La lacerazione europea
Sergio Cesaratto
Lasciando da parte la bassa bottega del potere, la questione europea costituisce
senza dubbio il motivo divisivo più importante nella sinistra, ragione persino
di lacerazioni inter-personali. Un tentativo di riconciliazione è lontano e
forse impossibile. Sfortunatamente le vicende e l’analisi non sono dalla parte
dei “più Europa”.
Nei riguardi della vicenda greca è apparsa persino penosa,
nelle parole di Dino Greco (alla direzione del PRC), “la capacità (di
cui la sinistra italiana ha credenziali da master universitario) di trasformare
le sconfitte in vittorie, il che equivale a non elaborarne e a non apprenderne
la lezione, rimanendo prigionieri di una sorta di coazione a ripetere”. L’analisi
si basa in genere sull’assunto per cui la globalizzazione economica renderebbe inderogabile lo scioglimento
delle sovranità nazionali in enti sovranazionali. Si dimostri tuttavia perché decine
di paesi (della nostra dimensione o più piccoli) come la Corea del sud o, per
rimanere nell’UE, la Polonia non pensino lontanamente a unioni monetarie o
politiche. Almeno Salvatore Biasco ammette che l’euro è stata un’enorme
sciocchezza anche se, a suo avviso, non si può tornare indietro. Naturalmente
quella della rottura dell’euro è una problematica seria, ma che non risolve
tutta la questione. L’unico argomento residuale di una qualche dignità dei “più
Europa” rimane così quello idealista, per cui l’abbandono del sogno europeo, e
per taluni addirittura dell’euro, sarebbe un tradimento della ragione d’essere
della sinistra. Nel propugnare entità sovra-nazionali v’è la curiosa
convergenza, messa in luce da consolidati studi (per esempio di Robert Gilpin),
fra l’internazionalismo marxista e quello liberale fondati, rispettivamente, sulla
“solidarietà proletaria” e sulle virtù armoniche del libero mercato
internazionale. Vi è però una terza corrente marxista e democratica che nello
Stato nazionale vede la chiave della libertà e del progresso sociale - è
recondito citare i compagni Kurdi a conferma di una verità storica? Solide riflessioni
pubblicate, per esempio, su Asimmetrie mostrano come l’Europa politica o è ordo-liberista
o non è, per cui v’è poco terreno realistico su cui battersi per un “esito
diverso e solidale”. In verità l’UE e l’euro sono in perfetta continuità con la
globalizzazione del capitale: dopo che la mobilità di quest’ultimo l’ha reso
sfuggente alla lotta di classe, anche lo Stato si fa evanescente transustanziandosi
in irraggiungibili entità sovranazionali sì da svuotare la democrazia nazionale
di ogni significato sostanziale. Di democrazie sovranazionali fra entità
nazionali disomogenee culturalmente ed economicamente non v’è traccia storica (se
non molto limitatamente nel caso della Svizzera) e pour cause, dato che Parlamenti sovranazionali con poteri
significativi sulle risorse federali e con poteri di perequazione regionale si
dividerebbero presto lungo linee nazionaliste, Jugoslavia docet. E’ da
apprendisti stregoni voler mettere in pericolo il futuro del proprio popolo e
la pace internazionale in nome di ideali di questo tipo. La pace si tutela con
la cooperazione fra popoli liberi e sovrani. Mi basta citare Edward Carr o
Danilo Zolo a sostegno.
Lasciando da parte le posizioni più liberal-idealistiche (o
hegeliano-marxiste), la sinistra è dunque di fronte a un dilemma: da un lato v’è
chi sostiene che pur essendo la scommessa europea rivelatasi fallimentare, essa
è oggi l’unico “game in town”. Sebbene realistica, questa è una resa al
Montismo o al Renzismo, vedete voi di quale squallidezza volete morire, un
adeguamento alla globalizzazione di Stato e mercato. L’alternativa è una
sinistra che si renda promotrice di una consapevolezza di massa della natura
reazionaria del disegno europeo e si ponga come obiettivo la crisi politica di
quest’ultimo. Porre la questione in termini euro sì/no è solamente
banalizzarla: essa è più profonda e complessa. Segnali di ripensamento
sull’Europa provengono, fortunatamente, da parte di avveduti esponenti del “più
Europa” come Luciano Gallino e altri. E’ importante che con costoro la
riflessione prosegua serrata con reciproca onestà intellettuale.
Nella sinistra ed anche nel PD il clima sta faticosamente cambiando, è importante che si mantenga aperto un dialogo rispettoso, non con tutti ovviamente.
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