Le vie nazionali di rottura con il liberismo sono l'unica
via credibile per mettere in discussione il sistema di disoccupazione di massa
e ingiustizia sociale affermatosi con la globalizzazione finanziaria. E questo
vale soprattutto in Europa, dove la costruzione reale della Unione ha fatto
delle politiche di austerità un fondamento costituente della unione stessa.
Questa a mio parere è la sintesi politica brutale dello
splendido piccolo manuale di economia e storia del pensiero economico che
Sergio Cesaratto ha voluto condensare nelle sue " Sei lezioni di
economia". Un libro che ci conduce tra le
principali teorie sul capitalismo, partendo da Ricardo e Marx per giungere a
Keynes a Sraffa e alla teoria oggi dominante, il marginalismo neoclassico. Un libro che in questo percorso
ci fa incontrare tutti i temi e le politiche economiche che caratterizzano la
crisi attuale.
Sergio
Cesaratto, con Alberto Bagnai e pochi
altri, fa parte di quella pattuglia di economisti eterodossi che da tempo
mettono in discussione alla loro radice
le politiche di austerità. E che per questo giungono a ritenere necessaria la messa
in discussione dell'euro e al limite della stessa Unione Europea.
Economisti eterodossi, come lo stesso Cesaratto si autodefinisce, il che non
vuol dire economisti della sinistra. Essendo molti di questi oramai parte, come
le forze di centrosinistra a cui fanno riferimento, dello schieramento
liberista. Economisti eterodossi sono tutti coloro che non accettano il dominio
del pensiero degli economisti neoclassici e quello della politica liberista che ne è derivata. Senza dimenticare mai che
il dominio di questa scuola, nata nella seconda metà dell'800 per ripudiare
Ricardo e tutti quegli economisti che davano troppe armi a Marx, non nasce
dalla superiorità teorica, ma dalla forza del
potere capitalistico che l'ha fatta propria.
Cesaratto
mette in giusto ridicolo le teorie dell'equilibrio e del profitto e salario
"naturali", cui tenderebbe ogni economia se non ci fossero
interferenze dello stato nel libero mercato. Il mondo attuale, governato dai
principi della economia ortodossa neoclassica, ne rappresenta la totale
falsificazione. La realtà non è così, non è vero che tagliando lo stato sociale
e i salari alla fine si raggiunga l'equilibrio e produzione ed occupazione
ripartano. No la ripresa non c'è. E tuttavia le politiche liberiste, nonostante
falliscano i loro stessi obiettivi, vengono continuamente riproposte, grazie
anche ad un sistema di potere culturale
e mediatico in cui dilaga la memoria del pesce rosso. Che si sa dura un minuto
e quindi permette di ripetere come nuovo e all'infinito sempre lo stesso atto.
Ma la
società dei pesci rossi non si è formata in un minuto. Il primo esperimento
mondiale di politiche liberiste nel dopoguerra si è avuto nel Cile di Pinochet.
In quel paese, dopo il golpe del 1973 che assassinò Allende e decine di
migliaia di militanti della sinistra, si precipitarono i Chicago boys di Milton
Friedman; con i loro esperimenti alla dottor Mengele, per usare le parole di Cesaratto su ciò che può accadere in alcuni
paesi d'Europa. Il Cile allora come la Grecia oggi sono state le cavie di
terribili esperimenti sociali.
La
sperimentazione del massacro sociale in paesi cavia chiarisce che il liberismo
attuale è prima di tutto ordoliberismo. Cioé è il frutto dell'incontro tra
il potere economico e il potere
politico, che diventa anch'esso fattore ed agente del mercato. Tutta la
globalizzazione attuale non esisterebbe senza accordi, leggi, trattati, tra gli
stati e negli stati. È un liberismo costituente quello che abbiamo di fronte,
non a caso tra poco saremo chiamati in Italia a decidere se mantenere la nostra
Costituzione o devolverla a Maastricht.
È il potere conservatore ed elitario di Von Hayek quello che emana le
leggi che distruggono le conquiste sociali e di democrazia dei popoli, quelli
europei in particolare. E lo stato del capitalismo liberista è proprio l'Unione
Europea.
"..Siffatta unione politico-monetaria
svuota del tutto lo Stato nazionale dei poteri monetari e fiscali, privando le
classi lavoratrici del loro terreno naturale di conflitto: il proprio Stato
nazionale. La democrazia si riduce così alle lotte per le libertà civili,
coerentemente ritenute centrali dai radicali (il resto la fa il mercato). L’incompatibilità
fra euro ed Europa sovranazionale da un lato, e democrazia dall’altro, è
totale..." Così Cesaratto, e ancora : "..L’euro disvela così la
propria vera natura spazzando via la retorica europeista. Esso è uno strumento
disciplinante delle classi lavoratrici, in particolare nell’indisciplinato sud,
Francia inclusa.." Euro e
Unione Europea non sono terreni neutri, sono lo strumento individuato dalle
classi dominanti europee per imporre un roll
back continentale a tutto il mondo del lavoro: l'Europa lo vuole, Deus
vult.
Sconfitto
e crollato il comunismo, la socialdemocrazia europea è stata assorbita nella ideologia e nel
potere liberista, mentre le sinistre radicali non sono state in grado di
produrre altro che dei buoni sentimenti, destinati a finire travolti. Profetiche
appaiono le parole di decenni fa di Bob Rowthorn, economista eterodosso e comunista britannico, parole riprese da
Cesaratto:
"..La
crisi che colpisce milioni di cittadini britannici è ora su di noi. Se la
sinistra intende sfruttare questa situazione, essa deve adottare un programma
che offra alla gente qualche speranza, e deve dunque ragionare in termini di
qualcosa di più pratico della rivoluzione europea o mondiale. Coloro che
attaccano una strategia nazionale per il socialismo in Gran Bretagna come
destinata al fallimento e si appellano a una rivoluzione europea o mondiale
possono sembrare molto rivoluzionari. Ma nei fatti la loro è la dottrina della
disperazione, e per quanto molte delle loro opinioni possano ispirare una piccola
avanguardia di simpatizzanti, essi non possono che ispirare demoralizzazione
fra le masse di lavoratori a cui non offrono niente.."
Dopo la
resa di Tsipras e la crisi di tutte le sinistre radicali europee, vecchie e
nuove, la irriformabilità e l'alterità dell'euro e della Unione Europea
dovrebbero essere il punto di partenza di ogni progetto e schieramento
democratico anti austerità. Euro ed Unione Europea sono oggi lo strumento della
regressione sociale e democratica in Europa, sono la Santa Alleanza del
ventunesimo secolo. Si possono solo combattere e rompere, non riformare. Il
libro di Sergio Cesaratto ci aiuta meticolosamente a capirlo e ci impone una risposta concreta, non di galateo, alla sua conclusione politica:
"..senza
utopismi, dobbiamo declinare il tema dell’autonomia nazionale in senso
solidaristico verso gli altri popoli, per un nuovo ordine economico e politico
internazionale; dobbiamo, soprattutto, porre i temi della piena occupazione e
della giustizia sociale come la ragion d’essere della sinistra, dimostrando che
sono obiettivi possibili..."
Uno dei tagli più significativi: «, non a caso tra poco saremo chiamati in Italia a decidere se mantenere la nostra Costituzione o devolverla a Maastricht.»
RispondiEliminaÈ vero che il 4 dicembre è passato, ma bastava volgere al passato la frase e lasciarla ("non a caso da poco siamo stati chiamati a...". Nel taglio si sono pure dimenticati di lasciare la punteggiatura. Quindi il taglio è evidentissimo.