sabato 22 dicembre 2012

La solidarietà-panettone di Benedetto XVI°



Su richiesta de il manifesto (pubblicato 21 dicembre).
 
La solidarietà-panettone di Benedetto XVI°
Sergio Cesaratto
In un articolo natalizio per il Financial Times, Papa Benedetto XVI – Vescovo di Roma e scrittore come si premura di presentarlo il quotidiano – si pone la domanda: “Alla fine di un anno che ha significato difficoltà economiche per molti, che cosa possiamo apprendere dall’umiltà, la povertà, la semplicità della scena della natività?”. Il Vangelo dovrebbe ispirare, risponde il Pontefice, il riconoscimento che “Dio creò l’uomo” e questo spronare i cristiani nel loro “coinvolgimento negli affari mondani – siano essi nel Parlamento o nella borsa per “combattere la povertà e “lavorare per una condivisione più equitativa delle risorse della terra”. I cristiani si oppongono all’”avidità e allo sfruttamento” poiché solo “generosità e amore disinteressato” conducono alla “pienezza dell’esistenza”. Sono naturalmente parole impegnative anche per un non credente (come chi scrive)  e nel loro aspetto laico – l’insopprimibile preminenza del rispetto morale  e materiale per ogni singolo essere umano – punto di partenza per ogni donna o uomo di buona volontà. Come scrisse Croce nel famoso “Perché non possiamo non dirci ‘cristiani’”, la rivoluzione cristiana è un evento unico nella storia dell'umanità perché essa “operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale”. Visioni più materialistiche possono naturalmente portare a guardare all’impeto solidaristico come a una possibile strategia di sopravvivenza della specie, o del proprio gruppo sociale.

Sia come sia, la questione è nel come l’impeto morale si traduce in azione. Qui il messaggio ammaliante del Pontefice si fa sfuggente, se non ambiguo. L’articolo chiarisce, infatti, sin dal suo incipit “Date a Cesare quello che è di Cesare” come il messaggio cristiano si ponga su un piano diverso e più alto di quello del potere mondano – a delimitare le sfere di competenze reciproche sì da tutelare la propria.  L’impegno mondano dei cristiani, inoltre, dovrebbe “trascendere ogni forma di ideologia”. Ma una volta sfuggiti da ogni impegno alla costruzione di un diverso assetto sociale, che cosa rimane dell’evocata solidarietà per i più deboli? Temiamo quasi nulla, tranne delle espressioni panettone volte a blandire le anime di chi avrà banchetti natalizi succulenti, e magari a lenire un po’ quelle di che ha l’angoscia del futuro. Un po’ poco, e anche reazionario perché la carità non educa ai diritti. Che questo papa non provi indignazione di fronte a una società che potrebbe dare a tutti nel rispetto del creato e fa l’opposto, ne mostra i profondi limiti intellettuali e morali. E inoltre: come si concilia la trascendenza del messaggio della Chiesa con l’appoggio sfacciato che la curia italiana dà al cartello elettorale catto-liberista raccolto attorno all’”Agenda Monti”? C’è il sospetto che tale agenda sia ben funzionale all’aspetto più retrivo del “Date a Cesare”: a voi potere e finanza, a noi la carità sulle macerie dello stato sociale (e poi tutti a cena assieme).

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