che possono essere trasferiti al settore pubblico? 
 
[10] Come suggerisce Mosler : "le condizioni per una crisi di liquidità nazionale che distruggerà il sistema monetario dell'euro a 12 sono saldamente in atto. Tutto quel che si richiede è un rallentamento dell'economia che minacci o il gettito fiscale o il capitale del sistema bancario. 

[11] Questo libro non mi piace, ma non è un caso che Wray l'abbia recensito (qui), mentre io semplicemente credo che la storia "questa volta è diverso" sia analizzata meglio da Frenkel e dalla tradizione Latino-Americana, compreso il paper seminale di Diaz-Alejandro.

[12] Questo è il rifiuto da parte dei capitali stranieri di rinnovare i debiti pubblici o privati. Su questa fuga dei capitale da parte dei residenti si dovrebbe parlare ancora.

[13] Quindi sono molto lontano dai punti di vista ingenui che Wray mi attribuisce: "un economista Italiano, Sergio Cesaratto, ha definito “falsa” la vittoria della MMT. Cercherò di mettere a fuoco il principale oggetto di contestazione, che sembra essere che la MMT abbia mancato la vera causa del disastro dell'euro: il deficit delle partite correnti registrato da alcuni paesi membri dissoluti dell'EMU "(qui). O (qui): "Sergio (Ve lo ricordate? ...) vede tutto questo come uno squilibrio delle partite correnti. Quei consumatori Irlandesi e Islandesi hanno solo fatto troppe importazioni. Un tenore di vita veramente alto." Non ho mai scritto questo genere di cose (per non parlare del fatto che l'Islanda non è parte della UEM).
Puntate precedenti:
Born In The U.S.A. – MMT e Sovranità Monetaria, di Sergio Cesaratto; LA FALSA VITTORIA DELLA MMT di Sergio Cesaratto; MMT E L'EURO: GLI SQUILIBRI DELLE PARTITE CORRENTI SONO RESPONSABILI DEL DISASTRO DELL'EURO? di Randall Wray; Replica a Wray - Parte 1 (di Sergio Cesaratto).




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