domenica 12 giugno 2016

Dove cercare i responsabili della crisi bancaria in atto?



Ospitiamo un intervento di Giancarlo Bergamini, ex funzionario di banca e acuto osservatore, sulle responsabilità della crisi bancaria in atto. Davvero dio acceca coloro che vuole perdere, tranne che a perdere qui siamo tutti noi.
Ringrazio Giancarlo anche per aver ridato un soffio di vita al blog, assolutamente dormiente. Sto però scrivendo un libro divulgativo (ma non troppo).

Dove cercare i responsabili della crisi bancaria in atto?
di Giancarlo Bergamini

E' sufficiente una lettura casuale delle cronache giornalistiche per rendersi conto che quella che si sta svolgendo sotto i nostri occhi è una vera e propria crisi bancaria. E' mia convinzione che le sue ragioni remote risiedano nella crisi economica (e solo in misura trascurabile nell'operato deplorevole di certi banchieri, che viceversa occupa il grosso dello spazio sui media), ma che fosse compito delle autorità, non solo monetarie, di scongiurarla. La clamorosa inadempienza di queste ultime costituisce l'oggetto principale di questo breve excursus.

Le istanze responsabili (Basilea, Commissione Europea, eurogruppo, BCE e loro lacchè italiani), invece di adoperarsi per assicurare la tenuta del sistema bancario, hanno contribuito in maniera significativa a creare condizioni propizie al conclamarsi della crisi. Le loro sciagurate politiche hanno operato lungo due direttive :
1) Requisiti patrimoniali sempre più stringenti che, in economie già provate, operano in senso fortemente ciclico disincentivando ulteriormente l'attività di erogazione di credito, combinati con criteri più severi di valutazione dei crediti deteriorati (non performing loans);
2) Una politica di tassi a zero (o negativi) che non consente alle banche di realizzare i margini necessari ad effettuare i prescritti, massicci accantonamenti a fronte dei crediti inesigibili, e le costringe a ricorrere al mercato per continui aumenti di capitale che trovano collocamento a condizioni viepppiù penalizzanti.

Il tutto in un contesto normativo che ha introdotto l'istituto del bail-in nel peggiore dei modi possibili. Senza contare che, in merito all'opportunità di sancire il divieto degli aiuti di stato al settore, è legittimo domandarsi se le istituzioni (in buona parte europee) che con le loro ostinate politiche di austerità fiscale condividono la responsabilità del prolungarsi della crisi economica possano lavarsi le mani delle conseguenze che questa sta avendo sul portafoglio prestiti delle banche.

Veniamo ora alle implicazioni della  dichiarazione, attribuita a diversi esponenti della BCE (Draghi in primis), secondo la quale il modello di business delle banche (soprattutto italiane) deve cambiare. Dichiarazione, aimè, del tutto congruente con la politica messa in atto dalla Banca Centrale. Ebbene, come sta cambiando il sistema bancario ?
Le banche "tradizionali", quelle cosiddette commerciali, si trovano in condizioni sempre più critiche, prive di una rete di sicurezza adeguata (il fondo Atlante dovrebbe avere risorse dieci volte superiori per fornire la necessaria sicurezza), abbandonate da un sempre maggior numero di depositanti che traslocano in massa verso il mondo del cosiddetto "risparmio gestito". Ci si rende conto di che cosa questo significa, in pratica, dal punto di vista del sostegno allo sviluppo economico? Vuol dire che si indeboliscono gli istituti deputati ad erogare finanziamenti ad imprese, famiglie e pubblica amministrazione, mentre i risparmi dei depositanti, una volta approdati presso gli intermediari beneficiari delle disgrazie delle banche commerciali, vengono allegramente dati in pasto alla bisca dei mercati globali, coerentemente con la filosofia dei money managers.
E' questo il modello di business privilegiato dall'ineffabile Draghi ? E' di questo che ha bisogno quella che ancora viene definita l'economia reale ? Per non parlare della tutela del risparmio, sancita dall'art. 47 della Costituzione (...e tutti risero), che fra rischi da bail-in e smaltimento dei patrimoni nella cloaca dei mercati finanziari si aggiunge alla lista dei principi (ripeto, costituzionali) svuotati di contenuto.

Chiudo queste brevi considerazioni con un avvertimento che mi permetto di rivolgere agli economisti e commentatori di cose economiche, soprattutto coloro che si considerano “di sinistra”   : non vorrei che certi stereotipi prevalentemente ideologici - tipo allergia alla rendita, ostilità verso le banche – fossero di ostacolo all'elaborazione di un quadro realistico ed esauriente di quanto sta accadendo sotto gli occhi di tutti.


Giancarlo Bergamini

1 commento:

  1. ma lei cosa pensa della possibilità di reintrodurre istituzioni che prevedano la separazione tra banche di raccolta risparmio e banche di investimento, dell'obbligo di investire parte del credito raccolto in titoli di stato e di tutte quelle misure di "repressione finanziaria" atte a scoraggiare la distribuzione del prodotto dell'economia reale a favore delle rendite per incanalarlo verso i redditi da lavoro? Tertium non datur, mi pare che la storia - anche quella recente - lo dimostri.

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