venerdì 11 novembre 2011

Noi (cioè voi) faremo la nostra parte

Pubblichiamo un articolo pubblicato oggi (11 novembre) da Left (Avvenimenti) allegato in questa occasione all’Unità. Per fortuna, pur se anche Left si è cautelato relegandoci lontano dalle pagine della politica,  perché difficilmente sul giornale del PD trovereste nulla su quello che un nuovo esecutivo dovrebbe richiedere all’Europa e di diverso fare in Italia - a parte un generico richiamo a equità (nei sacrifici, sia ben chiaro!) e patrimoniale. Fa rabbia, scusate il tocco di anti-politica, sentire i dirigenti PD affermare: “noi faremo la nostra parte”. Onestà vorrebbe che dicessero “noi faremo fare a voi, popolo della sinistra, la più parte”. Da leggere Roubini sul FT di oggi, (qui). La sostanza è che Berlusconi o no, in quest’Europa l’Italia non ce la farà mai, nonostante il PD intenda farci fare la nostra parte. Da leggere anche Eichengreen (sul Sole). Krugman neppure lo cito (seguite il suo blog). Colpisce che Ferrara lo sbatta in prima, ma sarebbe da sciocchi farsi spiazzare dal suo evidente uso strumentale di chi critica l’attuale assetto europeo per scagionare il cavaliere dalle sue responsabilità.
Marco Santoni mi segnala infine un'ottimo articolo Mariana Mazzucato, Professor of Economics, University of Sussex sul perché l'uscita (ma ci sara?) di B. non è sufficiente.


Rimetti a noi i  nostri debiti (titolo redazionale)
Il recente summit del G20 è stato il più privo di contenuti fra quelli sinora svoltisi. L’Europa si era presentata reduce dei risultati dell’ennesimo vertice europeo, quelli del 26 ottobre, il terzo a proclamare la risposta definitiva alla crisi europea, senza alcuna vera proposta di sostanza tranne il cappello in mano per chiedere un aiuto finanziario esterno ai Paesi emergenti, a partire dalla Cina. Questi hanno risposto picche sostenendo, giustamente, che l’Europa non ha bisogno di aiuti esterni e che se la deve vedere al suo interno. Il Presidente Obama è apparso particolarmente arrendevole. Più specificatamente non ha riproposto il ragionevole piano che il suo ministro del Tesoro Geithner aveva avanzato agli europei lo scorso settembre per un intervento della Bce, ricapitalizzata attraverso il fondo Salva-stati. Venerdì 4 novembre erano girate voci di un asse franco-americano per un intervento più sostanziale della Bce, l’unica istituzione che, senza costi per nessuno, può garantire i debiti dei Paesi periferici tranquillizzando i mercati e riducendo considerevolmente i famosi “spread”. Ma a quanto pare non se n’è fatto nulla. Probabilmente sia Obama che Sarkozy sono anatre zoppe. Il Fondo monetario internazionale aveva proposto di assumersi le responsabilità proprie della Bce, emettendo 250 miliardi di dollari di “diritti speciali di prelievo” (una lungimirante eredità di Keynes). I Paesi in difficoltà della zona Euro avrebbero potuto conteggiarli fra le proprie riserve valutarie ed auree. La Germania ha risposto negativamente: «Questo equivale a stampare moneta, crea inflazione». 
Il debito italiano
L’Europa e con essa il mondo sono ora senza una bussola mentre la situazione non può che deteriorare. In questo frangente il vertice G20, come era già accaduto all’ultimo summit europeo ad opera della coppia Merkel-Sarkozy, non ha trovato di meglio che prendere l’Italia come capro espiatorio della situazione. Qui va detto a chiare lettere che in nessun senso e nessun modo il debito pubblico italiano è responsabile della crisi europea. Il debito del Belpaese è lì da svariati decenni senza aver mai creato crisi globali. Semmai è vero l’opposto: è la crisi europea causata da una Unione monetaria disegnata a immagine e somiglianza della Germania ad aver creato problemi al nostro debito pubblico. In Italia molti, anche a sinistra, sono invece succubi dell’idea che il debito italiano sia una catastrofe e la vera causa dei problemi dell’euro.
Giuliano Ferrara è rimasto entusiasta di questa mia posizione espressa su l’Unità del 6 novembre al punto da assegnarmi un premio per la “frase più importante dell’anno”: «Possiamo ben dire che è questa Europa che sta facendo esplodere il debito italiano e non viceversa». Ferrara naturalmente è incoerente quando invita il Cavaliere ad approvare per decreto quanto l’Europa ci prescrive, che auspichiamo non sia quanto il centro-sinistra si candida a fare. Si deve infatti esser chiari su questo: i tassi di interesse li fanno le banche centrali, non i mercati, a meno che li si lasci fare, come accade in Europa, determinando l’insostenibilità del debito italiano. Certo, c’è l’effetto Berlusconi, ma anche la sua rimozione potrà attenuare, ma non annullare gli spread. È anche chiaro che l’intervento della Bce potrebbe tamponare, ma non risolvere il problema di fondo che ha reso il debito italiano non sostenibile: la mancata crescita.  
La crescita perduta
Molti economisti, soprattutto americani, prima della nascita della moneta unica, ci avevano avvertito che l’Eurozona non era un’area valutaria ottimale, cioè sufficientemente omogenea da un punto di vista economico e politico da poter far a meno di regolari aggiustamenti dei tassi di cambio volti a riequilibrare la competitività fra Paesi. La mancata crescita italiana negli anni dell’Euro si è accompagnata da crescenti squilibri nei conti con l’estero, ambedue effetti della perdita di competitività. Ad aggravare il tutto, è infine occorsa la crisi economica, non certo causata da noi, semmai dalle banche americane e tedesche. Non è un caso che il debito pubblico italiano, prima sostenibile e detenuto principalmente da cittadini e banche italiane, abbia cominciato a pesare in maniera crescente sul Pil e anche a necessitare degli investitori stranieri per essere rifinanziato (sicché parte del debito pubblico ora coincide con un debito estero). Una situazione che prima dell’aumento dei tassi di interesse avvenuta lo scorso giugno - dovuta inizialmente all’effetto Berlusconi, ma anche a una crescente inquietudine dei mercati - non era degenerata. Ma che oggi,in assenza di alcun intervento sulle cause di fondo, è diventata molto pericoloso. Berlusconi lo si potrà cacciar via, ma questo non rappresenterà la soluzione dei problemi. Senza un intervento radicale della Bce - purtroppo, nonostante il buon segnale di Draghi di diminuire il tasso di interesse, non si intravede un vero cambio di passo dell’istituto di Francoforte – la crisi del debito pubblico italiano è destinata a continuare. Essa deriva dai disequilibri strutturali dell’Europa.
Deficit = surplus
All’interno dell’Europa c’è una periferia in deficit e in debito. L’aritmetica ci suggerisce che allora vi devono essere Paesi simmetricamente in surplus e in credito. Il buon senso aggiunge che i primi possono tornare solvibili solo se i secondi agiscono in modo da renderli tali. Vi sono solo due modi in cui i “forti” possono aiutare i debitori: o sussidiano i “deboli” con trasferimenti fiscali (la “transfer-union”, molto temuta dai tedeschi che ne dovrebbero pagare buona parte dei costi); oppure rilanciano la domanda interna, consumando di più, esportando di meno e importando nei confronti dei Paesi deboli, e lasciando andare la loro inflazione. Le politiche mercantiliste praticate dalla Germania, tutte tese a rafforzare le esportazioni, sono incompatibili con l’unione monetaria. Ma la Germania pensa invece che i deboli possano ritrovare la competitività perduta con tagli dei salari e della spesa sociale, politiche che portano disoccupazione, disperazione sociale, criminalità crescente, tagliano risorse a istruzione e ricerca. Questa è pura follia, come la stessa Troika (UE, BCE, FMI) che sorveglia la Grecia ha dovuto ammettere. 
 Un terza strada c’è, rompere l’Eurozona. Ma le conseguenze sarebbero ancor più dure. Da infrangere di sarebbe solo la testardaggine di chi in Europa e in Italia, a destra come a sinistra, non ha coraggio, competenza e fantasia di farci uscire da questa situazione.
Una personalità keynesiana
Dunque un’Europa Made in Germany non ci aiuta  sostenere a breve il debito, mentre ha determinato mancata crescita e insostenibilità del lungo termine. Non di un liberista bocconiano alla Monti il Paese ha bisogno, ma di una solida personalità di impronta keynesiana, che faccia valere in sede europea, le ragioni della ragione, ancor prima di quelle del Paese. Dovrebbe in quella sede imporre, con le dovute alleanze, che alla diminuzione radicale dei tassi di interesse sui debiti, conseguenza di un maggiore attivismo della Bce, si accompagni un obiettivo di stabilizzazione dei rapporti debito pubblico/Pil (non di riduzione). In tutti i Paesi, soprattutto in quelli forti, questo consentirebbe politiche di espansione della spesa pubblica e quel sostegno alla domanda senza cui non si può crescere. In Italia altre risorse si libererebbero dall’imposizione sui patrimoni e dalla lotta all’evasione. Queste risorse vanno destinate alla diminuzione del carico fiscale sul lavoro dipendente, al sostegno all’istruzione, a politiche industriali e ambientali. E non a ridurre il debito, che con bassi tassi di interesse e una ripresa della crescita smetterebbe di preoccuparci. 
(Left, 11 novembre 2011)

3 commenti:

  1. Invece come è molto probabile oramai si andrà incontro, anche con il governo Monti, a politiche di depressione economica, visto che nessuno ha il coraggio di rimettere le mani sulla struttura Bce.
    Mi chiedo se ci sia una possibilità di superare questa burrasca pur restando fedeli ad un concetto di Eurozona nato malato.

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  2. Mariana Mazzucato, Professor of Economics, University of Sussex su Huffington post

    http://www.huffingtonpost.com/mariana-mazzucato/italy-berlusconi-euro-crisis_b_1089238.html?ref=italy

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  3. Che il problema principale sia quello della crescita è un fatto acquisito. Ma perchè non è possibile lavorare nel contempo sulla riduzione del debito e magari finalizzare parte dei risparmi così come ci indica la dottoressa Mazzuccato? Voi dite che Monti non può fare questo. Certamente Berlusconi non poteva (forse perchè nemmeno sapeva o voleva sapere). Io spero che Monti si muova in tal senso e che ci sia tempo. E comunque con una credibilità recuperata sarà certo più facile tornare a parlare con gli altri Leader europei....

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