giovedì 6 ottobre 2011

Il cilicio di Enrico Letta: come confondere rigore e competenza economica con austerity

Pubblichiamo un nostro articolo su Left in edicola venerdì 7 ottobre.
I falsi profeti dell'austerity
di Sergio Cesaratto
Due elementi che si ritrovano sia nella lettera della Bce al governo italiano che nelle proposte della Confindustria appaiono particolarmente discutibili: l’innalzamento dell’età pensionabile e le privatizzazioni del patrimonio pubblico. Circa l’età pensionabile si dimentica in genere che il suo accrescimento comporta minori opportunità di occupazione per i giovani. Non è un caso che con l’aumento dell’età effettiva di pensionamento che si è avuta nel nostro Paese durante gli ultimi anni, le pur meno numerosi coorti di giovani abbiano trovato difficoltà crescenti a trovare lavoro.
 Senza politiche di aumento dell’insieme dei posti di lavoro v’è sì un conflitto generazionale fra giovani e anziani, ma nel giocarsi i posti di lavoro esistenti. Le politiche di tagli di bilancio e di stretta monetaria adottate in Europa non aiutano certo ad accrescere le opportunità occupazionali, anzi le diminuiscono. Non ritengo certo che quelle opportunità vadano create coi pre-pensionamenti, ma piuttosto che l’eventuale allungamento della vita lavorativa vada accompagnato a politiche del pieno impiego.
Bce, Confindustria e anche, sorprendentemente, l’ala moderata del Pd ritengono che i proventi di massicce privatizzazioni del patrimonio pubblico possano ridurre in maniera cospicua il debito del Paese e, conseguentemente, la spesa per interessi. Con questi risparmi di spesa, si reperirebbero risorse da investire, secondo i gusti, nella riduzione del costo del lavoro, nell’istruzione, nelle infrastrutture e quant’altro. Peccato però che dismissioni in tempi così rapidi sono impossibili,se non a prezzi di svendita. Ma anche nel più lungo periodo vi sono diversi problemi. 1) Il patrimonio edilizio pubblico potrebbe venir utilizzato per operazioni di speculazione immobiliare nei centri storici al di fuori di seri controlli. 2) La privatizzazione dei servizi di pubblica utilità creerebbe monopoli privati, come già tristemente accaduto dopo la stagione delle privatizzazioni al principio degli anni 1990. 3) La svendita del patrimonio industriale pubblico priverebbe il Paese di competenze che un governo progressista potrebbe impiegare per rilanciare una seria politica industriale pubblica. Nel caso dell’Irisbus, l’unico impianto italiano di autobus, perché la sinistra non ne chiede la nazionalizzazione in contemporanea a un rilancio del trasporto urbano in nome dell'emergenza occupazionale e ambientale? L'ipotesi, poi, di una fuoriuscita dello Stato dal comparto energetico si commenta da sola. L’impressione è che una classe imprenditoriale poco capace a iniziative industriali innovative voglia approfittare della svendita del patrimonio pubblico per fare affari; peraltro i bocconi migliori andrebbero in mano straniera privando definitivamente il Paese del controllo dell’alta tecnologia.

Che fare dunque per il debito. Si deve partire dall’idea che non è il debito di per sé a essere un problema, ma la spesa per interessi, come sa chiunque abbia un mutuo. Si deve inoltre sapere che i tassi di interesse li stabilisce fondamentalmente la banca centrale e non, come si è portati a credere, i mercati. Naturalmente se la banca centrale agisce da banca sovrana, cioè da prestatore di ultima istanza a Stato (e banche). Purtroppo la Bce non agisce da banca centrale degli Stati europei. Così vollero i tedeschi affinché la Bce ereditasse il ruolo che fu della Bundesbank di controllore dei salari tedeschi, per mezzo di una politica di contenimento dell'inflazione. Gli altri accondiscesero ritenendo di potersi portare a casa un po’ della disciplina tedesca. In realtà dai tedeschi la periferia europea ha importato solo tante Audi, Bme e Mercedes -  inclusi i tanti bus Mercedes che si vedono nelle nostre strade. Se la Bce agisse nel portare i tassi di interesse sul debito italiano vicino a quelli tedeschi, e contemporaneamente noi ci ponessimo l’obiettivo di stabilizzare (non ridurre) il famoso rapporto debito/Pil, si libererebbero risorse per istruzione e ricerca, per ridurre il carico fiscale sui salari, per le infrastrutture, etc. La situazione sarebbe persino compatibile con un disavanzo pubblico, da usare come volano di un ulteriore stimolo all’economia, come ha ricordato Massimo Pivetti la scorsa settimana (riprendendo un appello firmato nel 2006 da decine di economisti italiani e gli studi di Luigi Pasinetti). Naturalmente politiche simili andrebbero adottate in tutt’Europa, dando così un contributo anche alla ripresa globale - e una speranza a Obama di essere rieletto, poiché le due sponde dell'Atlantico sono profondamente interconnesse. Non a caso il ministro del Tesoro Usa si è speso nelle settimane appena trascorse per far cambiar rotta all’Europa.

I cuori e le menti pavide hanno il timore che se la Bce agisse potrebbe incorrere in “perdite in conto capitale” se il valore dei titoli che acquista perdessero valore (l'istituto di Francoforte ha un piccolo capitale messo dai Paesi membri dell’Unione monetaria europea). La Bce non ha, però,  alcun bisogno di un capitale, potendo stampare illimitatamente moneta. La sola promessa della Bce di sostenere massicci acquisti i titoli pubblici sotto attacco nei mercati basterebbe a scoraggiare la speculazione. Ciò senza che la Bce, nei fatti, debba acquistare neppure un titolo. Per venire tuttavia incontro ai cuori e, soprattutto, alle menti deboli, il ministro del Tesoro statunitense Gaithner ha proposto (implorato sarebbe il termine esatto) agli Europei di utilizzare i 440 miliardi di euro del fondo salva-Stati denominato Etsf (European Financial Stability Fund) come capitale aggiuntivo della Bce. In tal modo essa potrebbe minacciare di intervenire massicciamente senza che i fifoni debbano temere molto. Il rappresentante italiano nel board Bce Lorenzo Bini-Smaghi, svestendo i suoi panni di falco ha sostenuto la proposta e così, secondo alcune fonti, Draghi. I tedeschi, Merkel e il ministro delle finanze Schaulbe, al solito, un po’ non capiscono, un po’ dopo aver capito si trovano a dover convincere politici e opinione pubblica che la strada lacrime e sangue porterebbe solo a una rottura dell’Euro. Scenario a cui gli industriali tedeschi guardano con grande preoccupazione.
Se l’Italia avesse uno straccio di governo autorevole, o almeno una opposizione competente, cercherebbe di sostenere il piano Geithner. Un dibattito nel Pd si è aperto, e abbiamo letto il bravo Stefano Fassina sostenere l’intervento della Bce. Purtroppo se la deve vedere con una destra interna, Letta e Morando, che confonde il rigore della proposta economica con moralismo e austerity: la redenzione - cristiana o laica, come volete - attraverso il cilicio (ai lavoratori). L’analisi keynesiana, con la centralità della spesa pubblica per sostenere la domanda, ha sempre avuto un connotato immorale per molti comunisti e cattolici. Dall’altra parte abbiamo Sel che in sostanza preferisce evitare di misurarsi coi problemi per rifugiarsi in vaghe speranze di cambiamento futuro, in fondo anche questo con un connotato messianico. In mezzo c’è il nulla. Attendiamo che un dibattito più serio colmi quel vuoto. Prima che sia troppo tardi.


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