Pubblichiamo articolo uscito oggi (20-8) su il manifesto col titolo - inadeguato, mi sembra, rispetto ai contenuti del pezzo: "Il «bazooka» che Draghi non vuole usare". Draghi non decide queste cose! Ahi la sinistra! E se volete farvi salire la rabbia, leggete questo pezzo (in inglese) dallo Spiegel.
DPA
German Finance Minister Wolfgang Schäuble has every reason to smile.
Un influente economista europeo, Charles Wyplosz è coautore di una proposta
di una semplicità cristallina per cominciare a sdrammatizzare la crisi in corso
(voxeu.org). In breve Wyplosz propone che la BCE acquisti un quarto dei debiti
pubblici dei paesi europei periferici (Francia inclusa) pari a 1.200 miliardi
di euro, circa un quarto del loro Pil. In sostanza, man mano che titoli del
debito di questi paesi vengono a scadenza, la restituzione viene finanziata dalla
BCE che in cambio ottiene titoli perpetui con un tasso di interesse zero. Operazione quindi a costo
zero per i contribuenti europei. Ma che fine fa la moneta messa così in
circolazione?
Wyplosz non ritiene che essa costituisca un pericolo
inflazionistico nelle circostanze attuali. In effetti, liberatesi di una mole
notevole di titoli pubblici problematici, le banche potrebbero utilizzare la
liquidità per restituire precedenti prestiti dalla BCE. Oppure quest’ultima
potrebbe drenarla emettendo titoli di deposito – poiché questi vanno remunerati
a un tasso minimo questo ha un costo, ma non si tratterebbe di gran cosa
rispetto ai vantaggi. E’ un peccato che proposte di questo tipo non diventino
oggetto di considerazione a sinistra e di battaglia politica
perché la sua componente di e al governo se ne faccia portatrice. Naturalmente la proposta non costituirebbe
che un tassello di una necessaria più ampia riforma delle istituzioni e
politiche europee di cui tanto abbiamo scritto. Queste soluzioni sarebbero
ovvie se l’Europa assomigliasse a quella vagheggiata dagli europeisti a
prescindere. Purtroppo non è così perché l’Europa monetaria come la
sperimentiamo non è che parte dello sconvolgente movimento epocale che stiamo
vivendo, di cui i nein tedeschi sono
strumento interessato. Partito dalla necessità di riportare ordine dopo che la
piena occupazione dei famosi anni gloriosi aveva generato grande indisciplina
sociale, rinvigorito dalla fine della sfida socialista e sostenuto dall’entrata
nel mercato dell’immenso esercito industriale di riserva dei paesi emergenti,
il caposcuola dei commentatori economici Samuel Brittan l’ha definito un
ritorno all’epoca vittoriana. Una vivida descrizione dell’obiettivo lo dobbiamo
a quel Padoa-Schioppa che la sinistra portò sugli scranni del proprio governo: “lasciar funzionare le leggi del
mercato, limitando l'intervento pubblico a quanto strettamente richiesto dal
loro funzionamento e dalla pubblica compassione …attenuare quel diaframma di
protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente
allontanato l' individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i
rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità” (Corriere della Sera,
26 agosto 2003).
Questo quadro drammatico fa da sfondo alla crisi della sinistra, oggetto
quest’ultima degli interventi di Goffredo Bettini su questo giornale. Questi
appare spiegarla come un errore soggettivo di gruppi dirigenti facinorosi e
insensibile al grido di dolore di un crescente popolo dei vinti, una
descrizione eccessivamente soggettiva e dickensiana (appunto). Inadeguata ai
rivolgimenti e alle sfide, ci sembra -
sempre fatte salve le buone intenzioni su cui intessere il dialogo. V’è naturalmente
un errore storico di gran parte della sinistra, non solo nostrale, nell’aver
pensato di poter governare il capitalismo scatenato (la famosa terza via), come
lo definì l’indimenticato Andrew Glyn. Ma questo sembra ormai quasi un nobile
passato a confronto delle risse attuali che assomigliano vieppiù a quelle dei
capponi di Renzo, fra gruppi di potere che non sanno che pesci prendere e che
vedono scemare la trippa da spartire. L’Europa è oggi questione di vita o di
morte per la sinistra, il fronte su cui difendere decenni di progresso sociale
del nostro paese, sanità e istruzione pubblica in testa, e con l’obiettivo
della piena occupazione come valore primario (lasciando in seconda linea altre
tematiche care alla tanto compassionevole sinistra nostrale). Sulla creazione
di lavoro, sui diritti sociali e contro chi ce li vuole negare, da noi e in
Europa, va costruita la rabbia del nostro popolo.
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