domenica 22 marzo 2020

In ginocchio dal MES, articolo su Il Fatto quotidiano (su richiesta)



22 marzo 2020 su Il Fatto quotidiano col titolo redazionale: MES ipotesi pericolosa. Solo la BCE può evitare il disastro
L’Europa aveva cominciato molto male ad affrontare gli eventi che fanno seguito all’epidemia. In maniera ipocrita la Commissione aveva allentato i vincoli di bilancio (ora definitivamente sospesi), come se questi non sarebbero comunque saltati e come se la misura bastasse. Com’è noto, la possibilità per un governo di spendere in disavanzo dipende dai tassi di interesse che esso deve pagare sui debiti che contrae. I titoli tedeschi, considerati sicuri, pagano un tasso di interesse negativo. Invece, appena il governo italiano si azzarda a spendere troppo, i tassi che paga schizzano verso l’alto. In aggiunta, la presidente della BCE Christine Lagarde con un’improvvida, ma non casuale, dichiarazione gettava benzina sul fuoco affermando che la BCE non era lì per frenare gli spread (il differenziale fra i nostri tassi e quelli tedeschi), cioè per aiutare l’Italia. Un cocktail micidiale si andava preparando per noi, quello del ricorso al MES. Il messaggio dei falchi europei agli italiani era chiaro: spendete pure per tirarvi fuori dalla crisi sanitaria, poi faremo i conti. Sull’orlo della bancarotta dovrete venire in ginocchio al capezzale del controverso Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), il cosiddetto fondo salva-Stati. Il MES non ha risorse sufficienti per salvare l’Italia, ma una volta che un Paese vi ricorre, la BCE può intervenire comprando i suoi titoli pubblici (il famoso “Whatever it takes” di Draghi). Ma il sostegno lo pagherete caro, con la ristrutturazione del debito pubblico prevista dallo stesso MES che ricadrà su banche e risparmiatori italiani, così la finirete di costituire una mina vagante per la stabilità finanziaria dell’eurozona. L’aiuto del MES sarà inoltre subordinato a un memorandum of understanding che porrà finalmente sotto controllo le vostre finanze pubbliche attraverso cure da cavallo – alla greca vien da dire, ma in realtà molto peggio perché dopo la crisi sanitaria saremo già moribondi.
Qualche mediazione della Merkel deve essere poi prevalsa, con un pensiero alla Francia che in questo contesto non se la sarebbe comunque passata bene, e a una deflagrazione dell’Italia e dell’euro. Sicché a metà settimana la BCE ha annunciato il dispiegamento di un big bazooka, un rafforzamento del piano di acquisti di titoli pubblici che lo porta a oltre mille miliardi di euro. Forzando le regole, la BCE potrà sostenere di più i Paesi che, come l’Italia, sono sotto attacco. Poco, tanto? La permanenza di tassi di interesse su livelli ancora insostenibili per consentirci le necessarie politiche di spesa suggerisce che la misura della BCE sia insufficiente.
Con qualche sorpresa Giuseppe Conte ha successivamente espresso il desiderio italiano di ricorrere ai fondi MES, purché non subordinati a condizioni capestro. Ma perché ricorrere al MES quando c’è già l’intervento della BCE? I fautori dell’intervento vedono i prestiti dal MES come una sorta di eurobond: il MES emette titoli per noi a tassi molto più convenienti. Ma chi ci assicura che quando i crediti dovranno essere rinnovati non ci saranno imposte gravose misure fiscali e la ristrutturazione del debito, e che dunque non ci stiamo mettendo nelle fauci del lupo? Perché i mercati dovrebbero sentirsi tranquillizzati?
Anche Ursula von der Leyen ha nei giorni scorsi sostenuto l’emissione europea  di “corona-bond”, eurobond per finanziare il nuovo debito col sostegno dalla BCE. Questo sì che potrebbe avviare una vera europeizzazione del debito in quanto esso apparirebbe come europeo e non nazionale. Gli eurobond sono anche migliori dell’acquisto di titoli nazionali da parte della BCE, misura pur sempre temporanea, e comunque ne completano l’azione a sostegno del debito preesistente. Qualcuno ha addirittura proposto di trasformare il MES nell’organo tecnico d’emissione. Ma l’Olanda, che la Germania manda ipocritamente avanti, si è messa di traverso, per cui Conte deve aver pensato che questa strada è preclusa. E l’Italia ha molta più fretta della Germania. Ma solo gli eurobond, sostenuti dalla BCE, prefigurerebbero un principio di cambiamento strutturale della governance dell’eurozona senza cacciarci nella trappola del MES.  

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