sabato 25 luglio 2015

Le due sinistre e l’epilogo greco



 Come al solito non pubblicato da il manifesto, già pubblicato su Asimmetrie.

Europeo sarà lei! Le due sinistre e l’epilogo greco
di Sergio Cesaratto
Gli infelici esiti della vicenda greca hanno reso più evidente l’esistenza di due punti di vista nella sinistra italiana (“sinistra” senza aggettivi poiché il PD non è più un partito di sinistra) che per comodità potete identificare col meno e col più Europa, rispettivamente. Il primo fronte ritiene che una prospettiva politica dentro un quadro europeo considerato irriformabile non possa che risolversi, contro ogni buona volontà, in una forma di renzismo se non peggio. Dall’altro fronte si ribatte tacitando di infantilismo e avventurismo ogni prospettiva di rottura con quel quadro. Sgombrando il campo dalle goffe coperture di una tragica débâcle, per cui l’aggravamento dei destini greci diventa un frivolo “pericolo recessivo” mentre la Troika si sarebbe addirittura “spaccata”, come sostenuto da un esponente del “più Europa” su il manifesto, domandiamoci se v’è spazio per una ragionevole comprensione fra le parti?

Intanto gli esponenti del primo fronte hanno per primi messo in evidenza le difficoltà geopolitiche di una Grexit tanto più che, almeno a sentire Tsipras, il governo greco non avrebbe trovato sponde finanziarie e incoraggiamento politico né da Russia né dalla Cina. Quindi nessun facile processo a Tsipras. Semmai colpisce una certa credulità della maggioranza di Syriza nell’andare alle trattative con l’Europa pensando che davvero quest’ultima potesse cambiare. Questo è il vero tema del contendere. La storia ha certamente i suoi tempi, e così la consapevolezza politica. E’ molto probabile che non solo nei drammatici giorni a cavallo fra fine giugno e inizio luglio, ma sin dall’inizio Syriza non avesse alternative alla carta della trattativa. Se il sacrificio non è servito al popolo greco, destinato a una manovra atroce su un corpo mutilato (altro che “pericolo recessivo”!), esso è almeno servito a disvelare il vero volto dell’Europa di entità sovra-nazionale e ordo-liberista, dominata dagli interessi mercantilisti del paese più potente. Il primo fronte ne conclude che quel quadro vada rotto. Il secondo replica che non v’è alternativa a battersi con perseveranza per modificarlo, ma senza romperlo. Il primo fronte ribatte che in quel quadro l’unica politica possibile è quella che decidono gli altri. E la direzione scelta dalla Germania è quella di un’Europa ancora più invasiva e autoritaria.
Una convergenza fra i due fronti v’è naturalmente nel tratteggiare quale potrebbe essere un’Europa diversa pur nel quadro dato. Senza cadere in voli pindarici che anche c’è toccato leggere sempre su il manifesto – “Europe dei popoli”, le “economia solidali” e “nuove Ventotene” - gli scorsi anni hanno visto una sequela di proposte per una Europa più keynesiana, inclusi innumerevoli Piani Marshall. Il primo fronte mantiene tuttavia uno scetticismo circa l’efficacia di tali piani a ripianare i disastri dell’euro, in particolare la mezzogiornificazione della periferia. Ma, soprattutto, ritiene che gli interessi mercantilisti della Germania siano incompatibili con il ruolo di traino che il mercato intero di quel paese dovrebbe svolgere. Al contempo denuncia come difficilmente i paesi più ricchi vorrebbero contribuire al cospicuo bilancio federale, necessario a ripianare gli squilibri. In definitiva ritiene che un completamento dell’Europa monetaria con una più piena Europa politica e redistributiva pecchi di velleitarismo. L’unica Europa possibile sarebbe la presente, costruita scientemente allo scopo di privare le classi lavoratrici nazionali dell’interlocuzione col proprio Stato sovrano, dopo che anche il capitale si fa evanescente con le delocalizzazioni. Dunque fondamentalmente autoritaria.
Ma se il primo fronte considera velleitaria “l’altra Europa”, il secondo fronte restituisce pan per focaccia circa il famoso Piano B. A ben vedere, tuttavia, le questioni poste dal primo fronte sono più profonde di un più o meno meticoloso Piano B. Se e quando l’euro entrerà in crisi non sarà per l’agitazione di un dettagliato Piano B, bensì quando verranno a mancare le condizioni politiche per la sua sopravvivenza. Quando ciò accadrà, certamente ci sarà vita anche dopo, e sarà interesse internazionale di trovare nuovi equilibri – una nuova Vestfalia che restituisca la sovranità democratica agli Stati in un quadro di cooperazione, più che una nuova Ventotene E’ naturalmente compito importante delineare degli scenari alternativi per l’Europa, che tengano anche conto degli effetti geopolitici, dato che gli USA hanno precise preferenze geostrategiche mentre il nodo tedesco, il vero cancro europeo, sarà ancora lì. Ma accanto al necessario lavoro di approfondimento degli scenari, mi sembra ora urgente trarre beneficio dalle incrinature che la vicenda greca ha apportato alla costruzione europea, per accelerarne la crisi politica e impedirne la possibile degenerazione in forme ancor più autoritarie. Su questo presupposto può nascere un nuovo soggetto politico capace di suggerire alle nuove generazioni un terreno di lotta in cui tradurre in politica il dramma esistenziale del proprio futuro.
Un’unità fra le due sinistre può dunque realizzarsi nell’obiettivo di una crisi di quest’Europa e delle sue derive autoritarie attraverso una vasta opposizione sociale. Poi ciascuno avrà in tasca un esito possibile, tenendo a mente con onestà intellettuale che la storia potrà dimostrare che è l’altra opzione quella con più filo da tessere, e che comunque può per certi versi essere utile agitarle entrambe (o si cambia o si rompe).

4 commenti:

  1. Guarda un po', un tempo la gente prendeva le armi contro gli oppressori: gli ebrei contro Roma, gli spagnoli contro Napoleone, i milanesi contro gli austriaci e Cuba e il Nicaragua contro gli americani. Oggi vien fuori che "sin dall’inizio Syriza non aveva alternative alla trattativa" perché senza l'appoggio russo o cinese rischiava di perdere il 5 o il 10 % del PIL. Orrore!

    Su queste basi non ci sarebbe stata una sola rivoluzione o guerra civile nella storia dell'umanità.

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  2. Signore mio, a parte che senza un solido appoggio esterno il crollo del Pil sarebbe stato ben più grave e duraturo, io non faccio lezioni agli altri, sulla pelle degli altri, specie in poltrona da casa mia.

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  3. Egregio signor Cesaratto,

    condivido la sua risposta al signor Lorenzo, ma fino ad un certo punto.

    Partiamo dal solidio appoggio esterno.

    Questa ovviamente è una valutazione personale senza riscontri all'infuori della logica di quello che si legge sui giornali e che quindi è molto parziale, dicevo sul appoggio esterno, siamo sicuri che Tsipras l'abbia veramente chiesto?

    Il recente accordo con Israele, che non penso sia stato imbastito in pochi giorni, e il fatto che Varoufakis ha confessato di aver messo su solo un gruppo di studio di, a detta sua, 5 elementi per valutare il da farsi sull'uscita dall'euro, non depone a favore di una trattativa importante abortita con Russia e Cina, visto che mancavano i presupposti da parte greca per una valutazione delle richieste finanziarie e non a questi due paesi.

    Su cosa ha chiesto aiuto Tsipras, su un piano inesistente o molto vago?

    Se non c'è un esteso programma come si fa a chiedere qualcosa come contropartita?

    Poi può tranquillamente essere che ci sia stato da parte di Russia e Cina un no pregiudiziale a prescindere, ma a questo punto sono dubbioso.

    Per il resto bisognerebbe vedere se anche Tsipras non stia giocando col suo popolo, perchè ha aspettato così tanto a riattivare la Tv pubblica e con questa informare quantomeno sui problemi reali che l'addozione dell'euro comporta?

    Forse l'opinione pubblica maggiormante informata si farebbe una idea sia dei sacrifici del rimanere sia di una eventuale uscita e dei problemi connessi, ma anche della possibilità una volta usciti di sfilarsi dal giogo comunque imposto delle politiche neoliberiste.

    Poi per carità rimangono i problemi della bilancia dei pagamenti ecc. non sto qui a rielencare tutte le problematiche che, anche io che non sono esperto ormai nelle linee essenziali e generali conosco, ma ad un certo punto, qualcuno una qualche tipo di scelta fatta non in maniera ideologica (rimanere nell'euro a tutti i costi o uscirne a tutti i costi) ma in maniera ponderata dovrà pure farla, quello che vedo però è che in Grecia continuano a prevalere visioni ideologiche a prescindere da parte di Tsipras.

    E c'è un altro problema, se si continiua così tra qualche anno ci sarà ancora una società civile in grado di reagire?

    Non si rischia che il disincato si trasformi in qualcosa di orribile?

    Anche questo è da mettere sul piatto.

    Il discorso sarebbe ovviamente molto lungo e per chi non ha troppi elementi come il sottoscritto anche impervio.

    Una cosa però posso dirla, proseguire questa strada senza ad un certo punto un taglio netto credo che favorisca più gli interessi finanziari che si riorganizzano meglio e più velocemente.

    Saluti.

    Riccardo.

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  4. caro sergio, .. inizio anche io ad avere articoli rifiutati dal manifesto, sullo stesso tema..

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