Ospitiamo un intervento di Giancarlo Bergamini, ex funzionario di banca e acuto osservatore, sulle responsabilità della crisi bancaria in atto. Davvero dio acceca coloro che vuole perdere, tranne che a perdere qui siamo tutti noi.
Ringrazio Giancarlo anche per aver ridato un soffio di vita al blog, assolutamente dormiente. Sto però scrivendo un libro divulgativo (ma non troppo).
Dove cercare i responsabili della crisi bancaria in atto?
di Giancarlo Bergamini
E' sufficiente
una lettura casuale delle cronache giornalistiche per rendersi conto che quella
che si sta svolgendo sotto i nostri occhi è una vera e propria crisi bancaria.
E' mia convinzione che le sue ragioni remote risiedano nella crisi economica (e
solo in misura trascurabile nell'operato deplorevole di certi banchieri, che
viceversa occupa il grosso dello spazio sui media), ma che fosse compito delle
autorità, non solo monetarie, di scongiurarla. La clamorosa inadempienza di
queste ultime costituisce l'oggetto principale di questo breve excursus.
Le istanze
responsabili (Basilea, Commissione Europea, eurogruppo, BCE e loro lacchè
italiani), invece di adoperarsi per assicurare la tenuta del sistema bancario,
hanno contribuito in maniera significativa a creare condizioni propizie al
conclamarsi della crisi. Le loro sciagurate politiche hanno operato lungo due
direttive :
1) Requisiti patrimoniali sempre più stringenti
che, in economie già provate, operano in senso fortemente ciclico disincentivando
ulteriormente l'attività di erogazione di credito, combinati con criteri più
severi di valutazione dei crediti deteriorati (non performing loans);
2) Una politica di tassi a zero (o negativi)
che non consente alle banche di realizzare i margini necessari ad effettuare i
prescritti, massicci accantonamenti a fronte dei crediti inesigibili, e le
costringe a ricorrere al mercato per continui aumenti di capitale che trovano collocamento a condizioni viepppiù
penalizzanti.
Il tutto in un contesto normativo che ha
introdotto l'istituto del bail-in nel peggiore dei modi possibili. Senza
contare che, in merito all'opportunità di sancire il divieto degli aiuti di
stato al settore, è legittimo domandarsi se le istituzioni (in buona parte
europee) che con le loro ostinate politiche di austerità fiscale condividono la
responsabilità del prolungarsi della crisi economica possano lavarsi le mani
delle conseguenze che questa sta avendo sul portafoglio prestiti delle banche.
Veniamo ora alle implicazioni della dichiarazione, attribuita a diversi esponenti
della BCE (Draghi in primis), secondo la quale il modello di business delle
banche (soprattutto italiane) deve cambiare. Dichiarazione, aimè, del tutto
congruente con la politica messa in atto dalla Banca Centrale. Ebbene, come sta
cambiando il sistema bancario ?
Le banche "tradizionali", quelle
cosiddette commerciali, si trovano in condizioni sempre più critiche, prive di
una rete di sicurezza adeguata (il fondo Atlante dovrebbe avere risorse dieci
volte superiori per fornire la necessaria sicurezza), abbandonate da un sempre
maggior numero di depositanti che traslocano in massa verso il mondo del
cosiddetto "risparmio gestito". Ci si rende conto di che cosa questo
significa, in pratica, dal punto di vista del sostegno allo sviluppo economico?
Vuol dire che si indeboliscono gli istituti deputati ad erogare finanziamenti
ad imprese, famiglie e pubblica amministrazione, mentre i risparmi dei
depositanti, una volta approdati presso gli intermediari beneficiari delle disgrazie
delle banche commerciali, vengono allegramente dati in pasto alla bisca dei
mercati globali, coerentemente con la filosofia dei money managers.
E' questo il modello di business privilegiato
dall'ineffabile Draghi ? E' di questo che ha bisogno quella che ancora viene
definita l'economia reale ? Per non parlare della tutela del risparmio, sancita
dall'art. 47 della Costituzione (...e tutti risero), che fra rischi da
bail-in e smaltimento dei patrimoni nella cloaca dei mercati finanziari si
aggiunge alla lista dei principi (ripeto, costituzionali) svuotati di
contenuto.
Chiudo queste brevi considerazioni con un
avvertimento che mi permetto di rivolgere agli economisti e commentatori di
cose economiche, soprattutto coloro che si considerano “di sinistra” : non vorrei che certi stereotipi
prevalentemente ideologici - tipo allergia alla rendita, ostilità verso le
banche – fossero di ostacolo all'elaborazione di un quadro realistico ed
esauriente di quanto sta accadendo sotto gli occhi di tutti.
Giancarlo Bergamini
ma lei cosa pensa della possibilità di reintrodurre istituzioni che prevedano la separazione tra banche di raccolta risparmio e banche di investimento, dell'obbligo di investire parte del credito raccolto in titoli di stato e di tutte quelle misure di "repressione finanziaria" atte a scoraggiare la distribuzione del prodotto dell'economia reale a favore delle rendite per incanalarlo verso i redditi da lavoro? Tertium non datur, mi pare che la storia - anche quella recente - lo dimostri.
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